A Tokyo i videogiochi vengono presi sul serio: approvate nuove leggi per regolamentare i contenuti


Oggi proviamo a scostarci un po’ dal solito tenore delle nostre notizie, sottoponendovi una questione piuttosto interessante. A Tokyo è appena passata una legge attraverso cui i contenuti di videogiochi, anime e manga subiranno controlli più rigidi. Come sempre in questi casi, un po’ dovunque non si ha potuto resistere alla tentazione di gridare ai quattro venti la parola “censura”.

Tuttavia, a nostro parere, la questione va un po’ più in là di così superficiali considerazioni. Anzitutto, come sottolinea il blogger Dan Kanemitsu, tale ordinanza (che non ha vigore nazionale) è diretta a tutto quel materiale fruibile ai minori di 18 anni, senza minimamente intaccare quello accessibile a gente adulta. In più, anche se non si tratta di un aspetto marginale, tali restrizioni potranno al massimo penalizzare le compagnie – specie quelle che puntano dritti ai cosiddetti “facili consensi”. Questo anche perché, in Giappone, a pagare in certi casi non sono i negozianti bensì i produttori.

Circa i propositi di questa nuova legge, la giunta di Tokyo ci fa sapere che “solo manga e anime che esaltano o esasperano degli atti sessuali illegali saranno soggetti a tali restrizioni, senza che la libertà d’espressione venga violata“. E su questo passaggio, probabilmente, tale legge presta il fianco a critiche, quantomeno in termini di chiarezza. Se volete saperne di più, leggete dopo la pausa.

Dicevamo di una presunta mancanza di chiarezza in merito a certi aspetti della questione. E’ innegabile, ahinoi, che sussistano elementi per dirsi perplessi in merito ai sopra menzionati provvedimenti. Anzitutto viene dato per scontato che tutti dispongano del dovuto buon senso per comprendere cosa sia osceno e cosa no, specie in un Paese dove, inutile negarlo, il concetto di oscenità sembra davvero lasciato al caso.

Altra componente potenzialmente oggetto di critica è la scelta del destinatario di questa legge. Quanto fino ad ora espresso, infatti, si rivolge solo a manga, anime e videogiochi, estraniando completamente ambiti come quello televisivo, cinematografico o fotografico. Mossa questa che, in tutta onestà, getta un velo di discredito sulle buone intenzioni di chi ha proposto il disegno di legge.

Sì perché, qualora s’intendesse tutelare i più piccolini (sacrosanto e nobile proposito), si dovrebbe metterli a riparo da più fronti. Per intenderci: inutile andarci piano con un videogioco quando poi lo stesso fruitore, giovane e facilmente influenzabile, ha accesso a cose tremende attraverso altri canali.

In più, altro aspetto da non sottovalutare – e che maggiormente affascina il sottoscritto – è il seguente: qual è oggigiorno la percezione che si ha in Giappone nei riguardi dei videogiochi? Perché da un lato sembra si voglia conferire dignità al mezzo sottoponendolo al dibattito politico, mentre dall’altro lo si “marginalizza” insieme ad anime e manga (anch’essi evidentemente “vittime” di questa stessa percezione) rispetto a settori ben più consolidati come cinema e TV, per esempio.

Allorché ci chiediamo: a vantaggio di chi (e per chi) certe misure?

Dopodiché possiamo anche discutere sulla validità di certi modi operandi, dove ognuno, stiamone certi, avrà sicuramente da dire la sua…

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