Braid - la recensione


Quando uno sviluppatore indipendente, solo e coadiuvato esclusivamente dalla sua immensa bravura, prova a stravolgere il concept di gioco dei platform al punto tale da far divenire la sua creatura un capolavoro d’arte moderna, occuparsi assiduamente di lui è un imperativo categorico, un impegno preso con la Bellezza e la Bravura, un manifesto al Videogioco nella sua forma più alta.

Dopo aver stregato gli utenti della console Microsoft, proponendo il miglior titolo mai pubblicato su Xbox Live (piattaforma online altamente concorrenziale e mai avara di sorprese), Jonathan Blow ha deciso di allietare i monitor degli utenti PC proponendo per loro una conversione (tanto fedele quanto attesa) di Braid.

Il commovente viaggio nell’Impressionismo Videoludico sta per cominciare, Tim ha aggiustato il ciuffo e stretto bene al collo la sventolante cravatta rossa, ed è davvero ansioso di scoprire se sarete insieme a lui anche dopo la pausa.

IL PERDONO, L’AMORE, E IL DESIDERIO SENZA TEMPO

“Tim è alla ricerca della Principessa, rapita da un mostro malvagio: questo è successo perchè Tim ha commesso un errore…”

La poetica avventura del piccolo Tim inizia esattamente con questa frase, scritta su di un leggìo all’entrata del primo mondo di gioco che il nostro protagonista avrà la forza di affrontare per riabbracciare la sua amata dopo che una serie di incomprensioni e sbagli hanno portato la loro storia su di un binario morto.

Prima ancora di catapultarci nel bel mezzo dell’azione, infatti, Tim condivide assieme a noi la disperazione nell’essersi fatto scappare la sua dolce Principessa, sperando così di salvarla dalle grinfie di un mostro ancora più malvagio e inesorabile di quello che l’ha rapita dal suo Castello, ossia l’impossibilità al Perdono:

“Il nostro mondo, basato su rapporti di causa ed effetto, ci ha insegnato ad essere avari di perdono, perchè perdonare ci espone al rischio di soffrire. Ma se abbiamo imparato dai nostri errori, se ci hanno fatti diventare migliori, non dovremmo essere premiati per questo, invece che puniti?”

Da questo, e da innumerevoli altri punti di vista, Braid ci aiuta a scardinare quell’invisibile porta che divide il mondo materiale, fatto di scelte che portano a delle conseguenze, da quello introspettivo ed inconscio, dove il tempo perde completamente di significato e dove l’anima viene alimentata dal fuoco dei sogni.

Braid

LA SFIDA DEL PICCOLO TIMMY

Fin dai primi istanti di gioco, scopriamo il fine ultimo che ha animato Jonathan Blow nella creazione di Braid, ossia quello di creare una sorta di “metafora videoludica” della vita e dell’inconsistenza del Tempo all’interno dell’immensa piramide di emozioni che ha l’Odio come base e l’Amore come irraggiungibile vetta.

Se guardati attraverso questa particolare prospettiva, i mondi di gioco che il piccolo Tim è costretto a superare assumono un significato immensamente più chiaro, svelando inoltre il perchè di una trama scalare che, volutamente, non offre poi così tanti spunti di rigiocabilità.

Trattando la casa di Tim come fosse la sua stessa anima, Blow decide di ambientare tutti e sette i mondi di gioco di Braid proprio all’interno delle quattro mura domestiche del protagonista, che si presta magnificamente a questa particolare interpretazione della vita, del desiderio e della frustrazione umana, che inconsciamente si sbarazza del Tempo per fare in modo di rimediare ad errori fatti in un passato altrimenti immodificabile.

Attraversando queste particolari porte, ed entrando in contatto con se stesso, Tim ha appunto la possibilità di sbarazzarsi del Tempo reale, acquisendo progressivamente tutta una serie di poteri che gli garantiscono di cavarsela all’interno di un universo in cui passato, presente e futuro si confondono sempre più ad ogni passo fatto dal protagonista, con tutte le stravolgenti conseguenze che vi lasciamo immaginare sulla giocabilità e sulla sensazione stessa di ritrovarsi all’interno di un ambiente più familiare di quanto si pensasse all’inizio dell’avventura.

Braid

GRAFICA E SONORO

Pur avendo completato gran parte del gioco già da diversi anni (una versione embrionale è stata mostrata durante la GDC del 2006), Blow ha deciso di stravolgerne l’allora spartano comparto grafico affidando la sua creatura alle amorevoli cure dell’artista David Hellman: dopo un intenso anno di lavoro esclusivo sul comparto tecnico (e duecento mila dollari spesi) il meraviglioso risultato finale è sotto gli occhi di tutti.

La grafica di Braid, disegnata completamente a mano ed integrata profondamente con l’avventura e persino con le azioni di Tim, è il vero e proprio canto del cigno del mondo videoludico in due dimensioni, che attraverso la lucida follia di Blow e la bravura di Hellman riacquista un posto d’onore nell’Olimpo dell’arte moderna.

Cercando di contenere i costi di sviluppo, e provando a pescare dall’immenso oceano musicale i brani più adatti alla natura atipica della sua produzione, Blow ha fatto sì che la colonna sonora di Braid seguisse “l’andamento temporale” ed emotivo dell’avventura di Tim, cercando di riflettere nel miglior modo possibile le azioni del piccolo protagonista: nelle fasi in cui il tempo va a ritroso, ad esempio, l’esecusione stessa della colonna sonora procede all’inverso, mantenendo comunque una musicalità apprezzabile (ma volutamente estraniante).

Braid

COMMENTO FINALE

Braid, ed il concept alla base di questo capolavoro, danno una severa lezione sia a tutti coloro che relegano i videogiochi ad una posizione marginale nello sconfinato universo artistico che caratterizza questi ultimi decenni, sia ovviamente a tutti gli pseudo-programmatori che si limitano ad impacchettare prodotti senza anima destinati a svanire dalla memoria collettiva senza aggiungere nulla all’esperienza e alla coscienza dei giocatori.

Essendo un’opera dell’intelletto umano, però, naturalmente anche Braid si presta facilmente alle critiche: ad esempio, la lunghezza di questa sorta di epopea interiore di Tim, di per sè relativamente corta, viene ulteriormente minata nella longevità dall’oggettiva assenza di stimoli alla rigiocabilità di una storia che, per come è strutturata, prevede un inizio ben caratterizzato ed una fine altrettanto delineata. Il viaggio che il Tim che è dentro di noi è chiamato a compiere per salvare la propria Principessa, infatti, non ammette ripetizioni, come dimostra chiaramente il Tim di Braid, la cui avventura è completamente esente da qualsiasi tipo di “Game Over” di videoludica concezione.

Nonostante questo, comunque, Braid svela le sfumature che caratterizzano l’immenso animo umano comportandosi esattamente come un prisma colpito da un fascio di luce bianca, dividendo ordinatamente tutto ciò che a prima vista assumeva una forma caotica ma omogenea: per questo, e per tutti i motivi che abbiamo cercato di illustrarvi in questa recensione, non possiamo fare altro che consigliare calorosamente l’acquisto di questa sorta di “libro di formazione” del ventunesimo secolo a tutti i possessori di PC e Xbox 360.

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