Grand Theft Auto: The Ballad of Gay Tony - la recensione

Come chiudere un capitolo così importante per una saga tanto controversa quanto foriera di enormi successi e a più livelli? Questa è la domanda che ha attanagliato i pensieri dei molti che si dicono appassionati di Grand Theft Auto. GTA IV, nello specifico, ha comunque segnato un nuovo inizio, ha fatto parlare di sé e si è fatto largo tra critiche ed elogi, in entrambi i casi portati avanti dalle più disparate figure.

Naturalmente anche noi abbiamo cercato di capire quale potesse essere la degna conclusione di questa ulteriore pagina della serie, prima di imboccare quella che sarà la nuova, prossima e speriamo altrettanto fortunata strada. Più questa domanda balzava alla mente e più ci si sentiva in parte fortunati a non dover far fronte all’esigenza di fornire una valida ragion d’essere per questi contenuti scaricabili.

In mezzo a tanto scetticismo c’era bisogno di dimostrare quanto questi due episodi costituissero molto più di un banale ma legittimo ritorno economico. Il primo, The Lost and Damned, dissipò parzialmente certi “cattivi pensieri”, fornendo un’esperienza che pur non prendendo in toto le distanze dall’opera originale, diede modo di comprendere cosa Rockstar intendesse per “stessa storia, vista con altri occhi e da un’altra prospettiva”. Ora tocca a The Ballad of Gay Tony porre la parola fine a questa storia e – perché no? – cominciare, seppur timidamente, a spianare la strada al GTA che verrà, quello di cui nessuno sa ma di cui già tutti parlano.

QUANDO TONY NON C’E’ GLI ALTRI BALLANO

Cominciamo col titolo di questa seconda ed ultima espansione: La Ballata di Gay Tony. Se l’appellativo attribuito a Tony Prince, re della vita notturna di Liberty City, poco si presta a qualunque speculazione, sono le due parole che lo precedono a destare sospetti. Perché balla? Forse perché è il proprietario di due delle maggiori discoteche della città, l’Hercules e il Maisonette 9? No. Avete presente quei vecchi film western o cartoni animati dove il classico “scemo del villaggio” veniva forzatamente costretto ad improvvisarsi ballerino mentre schivava dei ripetuti colpi di pistola sparati nel pavimento? Bene, il malcapitato di turno è Tony Prince, e quella è la sua ballata!

Non che sia esente da colpe, intendiamoci. Vittima delle più svariate dipendenze – nonché dei luoghi comuni ad esse riconducibili – e tutt’altro che equilibrato nelle sue scelte, Tony rischia il tracollo a causa di questa sua imperizia. Da rinomato esponente della Liberty che si diverte e che si spinge oltre i propri limiti, pecca in alcune opinabili scelte di gestione che lo conducono ad invischiarsi con personaggi che dire poco raccomandabili non renderebbe l’idea. Fortuna vuole che Gay Tony sia riuscito a circondarsi, suo malgrado, di gente affidabile. Una sola a dire il vero, ossia il protagonista del gioco, nonché nostro alter-ego virtuale durante le nostre sessioni: Luis Fernando Lopez.

Luis viene dai bassifondi di Liberty City, è cresciuto in un contesto familiare un po’ delicato e ha praticato la vita da strada, con microcriminalità annessa, sin dalla sua giovane età. Dopo due anni di carcere è pronto a rimettersi in carreggiata, e grazie all’aiuto dell’amico Tony Prince diviene responsabile di alcuni locali in in Algonquin. Ma questo non è che il preludio.

Da quel momento in avanti Luis dovrà combattere una guerra che non è neanche sua. Questa è la prima e sostanziale differenza con i due precedenti protagonisti. Se Niko e Johnny sin da principio non hanno dovuto far altro che contrastare il loro passato, lottando con i loro fantasmi, Luis pare essere l’unico dei tre ad avere trovato una sorta di stabilità prima ancora delle vicende narrate. Qualche problemino in famiglia magari, ma non c’è in questo caso nessuno spettro che riemerge dagli angoli più reconditi o meno della sua coscienza. Nessuna “persona speciale” di cui è in spasmodica ricerca. Nessuna vendetta pregressa o dissapori vari. La vicenda nasce, si sviluppa e muore proprio davanti ai nostri occhi, lasciando poco spazio all’immaginazione e pressoché nessun margine a domande irrisolte.

In mezzo a tutto ciò tanta, ma davvero tanta azione, personaggi sopra le righe, scene esilaranti e piccole chicche che solo i più affezionati e attenti possono obiettivamente cogliere. Altro elemento da non sottovalutare è il continuo lancio di invettive, forse a mo’ di depistaggio, rivolte al futuro. Troppe menzioni di Vice City, sia in programmi televisivi come The Men’s Room, dove interviene una certe Paula che chiama proprio dalla soleggiata Vice. O come uno dei personaggi che casualmente può capitare di incontrare, come un certo Al Di Napoli, il quale appronta una mini-apologia della città in questione, inneggiando alla sua “purezza” quale motivazione per andarci a vivere. Senza contare Vice City FM, di cui parleremo brevemente più avanti. A onor del vero anche Los Santos viene citata, ma non con la stessa enfasi e frequenza.


TU BALLA, IO SPARO!

A livello di gameplay davvero poco ci sarebbe da integrare a quanto non sia già stato detto in sede di recensione di GTA IV e di The Lost and Damned. Eppure qualche simpatica novità in questa nuova espansione è stata introdotta. Anzitutto, con somma gioia degli estimatori reduci dal San Andreas, ecco ricomparire il buon vecchio paracadute. Non disponibile da subito, lo si sblocca dopo aver portato a termine una determinata missione; da quel momento in avanti si ha accesso pure ai relativi punti disseminati per la città, da dove poter lasciarsi correre.

Quanto a missioni secondarie, è opportuno sottolineare la presenza di un’arena in cui lottare con altri folli o le gare di triathlon , che ben lungi dall’essere composte da discipline quali nuoto, corsa o cose simili, vanno condotte con mezzi quali motoscafi o auto. Meritevoli pure le guerre di droga, che dobbiamo portare a compimento insieme agli storici amici di Luis: Armando ed Enrique. Poi che altro ancora? Golf, ballo, gare di bevute. Insomma, tutte piccole attività extra-curricolari – come si diceva quando andavamo a scuola – che fungono da simpatico divertissment tra una missione e l’altra. Un modo per allungare il brodo magari, ma che anche in questo caso si fa notare per la sua originalità.

Come sempre in questi casi, ossia quando si tratta di un contenuto aggiuntivo, ad essere aggiunte sono pure armi, mezzi e amenità varie. Di rilievo il potente fucile a pompa con proiettili esplosivi, il C4 (cioè una bomba adesiva a detonazione), un particolarissimo mitra di cui per forza di cose non possiamo dire altro, e un nuovo fucile di precisione. Anche sul versante mezzi di trasporto emerge qualche novità. Su tutti, indubbiamente spicca la presenza del Buzzard, un elicottero militare in grado di fare tanto danno e subirne pressoché nessuno. A onor del vero ci sarebbe pure un autocarro della NOOSE, ma a voi l’onore di capire cosa sia con esattezza.


MULTIPLAYER

Le aggiunte proposte in questa espansione constano sostanzialmente delle nuove introduzioni apportate al gioco stesso. Doverosa quindi la menzione di elementi quali il paracadute, le nuove ed esaltanti armi ed i veicoli introdotti. Tutte componenti che, più che comportare un vero e proprio cambiamento, intendono rendere più intenso questo tipo di esperienza nelle modalità già esistenti. In più è anche presente qualche nuova arena per il classico Deathmatch.


GRAFICA E SONORO

A livello grafico non c’è davvero nulla da segnalare. GTA IV è lì, sotto questo specifico aspetto, in tutto e per tutto. Poderosi scorci, quindi, frutto di una ricostruzione della Grande Mela davvero imponente. Anche qui non mancano certi bug, alcuni tutto sommato simpatici, altri decisamente irritanti. Nonostante ciò, nulla che non si sia già visto, nel bene o nel male nei predecessori di questa espansione. A limite potremmo menzionare l’HUD del gioco, che si distingue più che altro per un fucsia acceso che costituisce lo sfondo cromatico principale.

Il sonoro invece merita qualche accenno in più. Gli effetti non hanno subito alcun ritocco, e questo era preventivabile. Ma le stazioni radio, beh, quelle sì che hanno beneficiato di un qualche cambiamento. Sia chiaro, si tratta soltanto di aggiunte, ma che aggiunte! Andiamo al sodo: al termine delle nostre sessioni di gioco le statistiche segnalavano a caratteri cubitali che Vice City FM è stata la stazione più sintonizzata. Il sottofondo musicale delle nostre scorribande lungo l’arco dell’intera avventura è stata contraddistinta dalle elucubrazioni del grandioso Fernando Martinez e dai brani prettamente anni ’80 da lui passati. Insomma, sonorità che rientrano più nelle corde della calda ed accogliente città della Florida, piuttosto che in quelle della più cosmopolita Liberty City. Detto ciò, chiaramente Vice City FM non costituisce l’unica new entry, ma senza dubbio si tratta di quella più felice.


COMMENTO FINALE

Finire col botto non è da tutti. The Ballad of Gay Tony chiude un capitolo che è più una pagina di questa serie, senza lasciare spazio a rimpianti o rimorsi. GTA IV ha probabilmente detto tutto ciò che c’era da dire, e se non l’ha fatto, pazienza. Liberty City è una città grande, e le storie da raccontare potrebbero essere tante quanto quelli che la popolano. Ma Rockstar ha inteso focalizzarsi solo su alcune di queste storie, e quella di Luis e dell’amico Anthony Prince andava sicuramente raccontata.

Tanta azione e adrenalina, mista a dei personaggi e delle situazioni che sfiorano davvero il surreale, costituiscono il mix vincente anche di questo secondo ed ultimo episodio. Se a questo aggiungiamo l’entusiasmante intersecarsi delle vicende che hanno visto protagonisti già Niko e Johnny, il risultato non può che essere estremamente positivo. Un immenso puzzle, non totalmente ricostruito magari, ma coerente sino al punto in cui ci è stato concesso di dargli vita.

Insomma, The Ballad of Gay Tony va giocato, ma forse è meglio dire “va vissuto”. Questa ennesima immagine caricaturale di una certa parte di Liberty – quella dedita alla vita notturna più sfrenata – brilla per ironia e satira amara. Un calderone di luoghi comuni e non, che contribuiscono a plasmare uno scenario grottesco ma che al tempo stesso fa riflettere. “Fino a che punto il tutto viene esasperato?”, c’è da chiedersi.

In conclusione ci sentiamo in obbligo di dare un piccolo avvertimento agli interessati. Nonostante grazie alla versione pacchettizzata, Episodes From Liberty City, sia possibile giocare queste due espansioni senza bisogno di GTA IV, sconsigliamo caldamente di farlo. Le due espansioni (The Lost and Damned e The Ballad of Gay Tony), in quanto tali, vi buttano direttamente nella mischia, senza spiegarvi perché o per cosa. Il risultato è quello di decontestualizzare un’opera che non può fare a meno della sua struttura portante, ossia proprio GTA IV per l’appunto. Per godere a pieno di queste due nuove avventure è indispensabile fare come Niko, cioè scendere da quella nave e mettere piede per la prima volta in un’immensa metropoli di cui non conoscete nulla, o quantomeno, nulla di ciò che corrisponda a realtà.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Degna conclusione di questo capitolo della serie
  • Dura più di altri giochi “completi” di oggi
  • Yusuf Amir è il numero uno (We’re getting arab money!)
  • Se proprio non avete tollerato gli altri due, beh, lasciate perdere. Diversamente, siamo seri: nessun contro.

Grand Theft Auto: The Ballad of Gay Tony



















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