Left 4 Dead: la recensione

Negli ultimi due mesi è stato un continuo susseguirsi di rilasci col botto: Fallout 3, Dead Space, Fable 2, Gears of War 2, LittleBigPlanet e chi più ne ha più ne metta. Senza chiaramente annoverare titoli come Mirror’s Edge e Call of Duty: World at War, che hanno a loro volta generato una discreta attesa. A farne le spese, sotto certi aspetti, sono quei titoli magari meno in vista ma che comunque hanno qualcosa da dire. Uno di questi è Left 4 Dead, titolo sviluppato da Valve, che in ogni caso non ha mancato di farsi notare nel periodo antecedente al rilascio. L’idea di far convivere due componenti quali gli zombie e il genere FPS ha, sin da principio, stuzzicato il palato di molti.

Sul risultato, come avremo modo di vedere, pesa fortemente la vocazione semi-univoca di questo gioco, in qualsiasi modo la si voglia considerare: quella cioè votata essenzialmente al multiplayer. Eppure è incoraggiante notare come certe soluzioni funzionino alla grande e rendano il tutto talmente fruibile da affascinare anche i meno avvezzi agli scenari di romeriana memoria. Allora tuffiamoci anche noi in questo sciagurato mondo allo sbando, dove regna la paura e dove la speranza sembra sempre più abdicare ad una realtà costituita da non-morti il cui scopo è uno solo: uccidere ogni singolo superstite!

L’INIZIO DELLA FINE

Che Left 4 Dead sia un titolo che non vada tanto per il sottile lo dimostrano già le primissime battute di gioco. Un piccolo filmato introduttivo funge da brevissimo incipit alle vicende: ci sono quattro persone sopravvissute a non si sa quale epidemia, che devono far di tutto per rimanere vivi fino all’arrivo dei soccorsi. Schema semplice e funzionale che non ammette interferenze. Non a caso, eccoci subito fiondati nell’azione, giusto il tempo di raccogliere un arma, un kit medico e qualche munizione. L’atmosfera, comprensibilmente cupa e e vagamente onirica, ci da già un’idea circa quello che succederà da lì a poco. Basterà scendere dal tetto, grazie al quale i quattro poveri sventurati si sono tratti in salvo, mediante una porta che conduce all’intero dell’edificio: d’ora in avanti non si scherza più, o si spara con attenzione o si muore miseramente.

In questo frangente entra in gioco uno degli aspetti pregnanti di Left 4 Dead, ossia l’assoluta esigenza di cooperare con gli altri. Fare gli eroi non solo mette a repentaglio la nostra di sopravvivenza ma anche quella dell’intero gruppo. Sperare di poter cavarsela totalmente da soli è pura utopia, e il grado di improponibilità di tale convinzione varia a seconda il livello di difficoltà scelto. Eccoci allora costretti a menzionare un’altra componente fondamentale del gioco: la considerevole mole di zombie ai quali dovremo scampare in tutti i modi possibili. Come gli amanti dei film di Romero sapranno sicuramente, la forza di queste creature non sta affatto nel singolo bensì nel numero. Non bisogna farsi ingannare dalla facilità con la quale è possibile eliminarne uno, perché la vera sfida è quella di respingere un’intera orda di zombie che ci vengono incontro come degli invasati. Altra parola chiave: orda. Anche in questo caso, in molti saranno a conoscenza che tale è anche il nome di una nuovissima modalità multigiocatore presente in Gears of War 2, nonché una delle implementazioni più riuscite (se non la migliore) del titolo Epic.

Ebbene, giusto per rendere l’idea, questo sarà ciò che dovete aspettarvi da Left 4 Dead. Niente preamboli, nessun risvolto narrativo: solo fuoco, azione e tanto ma tanto sangue – il tutto condito da arti mozzati e teste spappolate come se niente fosse. Tutte queste simpatiche amenità sono contenute in quattro campagne la cui durata varia a secondo del tempo speso a girare per lo scenario e, soprattutto, a resistere alle continue ondate di carne morta. Tutti accessibili già dall’inizio, evidenziano il carattere meramente pretestuoso dell’elemento trama, in un gioco che non tollera distrazioni da parte di un qualsivoglia accenno narrativo.


SPARA, SPARA, SPARA!

L’essenzialità che contraddistingue il titolo Valve, riscontrata nel precedente paragrafo, è messa ancora più in risalto dalla struttura di gioco. Ridotta ai minimi termini, tende ad immettere il giocatore immediatamente nel contesto, senza fargli perdere troppo tempo in un improbabile apprendistato. Con il grilletto destro si spara, con quello sinistro si allontanano gli zombie, mentre il tasto direzionale serve a gestire il nostro equipaggiamento. I rimanenti tasti servono ovviamente per muovere personaggio e visuale, ed effettuare azioni come saltare o aprire una porta. Niente di più semplice e scontato se vogliamo.

Tra i nemici è importante sottolineare la presenza di altre figure al di là dei “classici” zombie. Ben quattro sono infatti i tipi di creature “anomale” che abbiamo il “piacere” di incontrare lungo le nostre sgradevoli scampagnate. Il Boomer è un essere enorme a limiti dell’obesità estrema (tanto che una volta sparatogli scoppierà letteralmente), il cui unico pericolo è praticamente rappresentato dal vomito che emette. Tale vomito ha la simpatica peculiarità di attirare una caterva di zombie su chi ne è rimasto vittima. L’Hunter si muove a mo’ di rana geneticamente modificata. Salta da un punto all’altro con estrema disinvoltura e si serve di questa sua abilità per sferrare attacchi letali contro la sua preda. Lo Smoker, invece, dispone di una lingua talmente lunga da poter agguantarci anche da considerevoli distanze. Il Tank è, sotto certi aspetti, il più pericoloso dei quattro. Se non altro perché, come il suo stesso nome lascia intendere, buttarlo giù richiede un cospicuo numero di colpi. Tra l’altro è in grado di scaraventare i malcapitato di turno a distanze non indifferenti, il che induce a tenerlo a debita lontananza. Segnalazione a parte va riservata alla Witch, il cui insopportabile ed inquietante pianto fa da preludio ad una pericolosità inaudita – in questo caso però, è possibile evitarne il contatto qualora non venga infastidita.

Le meccaniche tendenti all’assoluto minimalismo e la non eccelsa varietà di nemici (nonché di scenari, anche se in questo caso non ci interessa) potrebbe far storcere il naso ad alcuni. D’altro canto si tratterà di partire da un punto A per raggiungere un punto B, ma nell’accezione più classica dello schema in questione. E’ all’interno di questo semplice percorso che abbiamo modo di sbizzarrirci in svariati modi, dando sfogo al nostro estro. Per esempio: se ci rendiamo conto di non essere in grado di affrontare l’orda in arrivo, bene… possiamo servirci di un ordigno che attira l’orda in maniera esilarante così da distogliere la loro attenzione da noi. In ogni caso sta voi decidere come procedere, nonostante le possibilità siano tutt’altro che illimitate.


O TUTTI O NESSUNO

Questo punto costituisce senza mezzi termini il nodo cruciale dell’intero lavoro. Pur corrispondendo un’esperienza tutto sommato godibile ad una fruizione in single player, è in più giocatori che Left 4 Dead esprime il massimo. Si nota lontano un miglio come questo titolo sia stato pensato per essere giocato in compagnia. Vero è che tale scelta attenua in parte, com’è di norma, il senso di paura dettata dalla solitudine in luoghi così angusti. Ma d’altro canto non ci troviamo mica dinanzi ad un classico survival-horror dove si è soli contro tutti: qui questo aspetto è stato completamente rivisto. Siamo in quattro, tutti allo stesso livello e accomunati da un unico destino. A conti fatti è come se fossimo uno solo, ma il pensare in funzione del gruppo fa davvero la differenza. Prenderci anche cura degli altri affinché loro si prendano cura di noi stessi; è questo lo spirito che bisogna intraprendere nell’approcciarsi a Left 4 Dead.

L’idea di non affibbiare ai quattro personaggi (Zoey, Louis, Francis e Bill) alcuna abilità specifica o un qualsiasi retaggio narrativo è decisamente funzionale anche a questo. Non c’è un protagonista, anzi, il gioco fugge questa etichetta: ci sono solo quattro normalissime persone che devono vender cara la pelle. Per immergerci maggiormente nell’atmosfera, Valve ha fatto ricorso pure a delle generiche frasi scritte su svariate superfici, che avvalorano la tesi secondo cui la sorte dei quattro sia legata da un filo sottilissimo. Cose del tipo “Scappate finché potete”, “Siamo noi i veri mostri”, “Dio è morto” et similia, evocano un’angoscia collettiva tesa, per certi versi, a legare più saldamente i sopravvissuti. Ricorda loro quanto in una situazione del genere il labile confine tra la vita e la morte possa essere decretato anche dall’azione più banale o, peggio ancora, egoistica. Lo scopo è uno quindi: salvarsi; e tale obbiettivo richiede lo sforzo di tutti, nessuno escluso.

Vivere anche in questo modo le nostre sessioni di gioco, intensifica all’inverosimile il divertimento di un titolo che diverte già così, senza ulteriori speculazioni. Per concludere, sembra lasciare il tempo che trova la modalità Avversario, leggerissima variante per mezzo della quale possiamo impersonare una delle quattro creature di cui abbiamo accennato poco sopra. Il ruolo assolutamente marginale però, relega comunque tale possibilità a semplice opzione aggiuntiva – il che non dispiace a priori.


GRAFICA E SONORO

La resa grafica va scissa a secondo delle versioni in esame. Quella PC indubbiamente vanta un aspetto migliore, data anche l’ovvia possibilità di incrementare le prestazioni di gioco mediante i settaggi. Resta comunque tutt’altro che trascendentale: fa la sua figura ma di certo non ci spinge a gridare al miracolo. In ogni caso si colloca almeno una spanna sopra la versione Xbox 360. Nel caso della console Microsoft infatti, pur non parlando in alcun modo di qualcosa di oggettivamente scadente, bisogna sottolineare come il risultato visivo non desti particolari attenzioni – anzi! Molto ben riuscito il fatto che pallottole, cadaveri e sangue si integrino piuttosto armoniosamente con lo scenario, ma textures dei personaggi ed altre componenti simili godono di una resa tutt’al più nella norma. Qualche problema di stabilità delle immagini (ergo, basso frame rate) emerge invece nelle fasi veramente concitate, anche se trattasi di un fenomeno cui di rado si avrà modo di assistere. E’ chiaro che far pendere l’ago della bilancia solo su questo specifico aspetto sia quanto di più errato ci possa essere, ma è giusto rilevare le condizioni in cui il lavoro versa anche in questi termini.

Immersivo, invece, è il termine adatto per il sonoro. In zone deserte come quelle in cui ci troviamo a condurre le nostre campagne, gli unici suoni degni di un certo spessore sono quelli dei nemici. Abbiamo modo di avvertire la loro presenza già prima di trovarceli dinanzi, a causa dei loro strepiti e gesti inconsulti che si susseguono senza posa. Anche creature come il Boomer o la Witch emettono specifici versi inquietanti, che talvolta suscitano una discreta ansia. La Witch, soprattutto, risulta particolarmente tediante, e l’augurio è quello (come ci è capitato) di non trovarsela accanto all’improvviso. Parecchio esaltanti sono invece le fasi in cui ci si trova sommersi dagli zombie, con spari e urla che si mescolano in una confusione appagante.


COMMENTO FINALE

L’ultima fatica targata Valve imbocca un sentiero atipico, anche se non così innovativo. L’implicita ma certamente ravvisabile intenzione degli sviluppatori è quella di portare all’estremo il concetto di gioco in cooperativa. Laddove Left 4 Dead risulta scarno a livello di contenuti, eccelle nella sua componente principe, vale a dire il multiplayer. Ciò non toglie che qualcuno potrebbe anche divertirsi senza ricorrere alla compagnia di uno o più amici, ma permetteteci di dissentire sul fatto che così facendo si possa realmente comprendere quanto abbia da offrire questo titolo.

L’auspicabile rigiocabilità risiede nel fatto che di per sé il gioco è stato strutturato in maniera tale da sfruttare un discreto affiatamento tra più compagni. Difatti, l’esigua durata delle campagne proposte induce a dirigere altrove le vostre attenzioni qualora non sia accessibile la modalità multigiocatore. E’ evidente, inoltre, come la natura del gioco suggerisca un ampio ricorso a futuri contenuti scaricabili di vario tipo. Tra campagne, armi, nemici e personaggi, di carne al fuoco in tal senso ce n’è parecchia. Senza contare come i più smanettoni potrebbero dilettarsi con innumerevoli mod relativamente alla versione PC.

Insomma, il consiglio è quello di valutarne bene l’acquisto partendo dalle premesse cui si va incontro. Chi fosse alla ricerca di un titolo dotato di una certa profondità, può tranquillamente glissare su Left 4 Dead. Per chi, invece, l’azione pura e l’adrenalina – unita, perché no, ad una sana passione per i B-Movie d’altri tempi – fossero qualcosa di indispensabile, beh, l’acquisto è caldamente suggerito. A patto di avere sangue freddo e nervi saldi: là fuori gli zombie vi aspettano… e hanno tutto il tempo che vogliono!

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