NeverDead: la recensione

NeverDead: Gamesblog.it recensisce per voi l'ultimo folle action targato Konami.
NeverDead: Gamesblog.it recensisce per voi l'ultimo folle action targato Konami.

Sin dal giorno del suo annuncio, lo sviluppo di NeverDead non ha goduto del favore della stampa di settore ed è stato accompagnato da un generale scetticismo giustificato, ma solo in parte, dalla buffa natura “modulare” del protagonista e dall’altrettanto insolito canovaccio narrativo steso dai ragazzi di Rebellion capitanati da Shinta Nojiri, non certo una figura marginale nel panorama videoludico autorale (prova ne sia il lavoro svolto negli anni passati con la serie di Metal Gear Solid e con il doppio spin-off strategico Ac!d).

Nonostante le grigie nubi mediatiche addensatesi su questo sparatutto in terza persona dal forte sapore sperimentale, l’inamovibile scelta di Konami di finanziare il progetto intravedendo in esso degli intelligenti spunti d’innovazione ci ha incuriositi così tanto da spingerci a chiederci il perché di una simile decisione, resa ancora più pesante dall’attuale congiuntura economica.

Abbandonato ogni preconcetto, quindi, ci siamo lanciati all’avventura indossando i panni di Bryce per proporvi, con la recensione di NeverDead che v’attende subito dopo la pausa, le nostre riflessioni sull’ultima pazzia di Nojiri.

IL FOLLE MONDO DI BRYCE

Nel pieno rispetto della tradizione degli sparatutto indipendenti votati all’azione più spicciola, NeverDead ha una struttura narrativa profonda e coerente quanto quella di uno spaghetti western girato nella Bollywood degli anni ’70, con attori espressivi come scimmie che danzano sul dorso di elefanti da cerimonia: l’assenza di una trama propriamente detta, di solito, in titoli del genere viene compensata dalla presenza di un eroe tuttofare che calamita su di sé le attenzioni di un pubblico videogiocante desideroso di qualche ora di divertimento senza pretese.

Da questo punto di vista, l’improbabile eroe di questo piccolo grande gioiello del trash digitale riesce ad assolvere alla perfezione il compito affidatogli dagli sviluppatori grazie a delle trovate quantomai originali: condannato all’immortalità dopo aver assistito all’assassinio della propria moglie avvenuto cinquecento anni prima nel corso dello scontro con il demone Astaroth, Bryce Boltzmann è infatti un cacciatore di diavoli dei giorni nostri che, costretto a rimanere intrappolato su questo piano dimensionale, può superare con facilità gli attacchi smembranti degli avversari e, all’occorenza, può strapparsi testa, gambe e braccia senza sentire il benché minimo dolore (a parte un lieve pizzicorio dovuto, come potete facilmente immaginare, alla rottura di ossa, nervi, muscoli e organi vari).

Accompagnato da Arcadia Maximille, un’agente dotata di una straordinaria bellezza e di uno spiccato senso dello humour (specie quando spara di proposito al suo partner in risposta alle battute sessiste del suo immortale compagno d’avventure), il povero Bryce dovrà così porgere l’altra guancia ai suoi avversari (letteralmente!) e giocare al loro stesso gioco attraverso una serie di missioni ambientate tra le quattro mura dei maggiori edifici cittadini invasi dalle creature inviategli da Astaroth come antipasto del “secondo round” della battaglia iniziale.

Suddivisa in aree “a tema” ispirate al cinema horror degli anni ’80 (dalla metropolitana infestata di mostri alla stazione di polizia in fiamme, passando ovviamente per la metropolitana e le fogne), la campagna principale di NeverDead scorre via liscia e senza alcun colpo di scena meritevole d’attenzione, nonostante la natura estremamente frastagliata delle ambientazioni: il problema principale che ha pregiudica la bontà del lavoro compiuto dai Rebellion nella rappresentazione del mondo di gioco, minandone pesantemente la longevità “effettiva” (ossia il tempo necessario per esaurire la voglia che spinge un utente a proseguire nella trama), infatti, va ricercato quasi esclusivamente nel gameplay e nel caotico guazzabuglio di potenziamenti e poteri ideato da Shinta Nojiri e compagni per supportare il protagonista nella sua avventura.

NeverDead: galleria immagini

A SPASSO CON LO SCAVEZZACOLLO

Da come avrete intuito dalle decine di video dimostrativi pubblicati in questi mesi e dalle considerazioni evidenziate nel paragrafo precedente di questa recensione, il fulcro centrale dell’esperienza di gioco di NeverDead è rappresentato dall’insolita capacità di Bryce di smembrarsi senza subire alcun malus di salute: è questa la caratteristica più affascinante dell’intera opera e, senza ombra di dubbio, il vero collante che tiene insieme i cocci di una trama sconclusionata con i pezzi di un gameplay che, purtroppo, non riuscendo ad esprimere come dovrebbe le fresche idee dei Rebellion finisce con l’implodere in una melassa gelatinosa fatta di opzioni e di modalità slegate le une alle altre.

Bastano poche ore di gioco per accorgersi dell’enorme differenza qualitativa tra le fasi esplorative e quelle d’azione. La presenza di cunicoli da percorrere staccando la testa dal corpo, di buffi minigiochi e di aree segrete a cui accedere colpendo i tanti elementi distruttibili della mappa, ad esempio, porta a situazioni estremamente grottesche ma comunque molto divertenti (e quindi azzeccate). Questa situazione idilliaca, però, precipita velocemente al sopraggiungere del primo demone: gli avversari sono veloci e saltano da una parte all’altra dell’ambiente di gioco senza offrire punti di riferimento, e i movimenti di Bryce sono così goffi e imprecisi da trasformare ogni scontro in una sterile sequenza di bottoni da premere a caso.

Le sensazioni iniziali di spaesamento e di frustrazione, grazie al cielo, migliorano proseguendo nell’avventura grazie all’acquisizione di nuove armi, ognuna dotata di una propria “personalità” che innalza, seppur di poco, il tasso strategico delle battaglie con i gruppi più variegati di nemici e, soprattutto, con i boss maggiori: ogni creatura, dalla più innocua alla più temibile, ha i suoi punti di forza e di debolezza che portano l’utente ad ingegnarsi nella scelta dell’arma da impiegare. Dai piccoli ragni “mangia-testa” (gli unici in grado di spingerci ad un Game Over) ai paurosi centauri lancia-missili, ogni demone del bestiario di NeverDead esalta l’estro creativo di Bryce e lo spinge ad adottare delle veloci contromisure per non essere fatto a pezzi: anche qui, però, la mancanza di un sistema di movimento fluido e reattivo appiattisce il tutto e strappa al giocatore di turno la felicità derivante da un armamentario così fornito e “unico” (in quale altro titolo è possibile strapparsi un arto e lanciarlo nello sciame nemico per utilizzarlo “in remoto” come granata o come semplice mitragliatrice fissa?).

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GRAFICA E SONORO

Figlio dello stesso processo di sviluppo che ha coinvolto la trama e le meccaniche di gioco, anche per il comparto grafico di NeverDead assistiamo ad un vertiginoso saliscendi qualitativo che coinvolge ogni ambito di natura “tecnica” ed “estetica” del progetto. Ricco di elementi distruttibili, di modelli poligonali e di filtri grafici a supporto delle scene più concitate, il mondo di gioco ricreato dai Rebellion mostra il fianco alle produzioni maggiori e denota una scarsa cura in aspetti certamente non secondari come, ad esempio, gli effetti particellari e la definizione delle texture ambientali. Lo sbalzo maggiore, però, non lo si avverte nelle fasi di gioco vere e proprie ma, piuttosto, nel passaggio dalle scene di computer grafica (davvero ottime, a prescindere dalla scarsità del plot narrativo) agli intermezzi in cinematica: considerando tutti i pro e i contro del lavoro svolto dai ragazzi di Shinta Nojiri, però, possiamo ritenerci moderatamente soddisfatti del risultato raggiunto.

Un altro aspetto che merita di essere citato è sicuramente quello legato al comparto audio: la scelta di affidare la colonna sonora ai Megadeth, infatti, regala un forte carattere agli intermezzi filmati e dà grande spessore agli scontri con i boss e alle fasi “dialoganti” con protagonisti Bryce e Arcadia all’inizio e alla fine di ogni missione. Chiudono il cerchio i dialoghi (in inglese con sottotitolo in italiano), onesti ma espressivi quanto quelli che potreste trovare in uno sparatutto in terza persona con protagonisti un diavolo che si smembra come un pupazzetto della Lego e un’agente svampita e perennemente impegnata nel suscitare gli istinti più bassi di chi la ammira. Appunto.

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COMMENTO FINALE

Se dovessimo descrivere con un solo aggettivo il progetto portato avanti dai Rebellion, probabilmente il più indicato sarebbe “leggero”, tanto nella sua accezione positiva quanto in quella negativa: le audaci intenzioni degli sviluppatori, infatti, si traducono in un’avventura che potrebbe anche risultare gradevole, ma comunque lontana anni luce dallo spessore delle produzioni più importanti.

All’atto pratico, NeverDead trasmette sensazioni contrastanti e restituisce l’immagine di un esperimento unico e lungimirante, ma schiacciato da sbavature piccole e grandi che, nel loro insieme, minano inevitabilmente l’esperienza di gioco e il nostro giudizio sull’opera.

Ciò che rimane è la sensazione di un titolo che in prospettiva futura, meriterebbe di avere un seguito in grado di rischiarare il cielo della saga dalle nubi di questo primo episodio.

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Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Originale e divertente…
  • Ottima varietà di nemici e di armi
  • Colonna sonora e scene in computer grafica eccellenti
  • …ma alla lunga ripetitivo e monotono
  • Dettagli grafici poco curati
  • Trama sconclusionata

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