Dark Souls III: la recensione

Blogo recensisce per voi il nuovo capitolo della celebre saga action ruolistica di From Software
Dark Souls III: la recensione
Blogo recensisce per voi il nuovo capitolo della celebre saga action ruolistica di From Software

Con i giganti di Anor Londo, con gli esseri venefici delle Profondità e con tutte quelle schiere di invasori rossi dagli attacchi fulminei e di boss capaci di abbatterci con un sol colpo, la serie di Dark Souls ha saputo regalare emozioni a profusione a milioni e milioni di appassionati di avventure ruolistiche, chiedendo in cambio a ciascuno di essi solo alcune centinaia di vite virtuali e una consistente fetta di autostima, tutto questo perchè, come ben sapranno le infinite schiere di adoratori della saga fantasy dei Souls che attendevano con ansia l’uscita di Dark Souls III, spesso i migliori titoli sono quelli che mettono alla prova l’utente con sfide estremamente impegnative, missioni da cui trarne il massimo piacere venendone a capo imparando dai propri errori dopo infiniti fallimenti.

Come con le piattaforme a scomparsa di Mega Man, con i demoni alati di Ghosts ‘n Goblins, con l’oscuro anti-Link di The Legend of Zelda e con qualsiasi nemico vi venga in mente pensando a Ninja Gaiden, infatti, le pagine più emozionati della storia dei videogiochi sono state scritte da eventi resi indimenticabili dalla difficoltà delle sfide da affrontare e dalla conseguente, indicibile soddisfazione provata da chi riesce a portarle a termine attraverso il sempreverde sistema del “punisci e premia” su cui le software house nipponiche hanno costruito i loro imperi sulle ceneri degli spensierati e pixellosi regni arcade partoriti a ripetizione dai colossi occidentali degli anni ’70.

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Dopo aver macinato quasi 60 ore di gioco nelle ultime due settimane ed esserci preclusi l’accesso al Paradiso a suon di imprecazioni per le morti a ripetizione che hanno scandito l’avventura del nostro eroe con la precisione di un orologio atomico, quindi, quest’oggi non ci rimane che proporvi la nostra recensione di Dark Souls III per tirare le somme e capire fino a che punto i ragazzi del team di From Software sono riusciti a spingersi per plasmare l’ultimo atto della loro serie ruolistica seguendo le indicazioni di Hidetaka Miyazaki.

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COSA CI PIACE

Combat system ancora più profondo

Per migliorare il già ottimo sistema di combattimento dei precedenti capitoli di Dark Souls recependo le richieste degli appassionati senza accantonare tutto ciò che di buono è stato fatto in tal senso dal lancio di Demon’s Souls ad oggi, il team di Hidetaka Miyazaki ha preferito procedere con estrema cautela adottando dei piccoli aggiustamenti alla consolidata formula di gioco che tante gioie ha regalato ai cultori della serie.

Pur senza prendersi gli stessi rischi assunti con il sorprendente progetto di Bloodborne, infatti, con Dark Souls III i ragazzi di From Software mettono a frutto la loro pluriennale esperienza nel genere rinfrescando l’impalcatura di gioco con delle sottili innovazioni al sistema di combattimento, alla progressione dei livelli di esperienza, alla gestione dell’inventario, all’evoluzione narrativa e al lore nel suo complesso.

In quest’ottica assistiamo ad esempio all’introduzione di oggetti estremamente utili come le Braci, dei preziosi consumabili che ci permettono di aumentare la barra di salute dell’eroe per tutta la durata di una vita e, soprattutto, di accedere ai messaggi e ai segni di evocazione lasciati negli universi paralleli di Lothric dagli altri giocatori per consigliare i propri “compagni di sventure” sul da farsi, per collaborare negli scontri con i boss e, ultimo ma decisamente non per ordine di importanza, per ricevere aiuto nelle invasioni degli altri utenti dai giocatori che hanno stretto il medesimo Patto del nostro alter-ego.

La maggior parte delle armi, inoltre, è dotata di un’Abilità, una funzione che ci permette di eseguire degli attacchi speciali capaci di far volgere in proprio favore l’esito degli scontri più ostici con i nemici più arcigni, di far indietreggiare le creature più agili e di uscire dalle situazioni più critiche contro i gruppi di avversari più numerosi: la conseguente introduzione della barra PA per gestire le abilità speciali delle armi bianche e il numero di incantesimi da lanciare facendo la spola tra un falò e l’altro testimonia la volontà del team di Miyazaki di “rimanere sul pezzo” per non disperdere l’immenso patrimonio di esperienza acquisito con la serie dei Souls.

Boss design impeccabile

Di tutti gli interventi compiuti dai ragazzi di From Software per dare forma alla dimensione fantasy di Dark Souls III, il più importante è certamente quello legato ai boss e ai nemici maggiori che dominano le diverse regioni in cui è suddiviso l’apocalittico universo di Lothric.

L’esperienza ludica e puramente estetica offerta da ciascuna delle creature più potenti del mondo di Dark Souls III è davvero incredibile ed estremamente eterogenea: pur senza scendere nei particolari per non scivolare nel più becero degli spoiler, possiamo tranquillamente guardare alle boss battles come al motivo principale degli interventi compiuti dagli sviluppatori nipponici per ritornare a una storia “alla Demon’s Souls” dalla progressione più lineare e, soprattutto, per introdurre decine e decine di nuove armi, armature, stregonerie e abilità speciali.

Per avere la meglio sui Signori dei Tizzoni e sui loro sgherri più agguerriti, infatti, bisogna approcciarsi al combattimento in modi sempre diversi, rivedendo costantemente i propri attacchi, le schivate elusive, le mosse da eseguire all’interno dell’arena, gli elementi di equipaggiamento, gli anelli indossati e gli oggetti consumabili (oltre alle immancabili fiaschette Estus e le loro controparti cineree studiate per rimpinguare la barra PA) presenti negli slot ad accesso rapido: a prescindere dal livello di esperienza maturato dall’eroe e dalle ore di gioco trascorse, l’improvvida scelta di affidarsi alla buona sorte sottovalutando anche solo uno di questi aspetti equivale quasi sempre a una condanna a morte per il proprio alter-ego. Da questo punto di vista, Dark Souls III supera anche le più rosee aspettative.

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Artisticamente ispirato

Considerando la varietà delle regioni in cui è suddivisa la mappa di gioco e la mole smisurata di aree da esplorare per portare a termine l’avventura o anche solo per migliorare le statistiche e l’equipaggiamento del proprio eroe, il comparto tecnico di Dark Souls III dimostra di essere tra i più curati e ispirati degli ultimi anni. Le evocative scenografie digitali che fanno da sfondo alle avventure vissute da “colui che anela le Braci” viene enfatizzata dall’uso sapiente di effetti particellari, di luci dinamiche e di filtri grafici in grado di trasformare le immagini a schermo in un gigantesco dipinto interattivo che rende superfluo ogni elemento di criticità ravvisabile, ad esempio, nell’altalenante qualità delle texture, nella limitata distruttibilità ambientale e nella scarsa definizione dei modelli poligonali utilizzati per costruire gli elementi architettonici dei villaggi e dei castelli che imperlano il paesaggio decadente e post-apocalittico di Lothric.

La versione da noi provata (PlayStation 4) non ha mostrato problematiche di sorta, ad eccezione di qualche sporadico bug e calo di framerate causato da problemi che, comunque, sono stati risolti celermente dai programmatori di From Software con la prima patch post-lancio; non meno importanti, ai fini dell’esperienza ludica ed estetica offerta dall’ultima fatica ruolistica di Miyazaki, sono poi i brani strumentali e gli effetti sonori che accompagnano le epiche battaglie contro i boss “di fine livello” e gli eventi più importanti che avvengono nel corso della trama.

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COSA NON CI PIACE

Trama evanescente

Messa volutamente sottotraccia per far risaltare il sistema di combattimento e gli altri elementi del gameplay, la trama evanescente di Dark Souls III sintetizza la volontà del team di Miyazaki di sganciare l’esperienza di gioco dalla narrazione per legare quest’ultima solo ed esclusivamente agli eventi vissuti in prima persona dall’utente chiamato a ripulire a colpi di spadate la dimensione fantasy di Lothric dalle schiere di demoni e non-morti che, nel corso dei decenni, hanno trasformato il paesaggio in una sorta di discarica a cielo aperto con scheletri di cavalieri e ossa umane ammassate sulle mura delle antiche città del regno.

È in quest’ottica che gli sviluppatori di From Software decidono di riprendere l’idea dell’hub centrale tanto cara ai cultori di Demon’s Souls e di estendere da esso la storia di Dark Souls III in una fitta ragnatela di “missioni” e di attività che, studiate per lasciare al giocatore la più ampia libertà nella scelta delle azioni da compiere per progredire nell’avventura, finiscono inevitabilmente col frammentare la trama inchiodandola a un livello di superficialità pericoloso.

Ai nostri occhi e a quelli del nostro alter-ego, infatti, la storia di Dark Souls III assume sin dai primi frangenti dell’avventura la forma di una spirale incontrollabile e incomprensibile di eventi slegati gli uni dagli altri: curando maggiormente questo aspetto dell’opera, gli autori di From Software ci avrebbero regalato un canovaccio narrativo capace di alimentare la nostra curiosità, giustificando al contempo gli immani sacrifici compiuti dall’eroe per raggiungere il suo scopo.

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Poco innovativo

Il ricordo ancora vivo degli spaventosi occhi iniettati di sangue delle creature marcescenti di Bloodborne e degli sfiancanti combattimenti avvenuti all’ombra dei palazzi gotici di Yarnham determina i nostri giudizi complessivi sul progetto di Dark Souls III e sugli interventi compiuti dai ragazzi di From Software per superare le criticità del secondo capitolo della serie ed evolvere le dinamiche di gameplay di questo terzo (e probabilmente ultimo) episodio.

Nonostante il grande lavoro svolto dal team di Hidetaka Miyazaki per migliorare quanto fatto in precedenza, infatti, le meccaniche del sistema di combattimento e gli elementi legati alla progressione dell’esperienza di gioco di Dark Souls III non differiscono da quelle degli episodi passati della serie: senza passare all’incasso dopo aver maturato l’importante credito di innovazione e coraggio acquisito col progetto parallelo di Bloodborne, gli autori nipponici si limitano a svolgere il compitino erigendo il titolo sulle fondamenta del Dark Souls originario e trasformandolo, così facendo, in una sorta di maxi-espansione dello stesso con grafica aggiornata e un’infrastruttura online più solida e votata agli aspetti social. Una scelta che sa tanto di occasione sprecata, se consideriamo il tempo trascorso dall’uscita del primo capitolo dei Souls e, soprattutto, le innumerevoli opportunità offerte dal passaggio alle piattaforme dell’attuale generazione.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Dark Souls III rimane nel solco tracciato dai precedenti capitoli dell’iconica serie ruolistica di From Software e ne segue pedissequamente la filosofia, incurante del tempo trascorso dal lancio di Demon’s Souls e delle opportunità di innovazione offerte dai sistemi di ultima generazione e dai relativi ecosistemi multiplayer.

Mantenendo inalterati gli elementi legati alla progressione dell’esperienza di gioco e apportando dei lievi cambiamenti al sistema di combattimento e al lore dei capitoli precedenti, il team capitanato da Hidetaka Miyazaki evita di sondare territori inesplorati e conclude la trilogia di Dark Souls soddisfando le richieste di chi chiedeva a gran voce di rivivere delle emozioni analoghe a quelle sperimentate negli universi digitali di Lordran e Drangleic per udire nuovamente quella misteriosa vocina in sottofondo che, per tutta la durata dell’avventura, regalava delle scariche di adrenalina pura ripetendo come un mantra “Ricordati che devi morire!”.

Non è un caso, quindi, se l’impostazione “classica” scelta dai From Software per plasmare la loro ultima epopea fantasy finisce col rappresentare il più grande punto di forza del progetto di Dark Souls III e al tempo stesso la sua più evidente debolezza, specie considerando l’apprezzabile slancio di innovazione compiuto col sorprendente spin-off di Bloodborne.

Nonostante la vacuità della trama, la cripticità del sistema di interconnessione multiplayer e i marginali miglioramenti apportati al sistema di combattimento e alla progressione dell’avventura nell’universo aperto di Lothric, la granitica esperienza regalata da Dark Souls III riesce ad appagare i sensi di qualsiasi appassionato della serie e ad avvicinare, finalmente, chi decide solo adesso di abbracciare la filosofia “mordi, muori, fuggi e rimuori” che dà senso all’intera opera dei Souls.

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