Dishonored Definitive Edition: la recensione

Dishonored arriva con la sua Definitive Edition su PlayStation 4 e Xbox One: uno sguardo al remaster del gioco uscito nel 2012.
Dishonored arriva con la sua Definitive Edition su PlayStation 4 e Xbox One: uno sguardo al remaster del gioco uscito nel 2012.

La lunga onda dei remaster sulle console di nuova generazione non accenna ad abbassarsi, con tanti dei giochi conosciuti in passato ormai tornati anche su PlayStation 4 e Xbox One. Ad aggiungersi a questo lungo elenco troviamo in questi giorni Dishonored, approdato sulle due piattaforme targate Sony e Microsoft con la sua Definitive Edition.

L’occasione è naturalmente ottima per riprendere in mano uno dei giochi più belli del 2012 a cura di Arkane Studios, forse un po’ sottovalutato alla sua uscita, ma comunque meritevole per Bethesda di tornare a far parlare di sé in attesa del suo successore, già annunciato a giugno.

Per vedere Dishonored 2 bisognerà infatti aspettare (se tutto va bene) fino alla primavera del 2016, motivo per il quale ne abbiamo approfittato volentieri per tornare a vestire i panni di Corvo Attano per scoprire che cosa ci hanno riservato gli sviluppatori con la versione “definitiva” del loro titolo.

COSA CI PIACE

Ottima caratterizzazione

Giocare a Dishonored per la prima volta ha di sicuro un fascino ineguagliabile, ma anche tornare in quel di Dunwall a distanza di tempo può essere un’esperienza tutt’altro che noiosa. Il merito va naturalmente dato al lavoro di Arkane Studios nel mettere a punto la città ispirata alla Londra a cavallo tra ‘800 e ‘900, dove una forte industrializzazione si accompagna a dei misteriosi poteri magici controllati da alcune persone: una di queste è il protagonista Corvo, di ritorno da una missione commissionatagli dall’Imperatrice per cercare una cura alla peste che sta decimando la popolazione di Dunwall. Ben presto le cose si mettono male per entrambi, visto che la sovrana finisce assassinata e Corvo incolpato ingiustamente del suo omicidio, mentre l’erede al trono Emily scompare.

Inutile dire che il nostro uomo dovrà liberarsi dalla prigione in cui è rinchiuso, per riscattare il proprio nome riportando la principessa a casa sua: per farlo, il giocatore trova molteplici alternative, tutte disseimante tra i vicoli e gli edifici della città. Le varie missioni possono essere infatti affrontate con due diversi profili, scegliendo essenzialmente tra il comportarsi “bene”, limitando quanto più possibile le uccisioni, o viceversa dare sfogo alla propria sete di vendetta, eliminando qualsiasi essere ci si pari davanti. Oltre che in termini di gameplay, queste possibilità determinano anche il modo in cui Emily vede Corvo, fino ad arrivare a diverse versioni del finale che rispecchiano la condotta di quest’ultimo. Inutile specificare che tutto questo gioca anche a favore della rigiocabilità di Dishonored, soprattutto per coloro i quali intendono sbloccare tutti gli epiloghi possibili apprezzando anche le piccole differenze che il gioco propone durante la storia principale.

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Gameplay invecchiato benissimo

Dal punto di vista del design, Dishonored si dimostra ancora oggi un piccolo gioiello. A distanza di tre anni dal suo primo arrivo sul mercato, il gioco è ancora in grado di farsi notare per delle dinamiche aperte e fluide come in pochissimi altri casi è stato possibile riscontrare dal 2012 a oggi. Le suddette possibilità offerte dalle missioni per il loro completamento si traduce in termini pratici nella facoltà per Corvo di andarsene in giro per i livelli sgattaiolando alle spalle dei nemici o limitandosi ad addormentarli, sfruttando anche gli speciali poteri potenziabili attraverso la raccolta delle rune, come quello che gli permette di teletrasportarsi da un luogo all’altro.

Non solo i vicoli ma anche gli obiettivi finali di ogni missione si adattano a questa doppia possibilità, permettendo per esempio al giocatore di decidere di far scomparire per sempre delle persone che invece egli era destinato a uccidere. Fino all’epilogo finale, il giocatore ha la sicurezza di restare incollato allo schermo per godersi Dishonored in ogni suo aspetto, sfruttando l’approccio che meglio lo aggrada anche se dobbiamo dire che quello che dà la maggiore soddisfazione è sicuramente quello di tipo stealth.

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Tutti i contenuti, DLC compresi

Alla rigiocabilità della versione base di Dishonored, la Definitive Edition aggiunge tutti quanti i contenuti aggiuntivi pubblicati da Arkane Studios nel corso del tempo. Si ha così accesso alle modalità sfida di Dunwall City Trials, oltre che alle missioni aggiuntive che mettono il giocatore nei panni dell’assassino Daud, vedendo dal suo punto di vista l’assassinio dell’imperatrice ne Il Pugnale di Dunwall e nel suo seguito Le Streghe di Brigmore.

L’occasione è più che gradita per recuperare eventualmente questi ultimi due capitoli, apprezzabili per il loro sforzo di espandere l’universo di Dishonored al di là dell’avventura di Corvo, in attesa di vedere ciò che ci aspetta all’interno di Dishonored 2. Void Walker’s Arsenal è infine il DLC che offre bonus aggiuntivi per il protagonista, che può così contare su più amuleti d’osso e altri oggetti per avere vita più facile anche all’interno della storia principale.

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COSA NON CI PIACE

Sforzo minimo nella conversione

Rispetto alle versioni PlayStation 3 e Xbox 360 di Dishonored, la Definitive Edition compie una serie di passi avanti riscontrabili sin dai primi attimi di gioco. Ma c’è un ma: se dal punto di vista del gameplay questo titolo resta ancora fresco e godibile a distanza di tre anni, in termini grafici il tempo trascorso si fa sentire nettamente di più. Già all’epoca, del resto, Dishonored non brillava per il suo dettaglio, ma dove nel 2012 si poteva chiudere un occhio a favore di un gameplay esaltante, diventa adesso impossibile non notare il modo in cui sia stato speso davvero il minimo della fatica per la conversione del gioco per PlayStation 4 e Xbox One.

Su queste piattaforme Dishonored appare ancora inferiore rispetto alla versione per PC, dove con una configurazione neanche troppo potente è possibile ottenere una resa finale superiore a quella delle due console. Niente cambia invece per quanto riguarda il sonoro, al livello della produzione con tanto di doppiaggio in italiano per la gioia di chi non mastica l’inglese.

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COMMENTO FINALE

Nel caso abbiate ancora qualche dubbio, Dishonored era e resta un gran bel gioco, in grado di guardare dall’alto verso il basso tante delle produzioni arrivate sul mercato in tempi più recenti. Se nel 2012 non avete avuto modo di conoscere Corvo, vi consigliamo quindi caldamente di tenere presente la Definitive Edition del gioco tra gli acquisti di questo periodo.

L’aver mancato l’appuntamento con il gioco di Arkane Studios è infatti l’unico vero motivo per il quale si può desiderare di acquistare questa versione rimasterizzata al suo prezzo di 39,99 euro, un po’ difficile da digerire nel caso in cui si sia già portato a termine Dishonored, soprattutto per quanto espresso nel paragrafo precedente.

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