StarCraft II: Heart of the Swarm - la recensione

Gamesblog recensisce Heart of the Swarm, secondo capitolo della trilogia studiata da Blizzard per StarCraft II.
Gamesblog recensisce Heart of the Swarm, secondo capitolo della trilogia studiata da Blizzard per StarCraft II.

E finalmente siamo a due. Con Heart of the Swarm come saprete arriva per StarCraft II il momento di arricchirsi con il secondo capitolo della trilogia preparata da Blizzard per il suo strategico in tempo reale, sequel del gioco visto nel lontano 1998.

Heart of the Swarm è arrivato sugli scaffali, reali e virtuali, a distanza di quasi tre anni dall’uscita del primo episodio Wings of Liberty (disponibile la nostra recensione, per chi a suo tempo se la fosse persa), mentre naturalmente solo Dio e forse qualcuno in Blizzard (ma non ci giureremmo) sanno con quanto anticipo questa espansione arriva rispetto al capitolo finale, già intitolato Legacy of the Void.

Dopo aver guidato i Terran, gli sviluppatori ci mettono ora alla guida dello Sciame degli Zerg: non può mancare ovviamente il ritorno della Regina delle Lame, conosciuta all’anagrafe col nome di Sarah Kerrigan, protagonista di Heart of the Swarm. Siete pronti a riprendere la storia dove l’avevamo lasciata con Wings of Liberty?

Dove eravamo rimasti?


Risolto in qualche modo il tradimento consumato nel primo capitolo, Jim Raynor è finalmente riuscito a ritrovare Sarah: i due si trovano però all’interno di una stazione di ricerca spaziale controllata dal principe Valerian Mengsk, intenzionato a studiare le abilità della donna per capire quanto del suo vecchio potere di Regina degli Zerg è rimasto dopo la sua esposizione all’artefatto Xel’Naga. Sfruttando un attacco delle forze del Dominio alla stessa struttura, Jim e Sarah riescono a scappare via, pagando però il prezzo di una separazione forzata durante la fuga, in occasione della quale si danno appuntamento a un punto d’incontro dove però Jim non sarà presente. A Sarah, naturalmente, il compito di ritrovare Raynor, sfruttando se necessario tutti i suoi poteri e riportando ordine in uno Sciame Zerg sempre più allo sbando. Senza rivelare altro, diciamo che la trama può presentare qualche piccolo punto dispersivo per chi non è proprio fissato con la serie StarCraft, anche se comunque c’è modo di recuperare informazioni sui personaggi e sulla storia andando in giro tra la miridade di siti dedicati.

Da soli

Partiamo dal single player: Heart of the Swarm offre una ventina di nuove missioni (più alcune di contorno) da affrontare nei panni di Sarah Kerrigan, concentrandosi come dicevamo sulle forze degli Zerg. Questo significa che rispetto al primo capitolo il giocatore è chiamato ad affrontare una serie di meccaniche “nuove” (dopotutto gli Zerg sono sempre quelli di dieci e passa anni fa), sfruttando l’occasione offerta per usare l’eroina di questo capitolo in modo da esaltarne le capacità. Pur poggiando ovviamente le sue basi sulla natura da strategico in tempo reale di StarCraft II, la campagna di questa espansione prova a spaziare tra varie tipologie di gioco, riprendendo il discorso già avviato in occasione di Wings of Liberty, per il quale a suo tempo avevamo già rilevato una gradita natura eterogenea tra le singole missioni.

Il Leviatano è per Sarah Kerrigan quello che per Jim Raynor è stato l’Hyperion, permettendole sia di viaggiare in giro per lo spazio, sia di alimentare la trama e i dettagli andando in giro per l’astronave organica, in un modo che assomiglia molto a quello visto nel primissimo Dune. La Regina delle Lame ha la possibilità di acquisire poteri aggiuntivi con l’aumentare del numero del suo livello, andando in modo simile anche a mutare le creature Zerg con bonus di diverso tipo, in ogni caso reversibili durante l’avanzare della campagna. Qualche missione aggiuntiva, anche se di poco conto, vedrà anche la possibilità di mettere alla prova due diverse mutazioni, per decidere quale tenere all’interno delle proprie unità. Per quanto riguarda la tipologia delle missioni, troviamo alcune aggiunte rispetto al primo capitolo (anch’esso comunque sufficientemente vario) che i giocatori riusciranno ad apprezzare, anche se come rovescio della medaglia le aggiunte di Blizzard potrebbero far storcere un po’ il naso ai puristi del genere: le idee messe in campo dagli sviluppatori sono comunque a nostro avviso vincenti, e contribuiscono senz’altro a tenere il giocatore incollato al succedersi delle varie missioni.

StarCraft II: Heart of the Swarm - la recensione

E in compagnia

Se la campagna di Heart of the Swarm costituisce il primo viaggio che gli amanti dell’universo creato da Blizzard vorranno intraprendere, la modalità multigiocatore è quello che finisce poi per portarti avanti: non a caso, il primo StarCraft è stato uno dei titoli più longevi in assoluto in termini di gioco online, portando gli sviluppatori a tenere presente questo aspetto anche per questo intero sequel. Tra le critiche mosse al primo Wings of Liberty c’era stata quella di soffrire di una certa prevedibilità tra le mosse disponibili per chi controllava i tre schieramenti in lotta, soprattutto dopo che i giocatori più smaliziati hanno avuto modo di trascorrere mesi e mesi davanti al gioco, affinando le loro tattiche e la consapevolezza di quelle altrui. L’aggiunta di nuove unità e le modifiche a quelle già esistenti contribuiscono proprio a dare a StarCraft II in multiplayer quel tocco d’imprevedibilità tanto desiderato da parte dei giocatori, che possono naturalmente contare su un colosso come Battle.net per dare sfogo alla loro mania di conquista via rete, che sia alla guida dei Protoss, dei Terran o degli Zerg.

Un altro annoso problema è quello relativo ai giocatori meno esperti, letteralmente massacrati dagli altri nel loro passaggio dalla campagna (che per i motivi sopra citati non insegna quasi niente sulle meccaniche del gioco online) al multiplayer: in questo caso, Blizzard ha deciso d’inserire una serie di missioni di training, all’interno delle quali il giocatore viene guidato attraverso quelle che sono le basi del genere strategico. Un periodo d’apprendimento, anche una volta superato il nuovo tutorial, è d’obbligo, compresa qualche sonora randellata nelle prime partite online: vediamolo come un rito d’iniziazione, grazie al quale entrare ufficialmente a fare parte di quella che è una comunità di gioco viva e vibrante (cit.).

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Made in Blizzard

Dal punto di vista tecnico, Heart of the Swarm resta sui canoni posti dal suo predecessore, brillando soprattutto per la qualità delle sue scene d’intermezzo: un taglio spettacolare e cinematografico al quale i fan di Blizzard sono sicuramente abituati, ma che non manca di sorprendere anche i più accaniti fan dello studio con base a Irvine. La cura per i dettagli riscontrata nel primo capitolo resta confermata, così come la completa traduzione nella nostra lingua, anche se a voler trovare il pelo nell’uovo il doppiaggio di alcuni personaggi non mantiene lo stesso livello (ottimo) di altri.

StarCraft II: Heart of the Swarm - la recensione

Commento finale

Heart of the Swarm è sempre e comunque StarCraft II, nel (tanto) bene e nel (poco) male. Chi aspettava questo per vedere un rinnovamento all’interno del genere dovrà attendere la prossima occasione, che con ottime probabilità non sarà neanche Legacy of the Void. Detto questo, l’espansione dedicata agli Zerg va ad aggiungere interessanti elementi a un multiplayer che iniziava a mostrare la sua età, per i quali la valutazione degli effettivi miglioramenti arriverà solo tra qualche tempo dopo un periodo di metabolizzazione da parte dei giocatori. La campagna paga un po’ il suo essere una storia di transizione nel capitolo finale, ma la storia del ritorno della Regina delle Lame merita sicuramente di essere seguita.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Online collaudato e migliorato
  • Qualità tecnica incredibile
  • Campagna tutta da vivere
  • Chi cerca innovazione nel genere dovrà aspettare ancora (sì, ve lo avevamo già detto)

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