Sonic Chronicles: La Fratellanza Oscura - la recensione

Sin dal suo annuncio, Sonic Chronicles: La Fratellanza Oscura ha destato non poco interesse verso chi ha amato i vecchi titoli incentrati sulle vicende del porcospino blu, nonché verso gli estimatori della sempreverde Bioware. A suo tempo ci si chiese cosa mai questa software house avrebbe potuto fare con un simile brand tra le mani: il genere d’appartenenza dei vari Sonic non costituisce certo una “specialità” per gli sviluppatori che lavorano presso gli studi di questa compagnia. Il tutto senza considerare il fattore console, quel DS che funge necessariamente da contenitore che da forma al proprio contenuto, prescindendo a priori dalle peculiarità di quest’ultimo.

Ecco allora venir fuori questo ardito esperimento, forte di un marchio (ahinoi!) oramai inflazionato e di uno sviluppo portato avanti da chi di RPG se ne intende: un gioco di ruolo che si focalizza sulle avventure del celebre porcospino blu e dei suoi amici. A tale richiamo noi di Gamesblog non potevamo certo restare indifferenti; da qui l’idea di constatare “sul campo” quanto questo esperimento sia riuscito, disposti pure a tornare nella mai dimentica Green Hill, tanto cara a chi è cresciuto a forza di pane e giochi targati SEGA.

ALLA RICERCA DEI CHAOS EMERALD…

Le vicende di Sonic Cronicles prendono piede qualche tempo dopo la sconfitta del Dottor Robotnik (alias Eggman) da parte di Sonic e dei suoi fedeli compagni. Ora però, sembra incombere una nuova minaccia sul mondo: un non ben precisato e nuovo nemico, costituito da un gruppo meglio conosciuto come Predoni, mira ad impossessarsi del Master Emerald. Quest’antichissima e potente reliquia è in grado di bilanciare il potere delle sette famose pietre che prendono il nome di Chaos Emerald, il cui potere, se riunite tutte insieme, tocca vertici inimmaginabili: Sonic, per esempio, grazie ad esse è in grado di trasformarsi in una versione Super di se stesso.

Da qui ha inizio il nostro viaggio, che ci porterà a ripercorrere luoghi come Green Hill o l’altrettanto famoso ex quartier generale di Eggman, quella Metropolis oramai in rovina a seguito dell’ultimo devastante scontro con Sonic. Non a caso, i primi dubbi di Tails – grande amico di Sonic e abile con tutto ciò che ha che a fare con la robotica – cadono proprio sul folle Dottor Robotnik, tra l’incredulità generale dei propri compagni, tra cui la dolce Amy, appartenente alla stessa razza del riccio blu per eccellenza. La prima cosa da fare sarà quindi scoprire se e quale connessione possa esserci tra questi Predoni ed il cervellotico Eggman; non prima però di aver ritrovato Knuckles – ultimo degli Echidna e guardiano del Master Emerald – di cui si sono smarrite le tracce immediatamente dopo l’attacco improvviso dei Predoni.

Durante l’avventura abbiamo modo d’imbatterci in numerosi colpi di scena (alcuni graditi altri meno), scanditi dalla simpatica esplorazione delle cinque zone messe a nostra disposizione. Seguendo i canoni del classico gioco di ruolo, infatti, possiamo decidere di portarci avanti con la trama oppure dedicarci a qualche piccola missione secondaria, il cui numero esiguo, però, rende questa componente ancora più “ornamentale” di quanto la sua natura suggerisca. Se non altro rappresenterà un buon modo per incrementare l’esperienza dei nostri personaggi. In ogni caso, la struttura di Sonic Chronicles segue uno schema piuttosto semplice e tutt’altro che ricercato, a dispetto di quanto il genere a cui appartiene lascerebbe supporre: la componente RPG emerge per di più nelle fasi di combattimento (di cui parleremo a tempo debito), mentre appare appena accennata al di fuori di tale contesto. Nella fattispecie si tratta per di più di dover trovare qualcuno o qualcosa per conto di qualcun altro, oppure debellare potenziali minacce, ree di spaventare e mettere a repentaglio la sicurezza dei nostri “datori di lavoro”. Non mancano piccoli enigmi, la cui risoluzione è volta essenzialmente all’apertura di un passaggio diversamente inaccessibile. Per il resto niente di particolare da segnalare.

Sia chiaro, non che tutto ciò dispiaccia, anzi, anche perché alla lunga questa scelta risulta decisamente funzionale, tanto alla trama in sé quanto al suo dipanarsi. E’ chiaro che i più navigati, coloro che in un gioco di ruolo cercano essenzialmente tanta ma tanta di quella roba “superflua” da cui a volte non si può prescindere, questo titolo non rappresenta certo l’apice delle proprie pretese. Probabilmente la sua forza risiede proprio nell’andare incontro ad un pubblico meno avvezzo a questo genere, sostanzialmente “vergine” riguardo certe meccaniche e ben disposto nei confronti di un gioco che del “minimalismo strutturale” fa uno dei suoi punti di forza.


ANCHE SONIC VA A TURNI

Era assolutamente lecito chiedersi come questa formula, così inconsueta per il contesto, potesse adattarsi ad un titolo come Sonic, la cui prerogativa è sempre stata la sfrenata velocità di gioco, ma che ora deve necessariamente mettersi di lato in favore di una tipologia molto più lenta e “ragionata”. Nonostante tutto, però, la resa non sembra essere così inappropriata – salvo non gradire a priori simili soluzioni. Difatti, come anticipato in precedenza, la componente RPG si manifesta con maggiore forza nelle fasi di combattimento piuttosto che in quelle esplorative: a tal proposito risulta azzeccata la scelta dell’utilizzo del pennino, tramite touch-screen, per l’intera durata del gioco e in ogni situazione.

Quando ci troviamo a gironzolare per il mondo, gli elementi principe che legano Sonic Chronicles a questo genere sono essenzialmente tre: scontri casuali (anche se evitabili, dato che si ha modo di vedere i nemici sullo schermo prima di combatterli), pochi personaggi da cui ricevere qualche missione secondaria e punti che necessitano di determinate abilità per essere attraversati (per esempio: se ci troviamo davanti una piattaforma che per essere oltrepassata bisogna di una certa velocità possiamo far ricorso a Sonic, se abbiamo dinanzi delle casse che ostruiscono il passaggio possiamo invece utilizzare il martello di Amy, oppure ancora, se dobbiamo arrampicarci su per qualche punto ripido è Knuckles quello su cui dobbiamo fare affidamento, e via dicendo).

Tornando agli scontri, questi risultano davvero piacevoli, e ciò malgrado la loro semplicità. Questa mancata complessità non dev’essere per forza letta come una discriminate a sfavore, semmai riteniamo più corretto vederla in chiave di apertura verso chi non è un particolare estimatore del genere; visto e considerato anche che, nella fattispecie, gli amanti del porcospino blu potrebbero essere poco invogliati da un simile cambio di rotta, anche se provvisorio.

Al termine di ogni scontro ci verrà assegnato un punteggio sotto-forma di lettera (come a scuola: dalla D per indicare mediocre, alla A di eccellente), la cui funzione è anche quella di indirizzarci verso il giusto modo di condurre una battaglia. A tal fine risulta determinante il sapiente utilizzo degli elementi messi a nostra disposizione, nonché la relativa combinazione: bisogna essere accorti nell’assegnazione dell’equipaggiamento, dei beni di consumo e dei Chao (ossia piccole creature in grado di conferire particolari poteri).

Il vivo dello scontro, invece, sembra aver subito una felicissima influenza da parte di un gioco insospettabile, anche se va tranquillamente annoverato tra le sorprese più gradite della piccola console Nintendo: parliamo infatti di Elite Beat Agents. Per quanti stessero storcendo il naso di fronte a tale rivelazione, l’invito è quello di non demordere e continuare a leggere; non a caso una delle implementazioni più riuscite di questo titolo è proprio il particolare utilizzo del pennino per effettuare mosse speciali proprie o difendersi da quelle dei nemici. Proprio come in Elite Beat Agents (il folle gioco musicale anche conosciuto come Ouendan dai più giappofili) si tratta di colpire determinati punti dello schermo nel momento giusto, trascinare un cerchio lungo un binario o fare ripetutamente pressione su di un determinato punto entro un certo limite di tempo. Credeteci, pennino alla mano è molto più semplice di quanto si possa immaginare.


GRAFICA E SONORO

Come più volte accennato, la filosofia alle spalle del progetto Sonic Chronicles tende alla semplicità, non fine a sé stessa bensì funzionale al contesto attorno a cui ruota, di conseguenza l’aspetto grafico non viene meno a queste premesse. I personaggi godono di un lieve in cel-shading davvero carino, e gli scenari, interamente pre-renderizzati, ben si adattano alla situazione, offrendo anche una godibile cornice visiva. Durante i combattimenti risultano apprezzabili i vari effetti proposti, dai semplici colpi alle più coreografiche combo.

I motivetti che fanno da sfondo alla nostra avventura giocano su due fronti: quello di essere spesso ripetitivi e quello di saper entrare in testa senza più uscirne. Non di rado, infatti, è possibile registrare un discreto compiacimento per i vari intrattenimenti musicali , salvo a un certo punto rendersi conto di averli ascoltati più del dovuto. In ogni caso sarà la percezione di ognuno a farla da padrone: per quanto ci riguarda è giusto segnalare che sotto quest’aspetto il gioco si colloca grossomodo nella media.


COMMENTO FINALE

Sonic Chronicles: La Fratellanza Oscura ha il merito di saper coniugare il fascino del brand Sonic con un genere totalmente estraneo, attuando tale trasposizione in maniera piuttosto soddisfacente. La linea intrapresa, dedita alla semplicità (e non alla facilità, è giusto sottolinearlo!), risulta la vera discriminante del titolo: dove alcuni troveranno in questa componente un valido sollievo su cui poggiare, altri riterranno opportuno dirigersi altrove per cercare qualcosa di più “impegnativo”. Certo è che bisogna essere piuttosto aperti a certe sperimentazioni, senza rintanarsi in quel triste angolo di chi giudica per partito preso.

Il lavoro svolto da Bioware, considerato il materiale con cui ha dovuto portarlo a termine, merita comunque un plauso, già solo per la semplice intuizione riguardo il proporre un simile progetto. In sostanza, Sonic Chronicles è un must per gli appassionati della serie, che, se veri appassionati, non potranno di certo farsi inibire dal cambio di genere, per quanto questo risulti stravolto. Per gli altri, invece, trattasi di un discreto RPG, con meccaniche semplici e collaudate da un lato, più qualche riuscitissima implementazione dall’altro: magari non imprescindibile insomma, ma meritevole comunque di attenzione… di sicuro l’agenda delle uscite di questo periodo non agevola granché il buon vecchio riccio blu!

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