Fuse: la recensione

Il nuovo sparatutto cooperativo di Insomniac Games recensito per voi da Gamesblog.it
Fuse: la recensione
Il nuovo sparatutto cooperativo di Insomniac Games recensito per voi da Gamesblog.it

Fuse: la recensioneIn un’industria così dannatamente competitiva e in tremenda espansione come quella dei videogiochi e dell’intrattenimento digitale in generale, è normale che i dirigenti di una casa di sviluppo indipendente tentino di aggredire il mercato, di superare la concorrenza e di ampliare il proprio bacino d’utenza sganciandosi da qualsiasi accordo di esclusiva siglato negli scorsi anni con i colossi dell’hardware. Tra le innumerevoli conversioni al Dio del multipiattaforma cui abbiamo assistito dal lancio delle piattaforme casalinghe di questa generazione e dalla successiva esplosione del fenomeno del mobile gaming, quella degli studios americani di Insomniac Games è stata senza dubbio tra le più chiacchierate e inattese.

Scegliendo di allontanarsi dalla galassia PlayStation dopo aver contribuito al successo delle ultime piattaforme di Sony scrivendo alcune delle pagine più belle della storia dell’azienda nipponica con i primi, indimenticabili capitoli della saga platform di Spyro e con l’esclusiva assoluta su tutti gli episodi delle fortunate serie di Ratchet & Clank e Resistance, gli esperti sviluppatori californiani di Insomniac hanno così deciso di intraprendere un nuovo percorso creativo immergendosi nello sconfinato oceano del multipiattaforma per proporci Fuse, una fresca proprietà intellettuale orientata al multiplayer competitivo.

Dopo aver passato l’ultima settimana a schivar pallottole all’interno della pericolosa dimensione dello sparatutto futuristico di Insomniac, quindi, riponiamo nella rastrelliera digitale le armi ultramoderne della squadra speciale Overstrike 9 per offrirvi la nostra recensione di Fuse.

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I QUATTRO DEL FUSE SELVAGGIO

Con questa loro nuova proprietà intellettuale, gli autori di Insomniac s’allontanano definitivamente dalle atmosfere post-apocalittiche di Resistance e dai mondi variopinti dell’universo piattaformoso di Ratchet & Clank per plasmare una dimensione futuristica dominata dalla paura per un nuovo conflitto mondiale favorito dalla scoperta, da parte dei militari e degli scienziati americani, del “Fuse”, un misterioso elemento talmente instabile da essere in grado di generare una spaventosa quantità di energia se posto a contatto con la materia ordinaria. In questo contesto da “seconda guerra fredda” si muovono le tecno-agenzie private deputate allo spionaggio internazionale, delle potenti entità paragovernative capaci di influenzare la politica industriale e militare delle superpotenze e dei Paesi emergenti.

Servendosi di diversi gruppi di soldati scelti per perseguire i loro scopi (che siano leciti o meno ha poca importanza), le agenzie di spionaggio private di Fuse sono i più importanti protagonisti dello scacchiere geopolitico del futuro distopico tracciato dagli autori californiani: con un semplice ma efficace espediente narrativo, gli Insomniac fanno così coincidere l’inizio dell’avventura vissuta dai quattro agenti della squadra speciale Overstrike 9 con l’invasione della principale installazione scientifica americana da parte di un nutrito commando di cyber-terroristi.

Attratti dalle ricerche e dagli esperimenti condotti sull’elemento Fuse come api dal miele, i pericolosi mercenari che i quattro agenti impersonabili sono chiamati a fronteggiare per evitare che qualche potenza straniera si impossessi di questa preziosa fonte di energia costituiscono il più classico dei “pretesti videoludici” che il team di sviluppo prende per erigere l’intera impalcatura di gioco della campagna principale. La trama di Fuse, infatti, riprende e riadatta il contesto narrativo del progetto originario, annunciato durante l’E3 del 2011 con un filmato caratterizzato da un’ambientazione simil-cartoonesca con grafica in cel-shading e personaggi “sui generis” snodati come equilibristi e in grado di agire liberamente all’interno di livelli aperti e completamente esplorabili.

Distante anni luce dalla formula iniziale e dalle felici idee di gioco messe in scena nel video d’annuncio realizzato in computer grafica, la campagna principale della “versione 2.0” di Fuse reca impresse le profonde cicatrici lasciate dal passaggio a un modello di gameplay “scolastico” mutuato dagli sparatutto “alla Gears of War”, con le aggravanti della precaria caratterizzazione dei protagonisti, della mancanza di elementi di vera innovazione, delle vistose lacune nella trama e della scarsa longevità (bastano 6-7 ore di gioco per arrivare ai titoli di coda).

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L’UNIONE FA LA FORZA

Completamente (e colpevolmente) dimenticata dagli autori della storia della campagna singleplayer, la natura “esotica” dell’elemento che da’ il nome al titolo viene ripresa e “sfruttata” dagli Insomniac Games per dare forma agli elementi che contraddistinguono l’esperienza di gioco. Sfruttando a proprio vantaggio i prototipi delle armi abbandonate dagli scienziati nei concitati istanti immediatamente successivi all’invasione degli odiati “terroristi biomeccanici), superata la fase iniziale (uno pseudo-tutorial di dieci minuti che segue la trama e illustra a grandi linee le azioni principali a disposizione dell’utente) i quattro agenti della Overstrike 9 possono vantare un equipaggiamento di prim’ordine con un’arma sperimentale per ciascun membro del gruppo.

Il “capitano della squadra”, il possente Dalton Brooks, viene così dotato di una pistola in grado di generare una barriera protettiva, la bella Naya Deveraux può cecchinare i nemici colpendoli con un fucile di precisione caricato a pallottole capaci di esplodere (o meglio, di implodere) in mini-buchi neri, la letale Izzy Sinclair riesce a trasformare gli avversari in statue di cristallo con la sua mitragliatrice e Jacob Kimbell, infine, è munito di un potente fucile in grado di infilzare chiunque con una raffica di dardi magnetici.

I prototipi di retroingegneria aliena dell’elemento Fuse che gli eroi di Fuse (scusate la ripetizione) possono utilizzare in battaglia vanno inoltre ad aggiungersi ai “poteri secondari” derivati sempre da questa misteriosa forma di energia e che, nelle fasi più avanzate dell’avventura, possono essere sbloccati spendendo i punti esperienza acquisiti sul campo. Necessari per aumentare il livello personaggio di ciascun agente, i punti XP sono alla base del sistema simil-ruolistico escogitato dagli sviluppatori per garantire agli utenti un più ampio ventaglio di opzioni per la customizzazione e la personalizzazione del proprio alter-ego tramite un albero delle abilità e dei perk generici.

L’originale sistema di gestione e di utilizzo delle armi di derivazione aliena viene però pesantemente minato dalla scarsa intelligenza artificiale scritta dagli Insomniac per “accompagnare l’utente” nelle sessioni di gioco singleplayer: il comportamento dei propri compagni, infatti, risulta essere fortemente scriptato sia in fase d’attacco che di difesa (con l’impiego delle coperture dinamiche e di un approccio silenzioso tra un combattimento e l’altro). L’unica “ancora di salvezza” per gli sfortunati giocatori lanciatisi nella campagna senza il supporto di uno o più amici è rappresentata dall’impiego del LEAP, un modulo che consente all’utente di passare da un membro della squadra all’altro attraverso la semplice pressione di un tasto e in qualsiasi momento dell’avventura in singolo.

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MULTIPLAYER

Se con la trama e con l’esperienza singleplayer di Fuse gli Insomniac non riescono di certo a raccogliere “l’eredità spirituale” di Resistance e s’allontanano dagli standard qualitativi cui ci avevano abituati con la travagliata storia di Joseph Capelli, è con l’offerta multiplayer che gli sviluppatori californiani riescono finalmente a trovare una giusta dimensione alla loro nuova proprietà intellettuale. Affrontando le missioni della campagna principale in compagnia di uno o più amici, infatti, quest’ultima riacquista un senso e garantisce ore ed ore di sano divertimento: affrontando l’avventura in cooperativa, tutti gli ingranaggi del sistema di combattimento, della gestione delle munizioni e della personalizzazione delle “abilità di classe” riprendono magicamente a girare come se tutto fosse stato realizzato in funzione esclusiva del multiplayer in rete e in locale.

A dimostrazione di questa “sensazione” ci sono poi le sfide Echelon. Parallela e complementare all’avventura principale, la modalità Echelon rappresenta un elemento a se stante dell’esperienza di gioco di Fuse e permette a un massimo di 4 utenti di partecipare a battaglie sempre più crutente contro 12 ondate di nemici. Fortemente ispirate all’Orda di Gears of War, le sfide Echelon danno ulteriore importanza alla componente cooperativa poiché obbligano i giocatori a collaborare gli uni con gli altri per portare a termine degli obiettivi che spaziano dalle classiche battaglie contro le ondate di terroristi e di cyborg alla difesa (o alla conquista) di determinate postazioni strategiche collocate in aree specifiche delle sei mappe proposte.

Con i loro obiettivi a rotazione magnificamente cadenzati da scontri all’ultimo sangue con orde di nemici via via più arcigne, le sfide Echelon rendono meno ripetitiva e frustrante l’azione di gioco nonostante ricalchino quasi alla perfezione le dinamiche di gameplay e la struttura delle ambientazioni delle missioni della deficitaria campagna principale.

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GRAFICA E SONORO

Come per la trama e per gli aspetti più originali dell’impiango di gioco, naturalmente anche per quanto riguarda la componente tecnica l’opera ultima degli Insomniac Games non fa che rispecchiarsi nel balbettante processo creativo portato avanti dagli sviluppatori californiani nelle fasi iniziali del progetto. Il caotico passaggio da action-adventure in cel-shading a serioso sparatutto in terza persona, infatti, ha spinto i programmatori a concentrarsi sugli elementi principali della grafica e a lasciare in disparte tutto il resto: è solo in quest’ottica che riusciamo a spiegarci la netta differenza qualitativa tra i modelli poligonali dei protagonisti (davvero ben realizzati) e le texture che mappano le superfici a schermo (in molti casi al livello della scorsa generazione di console), ed è sempre così che possiamo capire il perchè dell’approccio adottato dagli Insomniac per plasmare le ambientazioni (estremamente lineari e ripetitive) e gli effetti particellari a corredo delle sessioni di gioco più movimentate (decisamente ben fatti, specie per le esplosioni e per le pallottole dei prototipi alieni).

Anche per ciò che riguarda il comparto audio assisitiamo allo stesso “ottovolante qualitativo” legato al motore grafico e alla componente tecnica: accanto a un discreto doppiaggio e a una soddisfacente colonna sonora troviamo infatti una gestione a dir poco improvvida dei livelli di volume nel passaggio tra le parti scriptate (ricche di dialoghi) e le scene di gioco propriamente dette (a loro volta equamente suddivise tra le lineari sessioni platform e le ben più dinamiche scene di combattimento).

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COMMENTO FINALE

Contraddittorio e spiazzante come pochi altri videogiochi di questa generazione, Fuse è un titolo senza mezze misure che riesce ad essere “semplice” e “complesso” al tempo stesso.

Rispetto alle altre soluzioni della concorrenza (da Gears of War Judgment ad Army of Two: The Devil’s Cartel), l’opera ultima degli Insomniac Games garantisce un impianto di gioco cooperativo ugualmente accattivante e divertente ma propone un plot narrativo semplicemente abominevole, una modalità singleplayer inespressiva e una deficitaria caratterizzazione dei personaggi. Più che per le ovvie mancanze autorali e di gameplay dovute ai difetti di gioventù di una saga appena nata, i problemi principali di Fuse vanno però ricondotti al precario equilibrio trovato dagli sviluppatori californiani nella riformulazione del progetto originario.

Affrontando le missioni della campagna principale e le sfide della modalità Echelon, infatti, nonostante la relativa solidità dell’esperienza di gioco in cooperativa si avverte sempre la netta e sgradevole sensazione che le idee più originali del concept iniziale siano state accantonate in favore di un titolo “scolastico” incapace di eccellere in nessun campo. Una storia di più ampio respiro e una migliore caratterizzazione dei protagonisti (e del loro equipaggiamento alieno) avrebbero certamente contribuito a risollevare le sorti del progetto, e questo a prescindere dal numero di giocatori dall’altra parte dello schermo.

A dispetto delle incongruenze e delle sbavature di Fuse, la nuova IP di Insomniac Games dimostra di possedere enormi potenzialità, anche se in larga parte inespresse: guardando al futuro, quindi, starà solo agli uomini e alle donne del famoso team californiano riuscire a superare le contraddizioni del “capitolo di lancio”. Se sapranno proporci degli eroi con una personalità superiore a quella di uno stoccafisso, una progressione narrativa meno scontata della trama di un film a luci rosse, un impianto di gioco meno schiacciato sulla cooperativa e una campagna singleplayer degna di definirsi tale, allora sarà davvero valsa la pena intraprendere questo “viaggio inaugurale” nell’universo di Fuse. Qualunque soluzione decideranno di adottare i ragazzi di Insomniac per ampliare l’orizzonte digitale della saga, comunque, non possiamo che chiudere questa recensione consigliando a chi ci segue di considerare l’acquisto di questo titolo solo ed esclusivamente se lo si vuole (e lo si può) giocare in compagnia di due o più amici.

Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Splendido in cooperativa
  • Graficamente apprezzabile
  • Tanti elementi di personalizzazione
  • L’originalità delle armi
  • Orribile in singolo
  • Trama evanescente e caratterizzazione nulla dei protagonisti
  • Gameplay poco innovativo
  • La ripetitività delle ambientazioni

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