Fallout: New Vegas - la recensione

Creata nel 1997 da Black Isle Studios, la saga di Fallout ha espresso videoludicamente le profonde paure che hanno accompagnato il popolo americano nei decenni della guerra fredda: dagli abiti dei sopravvissuti alla rappresentazione artistica degli arredi e dei manifesti, dal patriottismo esasperato alla ritrosia per lo “straniero” manifestata dai personaggi non giocanti, tutto riporta alla memoria quei febbrili anni passati a digerire pomposi cinegiornali e martellanti pubblicità radiofoniche e televisive di bunker antiatomici da acquistare a rate assieme all’abbonamento della rivista per il provetto pescatore d’altura (non stiamo mica scherzando!).

Forti dell’incredibile successo di pubblico e di critica di Fallout 3, le alte sfere di Bethesda hanno così pensato di proporre lo sviluppo del capitolo successivo della loro serie ai ragazzi di Obsidian Entertainment, una società fondata nel 2003 da due ex dipendenti di Black Isle, Feargus Urquhart e Chris Avellone, che nel frattempo si è “fatta le ossa” sfornando giochi di ruolo qualitativamente eccelsi come Knights of the Old Republic II e Neverwinter Nights 2; ma ora basta con i convenevoli, c’è un lungo e pericoloso viaggio da compiere prima di arrivare a New Vegas e, per rendervi meno faticosa la traversata del deserto del Mojave, vi lasciamo immediatamente alla recensione con la consapevolezza di dover trattare davvero tanti argomenti.

2281, ODISSEA NEL MOJAVE

Chiamato a New York nei primi anni ’50 del secolo scorso da un alto rappresentante delle Nazioni Unite per offrire il suo illustre punto di vista sullo sfruttamento pacifico dell’energia nucleare, il fisico italiano Enrico Fermi espresse incondizionatamente il suo assenso al progetto, ma alla fine del suo accalorato intervento giunse le mani a formare una coppa, prese un profondo respiro, esitò per un istante e disse tra lo stupore generale che sarebbe bastato un ordigno atomico grande quanto lo spazio tra i suoi due palmi per radere al suolo la città in una frazione infinitesimale di secondo: i progressi scientifici compiuti dall’uomo nel ‘900 sono cresciuti di pari passo con la sua capacità bellica, tanto da portarlo, per la prima volta nella sua storia, a poter disporre del proprio destino e di quello dell’intero pianeta.

Come in ogni buon racconto apocalittico che si rispetti, la scintilla che nel fittizio (ma non troppo) universo di Fallout che ha portato il mondo al collasso dà corpo alle paure di Fermi e si accende il 23 ottobre del 2077: dopo mesi di forte instabilità politica (le Nazioni Unite sono collassate, il Canada è stato annesso agli USA e la Russia è sprofondata nel caos), la Cina decide di invadere militarmente l’Alaska e di lanciare sul suolo americano una pioggia infernale di missili nucleari tattici e di bombe H (le più potenti armi atomiche mai costruite). Costretti a rifugiarsi in giganteschi bunker sotterranei (i celeberrimi Vault), i pochi sopravvissuti attesero la fine dell’inverno nucleare per riguadagnare la superficie ed accorgersi della devastazione causata alle città e alle persone che vi abitavano e che non sono riuscite a guadagnare la salvezza.

Ciò che avviene dopo, è storia nota a chi ha divorato i tre capitoli precedenti della saga: pur dovendo fronteggiare eserciti di creature mutanti e di sciacalli, 200 anni dopo “la fine del mondo” gli abitanti dei Vault si riorganizzano in comunità chiuse e prendono velocemente possesso di tutti i luoghi meno colpiti dalle esplosioni e dalle conseguenti radiazioni. Se in Fallout 3 il nostro scopo era quello di uscire da uno di questi bunker per partire alla ricerca di nostro padre, stavolta dovremo impersonare uno degli esperti corrieri del Mojave Express per trasportare un misterioso pacco al facoltoso proprietario della Strip, il quartiere più esclusivo di New Vegas, la città sorta dalle ceneri di Las Vegas proprio per volere di questo enigmatico personaggio.

Grazie alla loro particolare posizione geografica, infatti, Las Vegas e il limitrofo deserto del Mojave sono tra i pochissimi luoghi degli USA a non essere stati colpiti direttamente dai missili nucleari cinesi durante la Grande Guerra del 2077: certo, la spaventosa onda d’urto ha demolito la stragrande maggioranza delle abitazioni in legno e mattoni, la nube radioattiva ha mutato gli uomini, gli animali e le piante del luogo e non c’è possibilità di comunicare con l’esterno, ma le infrastrutture maggiori sono ancora in piedi e, con esse, la bramosia delle varie fazioni per il loro sfruttamento in ambito economico e bellico.

Ed è qui che entra in gioco il nostro corriere e la sua volontà di riportare Las New Vegas ai fasti di un tempo aiutando i nativi a riappropriarsi dei diritti civili del passato o, al contrario, assumendo il controllo delle varie regioni con la forza delle armi.

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LA GUERRA NON CAMBIA MAI… O FORSE SI?

Prima di descrivere tutte le novità apportate alle meccaniche di gioco di Fallout 3, per tutti coloro che a suo tempo non hanno avuto modo di immergersi nel fantastico e decadente mondo della Zona Contaminata della Capitale ricordiamo che Fallout: New Vegas è un gioco di ruolo che rientra in quel particolarissimo (ed amatissimo) sotto-genere di titoli “alla Morrowind” in cui l’eroe protagonista può essere impersonato sia in prima che in terza persona, può esplorare liberamente un’area gigantesca con pochissimi limiti dovuti allo stato di avanzamento della “campagna principale”, può interagire con un numero spropositato di personaggi secondari (o di oggetti) ed ha come unici vincoli l’orientamento morale delle azioni compiute nel prosieguo dell’avventura e i valori numerici delle proprie peculiari abilità (fisiche, oratorie, belliche e via discorrendo).

Pur rimanendo saldamente ancorato a queste particolari “regole programmatiche”, dalle parti di Obsidian hanno giustamente deciso di cogliere al volo l’occasione datagli da Bethesda per ampliare organicamente una simile, gigantesca “sovrastruttura” con ottimizzazioni, miglioramenti e novità varie su cui vale davvero la pena soffermarsi per avere ben chiaro il quadro complessivo della situazione.

La prima e, con tutta probabilità, la più importante di queste novità riguarda l’introduzione di un secondo sistema di Karma: oltre a quello gestito sulla familiare concezione della moralità (positiva, neutra o negativa), infatti, è possibile trovare un altro sistema deputato alla determinazione della reputazione incrociata tra le varie fazioni incontrabili tra le dune rocciose del deserto del Mojave e tra le luci abbaglianti delle vie notturne del centro di New Vegas. Nonostante il brullo paesaggio, la Zona Contaminata del Mojave è una vera e propria miniera a cielo aperto di risorse naturali e tecnologiche, ed il controllo delle varie regioni, dai laghi artificiali alle centrali elettriche in disuso fino ad arrivare alle vecchie industrie di imbottigliamento di Nuka Cola e birra Sunset Sarsaparilla, è un argomento più che mai convincente per spingere le varie tribù a dare la vita pur di difendere gli insediamenti edificati nelle immediate vicinanze di questi luoghi strategici.

La conseguenza diretta di tutto ciò è che ogni azione compiuta per aiutare questa o quella comunità (i cui nomi preferiamo evitarli per non rovinarvi in alcun modo il piacere della loro scoperta) finisce col ripercuotersi inevitabilmente sui rapporti instaurati fino a quell’istante con le altre fazioni, determinando in questo modo sia la rosa di missioni affidateci che il modo in cui gli altri clan ci accoglieranno all’ingresso dei loro insediamenti (se con forti sconti dal mercante locale o con una dose massiccia di legnate): a New Vegas, ad ogni azione corrisponde una relativa reazione che, proprio come nella vita reale, non sarà mai dettata da un utopico meccanismo “buono-cattivo” ma, viceversa, ammette tutta una serie di sfumature.

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Seguendo il consiglio della nutrita comunità di modder di Fallout 3, i ragazzi di Obsidian hanno introdotto una spettacolare modalità attivabile a scelta dall’utente (ma che vi consigliamo caldamente) per rendere più profonda e realistica l’esperienza di gioco all’interno dell’universo post-apocalittico di New Vegas: grazie alla “Hardcore Mode”, infatti, ogni singolo proiettile avrà un suo peso nell’inventario ed il protagonista sarà costretto a dormire (o a bere bevande alcoliche) e ad assumere a ritmi regolari acqua purificata e cibo per non subire “malus” da sonnolenza, fame e sete gestendo il tutto con la stessa parsimonia che occorre per tenere basso il livello di radiazioni contratte.

Altra grande novità riguarda poi la gradita possibilità di creare gruppi assoldando personaggi secondari “alla Mass Effect”: proprio come nel capolavoro fantascientifico di Electronic Arts, in New Vegas i compagni di squadra sono gestibili attraverso un menù radiale che offre un ventaglio davvero ampio di opzioni, che vanno dall’apertura del loro inventario (utilissimo per guadagnare spazio di trasporto) al modo in cui dovranno approcciarsi al nemico (se a distanza ravvicinata o da lontano).

Ultimi, ma certamente non per ordine di importanza, troviamo poi il nuovo sistema di gestione modulare delle armi (con potenziamenti applicabili al volo per aumentarne la potenza di fuoco, la gittata o la resistenza) e quello che permette la creazione di armi e munizioni partendo da rottami di ferro e componenti unici (come i bossoli vuoti, la polvere da sparo o gli inneschi) raccolti nel corso dell’avventura o, addirittura, dal proprio stesso munizionamento (scomponendo i proiettili di diverso calibro per creare pallottole, cartucce o pacchi di energia per la propria arma preferita). Inutile poi aggiungere che in Fallout: New Vegas ci si potrà divertire in una serie piuttosto ampia di mini-giochi da casinò come il Blackjack, le slot machine e la Roulette o con altri passatempi “paesani” come il Caravan che, a differenza dei tre precedenti giochi citati, non richiederà alcun tipo di fiche (il cui prezzo varia in base al proprio patrimonio di Tappi, Monete della Legione di Caesar, Denaro Prebellico o Dollari dell’RNC).

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GRAFICA E SONORO

Dal punto di vista squisitamente tecnico, Fallout: New Vegas riprende il motore grafico del precedente episodio della saga e lo migliora in modo impercettibile, nonostante l’ottimo lavoro compiuto da Obsidian nel caratterizzare il deserto del Mojave e la sua vegetazione, lo sfavillante centro cittadino e i luoghi simbolo come la Diga di Hoover e i vari Vault. Per sua stessa natura, New Vegas, come Fallout 3, offre ambienti esterni che non brillano certo per originalità e qualità complessiva delle texture o dei modelli poligonali: è però lodevole l’amore profuso dai designer della casa di sviluppo a stelle e strisce nella creazione degli spazi chiusi e nella trasposizione di un sistema atmosferico dinamico (osservare la Luna di notte con la “cupola di luce” di New Vegas sullo sfondo toglie veramente il fiato). Corposa, ma non eccessiva, è poi l’iniezione di pistole, bastoni, mitragliatrici, granate, armi ad energia e fucili inediti nel già ricco arsenale di Fallout 3, mentre non può che essere assolutamente negativo il giudizio sulle animazioni complessive dell’eroe protagonista, dei personaggi non giocanti e delle creature che abitano a vario titolo i mari, i cieli, la superficie ed il sottosuolo della Zona Contaminata del Mojave.

Esattamente come per il lato grafico, anche il comparto sonoro di Fallout: New Vegas vive di quei fastidiosi alti e bassi che minano senza motivo l’esperienza di gioco complessiva ed il trasporto emotivo che se ne potrebbe trarre evitando simili “svarioni” poco simpatici, come l’erronea traduzione dei testi dei dialoghi dall’inglese e il doppiaggio in italiano che, seppur eccellente nella forma, diventa grottesco nella sostanza proprio per via di queste frequenti incongruenze. Pertinente e adatta allo scopo è invece la colonna sonora scelta per accompagnare l’utente sia ingame che all’interno dei menù contestuali, così come è perfetta e praticamente priva di sbavature la meticolosa ricerca dei campionamenti audio per “dare voce” agli animali e al desolato ambiente che li circonda.

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COMMENTO FINALE

New Vegas non è solo il degno successore di Fallout 3, ma è semplicemente il miglior gioco di ruolo “alla Morrowind” che sia mai stato creato: la libertà d’esplorazione offerta, le infinite possibilità di gioco, il profondo sistema di gestione del Karma “generale” e “regionale”, la Modalità Duro, gli squisiti e paradossali dialoghi con la gente del posto, la superlativa atmosfera post-apocalittica offerta da tutti gli ambienti visitabili e l’introduzione delle armi modulari sono aspetti su cui ci si dovrebbe soffermare prima di giudicare con eccessivo zelo il lato tecnico e grafico di un’opera mastodontica come quella compiuta dai ragazzi di Obsidian Entertainment e Bethesda.

Pur peccando in originalità, l’impianto di gioco nel suo complesso si dimostra incredibilmente solido, prova ne sia il trasporto emotivo che il titolo riesce a donare anche dopo decine e decine di ore passate a conoscere le buffe e folli anime che popoleranno il deserto del Mojave tra due secoli e mezzo. Alla luce di quanto abbiamo analizzato in questa recensione, quindi, non possiamo che consigliare l’acquisto di Fallout: New Vegas sia a tutti coloro che hanno amato il precedente episodio della serie, sia a chi è alla strenua ricerca di un prodotto longevo in una valle di lacrime videoludiche che, di questi tempi, non fa che proporci avventure-lampo e a bassissimo tasso di rigiocabilità che, acquistate al sorgere del sole, ben prima che giunga il tramonto mostrano già i titoli di coda.

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Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Maestoso in tutto…
  • Le infinite ramificazioni alla trama offerte dal doppio sistema di Karma
  • Mostruosamente longevo e rigiocabile per alcuni…
  • …tranne che nella grafica
  • Poco originale nella giocabilità e nella rappresentazione dell’ambiente esterno
  • …ma troppo dispersivo ed impegnativo per altri

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