Dark Void: la recensione

Il 2010 promette di essere un anno coi fiocchi per Capcom. La casa di Osaka si appresta a far uscire diversi giochi di prim’ordine, affiancati da nuovi progetti che hanno ancora tutto da dimostrare. Ad aprire le danze di questa succosa annata è Dark Void, che sfortunatamente lascia in bocca un gusto agrodolce legato a una serie di problemi di varia natura che ne penalizzano l’esperienza.

Il tentativo Capcom di attualizzare un vecchio progetto nato su NES verso la fine degli anni ’80 e mai realizzato a causa dell’avvento del Super Nintendo non è andato proprio secondo i piani. L’inserimento di nuove dinamiche all’interno dei giochi d’azione cloni di Gears of War, invece, può considerarsi un successo parziale, come scopriremo insieme in questa recensione.

Dark Void, in sostanza, è un progetto altisonante ma coordinato male, che in virtù di una scarsa pianificazione non riesce a tirar fuori tutto il proprio carattere. Le idee e le potenzialità ci sono tutte, ma nei vari processi di realizzazione qualcosa non è andato come avrebbe dovuto. Seguitemi dopo il salto per capire cosa sia successo a questo promettente progetto.

Un avvio disastroso

La parte iniziale di un videogioco è importantissima per spingere a non interrompere prematuramente la propria partita e a correre al negozio a rivendere il disco, e Dark Void vanta uno degli inizi più lenti e mal calibrati che mi sia capitato di provare. Considerando che l’intero gioco è basato sul jetpack e su tutto ciò che si può fare grazie ad esso, ritrovarsi ad affrontare un paio di tediosissime ore prima di poter effettivamente volare è davvero imperdonabile.

Dopo un breve assaggio di ciò che si può fare utilizzando il jetpack, infatti, il gioco ci costringe a rivivere un lungo flashback in cui è necessario affrontare noiose sparatorie a terra contro avversari che sembrano la copia esatta dei Geth di Mass Effect. I ritmi delle sparatorie sono mal calibrati, e spesso ci si ritrova ad affrontare nemici caratterizzati da un’Intelligenza Artificiale non proprio delle più sveglie.

L’impronta lasciata da Gears of War nella maggior parte dei giochi d’azione appare evidente anche in Dark Void, in particolar modo nel suo sistema di sfruttamento delle coperture, ma a parte questo dettaglio il titolo Capcom non ha nient’altro in comune con quello Epic. Perfino le armi non riescono a trasmettere la giusta sensazione di potenza, e il più delle volte sembra di sparare con una pistola ad acqua.

Le più belle immagini di Dark Void

Piccoli progressi

Questo scenario orribile, però, si dissolve lentamente andando avanti con l’avventura, via via che si acquisiscono nuovi equipaggiamenti con cui muoversi attraverso i livelli. Dopo un’oretta si mettono le mani su una versione primitiva del jetpack, e già lì si inizia a intravedere una piccola luce in fondo al tunnel. Con l’arrivo della capacità di planare e di effettuare balzi più alti del normale, infatti, il gioco cambia prospettiva, introducendo i primi timidi accenni dell’innovazione che tanto aveva promesso.

Invece di continuare a svilupparsi in orizzontale attraverso livelli piatti e poco ispirati, Dark Void sposta tutto secondo uno schema verticale, spingendo ad affrontare impegnative arrampicate e sparatorie selvagge sull’orlo di baratri e precipizi. In queste fasi la telecamera si sposta in alto, proprio sopra la testa del protagonista (o in basso sotto ai suoi piedi, a seconda della direzione dove si sta mirando), trasformando le piattaforme dove si cammina in veri e propri ripari da sfruttare per evitare i colpi nemici.

Inizialmente questo brusco cambiamento lascia disorientati, rendendo difficile capire in che direzione andare, ma basta poco per entrare nella nuova ottica e dedicarsi allo sterminio delle famigerate sentinelle. Durante queste ascese selvagge, non capita di rado di trovarsi impegnati in improvvisi quicktime event, inseriti per aumentare nel giocatore la sensazione di equilibrio precario. In seguito a piccoli sismi o a esplosioni troppo ravvicinate, infatti, la presa del protagonista alla sporgenza di turno si allenta, e per evitare di cadere nel vuoto bisogna premere freneticamente il tasto segnalato.

Il decollo tanto atteso

Con l’arrivo della versione finale del jetpack, Dark Void è finalmente in grado di svelare tutte le proprie carte, rivelandosi un gioco dalle idee interessanti, ma sfortunatamente appesantito da qualche problema di troppo. A questo punto dell’avventura è finalmente possibile decollare in qualsiasi momento (premendo due volte il tasto Y su 360 e Triangolo su PS3), per sfecciare in cielo a velocità incredibili.

Le prime partenze non sono certo delle migliori (il numero di volte in cui ci si schianta contro un muro o un soffitto prima di prendere la mano con il repentino cambio di velocità è elevatissimo…per la gioia di chi assiste alle manovre sganasciandosi dalle risate), ma una volta presa dimestichezza con i comandi si inizia ad apprezzare la maggior libertà garantita dalle fasi aeree.

Arrivati a questo punto il gioco ha ormai raggiunto il proprio apice, e alterna rilassanti fasi esplorative a scontri a fuoco di ogni genere, con nemici a terra, sentinelle dotate di jetpack, dischi volanti ed enormi boss. In tutte queste circostanze si inseriscono numerosi quicktime event, che mettono alla prova i riflessi del giocatore in molti modi differenti.

Volete distruggere l’arma particolarmente potente di un boss? Quicktime event! Volete appropriarvi di un disco volante eliminandone il pilota? Quicktime event anche in questo caso. Venite coinvolti in uno scontro corpo a corpo con una sentinella? Non ve lo dico nemmeno. Fortunatamente l’abuso di quicktime event è mitigato dalla loro varietà, e dal fatto che a volte venga richiesto di interromperli per evitare gli attacchi nemici e poi riprendere l’opera da dove si era lasciata.


Problemi tecnici

Le idee interessanti di Dark Void, tuttavia, vengono offuscate da una vasta gamma di problemi tecnici di un certo peso. Per prima cosa l’Intelligenza Artificiale dei nemici è spesso poco reattiva, problema piuttosto grave per un gioco d’azione a base di sparatorie su un campo di battaglia. Vedere le sentinelle rimarere immobili a subire i nostri colpi fino alla morte è disarmante.

Altrettanto evidenti sono i problemi legati alla grafica, spesso troppo spartana e caratterizzata da una piattezza generale che salta subito all’occhio. Sia la versione 360 che quella PS3 presentano la lentezza del caricamento delle texture tipica dell’Unreal Engine 3, oltre a un aliasing a dir poco eccessivo.

Se a questo si aggiungono occasionali problemi di game design, con nemici che cadono nei precipizi senza morire, costringendo a tornare all’inizio del livello per abbatterli e procedere così con la missione, il quadro si fa decisamente meno brillante di quanto sarebbe potuto essere.

Commento finale

Dark Void è un gioco che cerca di uscire dalla monotonia che da tempo tormenta il genere, e offre alcuni spunti davvero interessanti. Purtroppo la realizzazione approssimativa e alcuni difetti che sembrerebbero legati a una stesura confusa del progetto, ne riducono drasticamente la qualità finale. Se siete disposti a superare due ore iniziali davvero noiose e a passar sopra ai difetti citati nella recensione, dategli una possibilità. Potreste rimanere piacevolmente colpiti.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • La libertà di movimento col jetpack è fantastica
  • Ambientazione interessante
  • Alcuni boss sono memorabili
  • Tecnicamente mediocre
  • Le prime due ore di gioco sono una tortura
  • Le sparatorie sono poco coinvolgenti

Le più belle immagini di Dark Void

Le più belle immagini di Dark Void
Le più belle immagini di Dark Void
Le più belle immagini di Dark Void
Le più belle immagini di Dark Void
Le più belle immagini di Dark Void
Le più belle immagini di Dark Void
Le più belle immagini di Dark Void
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