Fuel: la recensione

Dopo aver lavorato alla riproposizione videoludica di due campioni d’incassi dell’animazione cinematografica digitale come Ratatouille e WALL-E, i ragazzi della casa di sviluppo francese Asobo Studio sono stati giudicati idonei da Codemasters per portare avanti un progetto a dir poco ambizioso, ossia creare un gioco di corse arcade adrenalinico e senza vincoli “autostradali” o geografici: stiamo naturalmente parlando di Fuel.

Trovandoci a ridosso dell’uscita per il mercato PC, possiamo perciò analizzarne con calma la versione per console ad alta definizione dopo i pareri alterni espressi (a volte sbrigativamente) dalla stampa internazionale su questo promettente gioco di corse arcade targato Codemasters.

Seguiteci dopo la pausa e saprete.

LA NATURA SI SCATENA

Pur essendo solo timidamente abbozzati da una narrazione praticamente inesistente, gli eventi alla base di Fuel costituiscono il perno di tutta l’azione di gioco messa in piedi da Asobo Studio che, alla prova dei fatti, risulta più che convincente nello spiegare cosa ci ritroviamo a fare in una gigantesca regione che sembra essere uscita da un cataclisma nucleare.

L’atomo però non c’entra nulla, perchè in Fuel tutto ciò che vedremo sfrecciare a bordo dei nostri bolidi è il risultato di decenni di brutale sfruttamento del territorio da parte di una popolazione che ha completamente dimenticato le grida di dolore degli ecologisti prima e della stessa Natura poi.

Raggiunto (ed abbondantemente superato) il punto di non ritorno, l’unica scelta dei sopravvisuti alla recrudescenza dei fenomeni atmosferici provocati dal surriscaldamento globale è quella di accumulare il carburante rimasto inutilizzato: in un futuro caratterizzato da città completamente disabitate, da sconfinate foreste ridotte a deserti di legno perennemente in fiamme e da una desertificazione imperante che arriva a lambire la costa, le zone un tempo civilizzate della nazione vengono velocemente occupate da gruppi di corridori “illegali” che si contendono le poche taniche di benzina rimaste a forza di gare all’ultimo sangue senza limitazioni sul percorso.

È qui che comincia la lotta per la sopravvivenza del nostro protagonista, con il quale ci ritroveremo ben presto a scoprire sulla nostra stessa pelle che il verbo “guidare”, in Fuel, ha assunto un significato completamente nuovo rispetto a quello di qualsiasi altro gioco di corse su sterrato finora prodotto.

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BORN TO BE WILD

Esattamente come in Easy Rider, film dal quale abbiamo estrapolato il titolo della canzone di Steppenwolf per “inaugurare” questo capitolo, Fuel ci ripropone in salsa moderna quell’infinita voglia di evasione che ha caratterizzato parte della produzione cinematografica hollywoodiana tra i primi anni ’60 e gli inizi degli anni ’70: se però le attrattive di un tempo erano i vari James Dean e Marlon Brando, le esigenze videoludiche del pubblico dei giorni nostri chiedono invece agli studi Asobo e a Codemasters di ampliare a dismisura l’area di gioco di Fuel per dare sfogo al “viaggiatore hippie” che è in ogniuno di noi.

Sotto questo aspetto, la sfida lanciata alla casa di sviluppo francese non solo è stata accettata, ma è stata già vinta con l’ufficializzazione del Guinnes dei Primati che attribuisce a Fuel la maggiore estensione territoriale mai raggiunta da una produzione videoludica: ben 14.400 sono infatti i chilometri quadrati “calpestabili”, ossia liberamente esplorabili durante le gare ma anche durante la ricerca degli obiettivi secondari, delle livree dei veicoli e di ulteriori taniche di benzina.

Pur semplificata nelle meccaniche, la giocabilità di Fuel riesce a regalare un’importante e sana dose di divertimento sia durante le partite in multigiocatore, ma anche e soprattutto durante la difficile campagna in singolo, che merita di essere citata a parte per spiegarne le tante caratteristiche.

Traendo ispirazione dall’immensa varietà geografica degli Stati Uniti (il parco dello Yellowstone e il Grand Canyon, tanto per citarne due), i ragazzi di Asobo Studio hanno saggiamente suddiviso l’intera regione in 19 “mini” staterelli costituiti ogniuno dal proprio bagaglio di gare ufficiali, di sfide e di obiettivi secondari: il livello di difficoltà, scelto gara per gara, dà diritto ad un quantitativo variabile di carburante, utilizzato come valuta di scambio per comprare mezzi sempre più potenti, e di “stelle” che serviranno di volta in volta per sbloccare nuove regioni e dettagli per il proprio GPS.

Già, il GPS: perchè così come devono aver sicuramente notato coloro i quali hanno osservato in questi mesi i video di gioco riguardanti Fuel, la nuova creatura targata Codemasters manda a quel paese il Codice Stradale ed offre gare in cui, per raggiungere i vari CheckPoint, si ha sempre a disposizione un GPS che indica la strada più “sicura” ma non viene preclusa la possibilità di poter scegliere percorsi che definire “alternativi” sarebbe un eufemismo (tagliare per una foresta in piena notte è un’esperienza mistica).

Anche se poco più di un terzo del parco veicoli di Fuel odia a morte i terreni sconnessi, fidarsi sempre e solo del GPS si rivela quasi sempre una scelta sbagliata: questa caratteristica, unita a delle condizioni meteo imprevedibili, rende ogni gara una sfida contro se stessi e contro le proprie capacità sensoriali, anche se l’Intelligenza Artificiale dei piloti nemici non perderà occasione nel ricordarci quanto siamo piccoli rispetto alla vastità di una nazione in preda al caos e a bande di sciacalli senza scrupoli.

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MULTIPLAYER

A parte le sessioni in cui si è costretti a vagare per la mappa di gioco alla ricerca di livree, di veicoli nuovi, di sfide e di vedute non ancora registrate nella mappa coadiuvata dal GPS, la campagna in singolo di Fuel offre le stesse, identiche cratteristiche anche nella modalità in multigiocatore, con l’unica differenza sostanziale che risiede nell’aggressività e, soprattutto, nella fantasia di concorrenti in carne ed ossa che non formeranno mai il classico “trenino” di veicoli su strada asfaltata se possono tagliare per deserti e boschi esattamente come noi. Proprio per questo, e per le infinite scelte di percorso, durante una sessione online si avranno poche occasioni per ingaggiare scontri diretti con avversari umani, visto che il 99% dei tamponamenti porta solo a rallentare entrambi i contendenti. Fuel è un gioco nato per esaltare i corridori solitari, e il multiplayer non fa certo eccezione.

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GRAFICA E SONORO

Mosso da un motore grafico in grado di generare in tempo reale le caratteristiche grafiche di territori che si estendono a perdita d’occhio, la nuova produzione Asobo Studio e Codemasters vive però di alti e bassi che offuscano negativamente il giudizio più che positivo sulla capacità di gestione di ambienti tanto vasti. Nonostante le texture e i modelli dei veicoli siano più che convincenti, il meno stupefacente sistema particellare manda in palla il framerate durante le azioni con molte auto, camion o moto su schermo ma anche quando le condizioni meteorologiche prevedono tornado o pioggie incessanti di lapilli (realizzati malissimo, tra l’altro).

Il comparto audio di Fuel, esattamente come la grafica nel suo complesso, vive di alti e bassi difficilmente spiegabili visto il lungo periodo di sviluppo: pur avendo una colonna sonora orecchiabile che segue dinamicamente le azioni di gioco, il prodotto targato Codemasters tende ad essere ripetitivo sin dopo un’ora scarsa di gioco ininterrotto. E ciò è male, soprattutto quando si ha a che fare con un titolo che cerca di giocare contemporaneamente gli assi della concentrazione e del divertimento spicciolo.

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COMMENTO FINALE

Nato nel 2005 con il nome di Grand Raid Offroad, il progetto di Asobo Studio che ha visto la luce dei negozi qualche settimana fa nella versione per PlayStation 3 e Xbox 360 non sembra aver raggiunto la piena maturità, e a poco sembra essere servita la collaborazione coi ragazzi di Codemasters, definiti unanimemente come i più esperti realizzatori di giochi di corse arcade.

Le qualità innate di un titolo come Fuel, in grado di instillare gocce di pura Libertà nel cuore degli appassionati di simulazioni auto-motociclistiche attraverso un territorio completamente esplorabile e ricco di spunti artisticamente incredibili, cozzano irrimediabilmente contro scelte tecniche a dir poco opinabili, che vanno dalla giocabilità alla realizzazione dell’engine grafico.

Nonostante i veicoli siano quantomai vari nella foggia e nel comportamento su “strada”, i valori dei medesimi vengono completamente sfalsati da una giocabilità che premia la fortuna prima ancora che il merito, l’esperienza prima ancora che il divertimento, soprattutto in un titolo come questo in cui, al livello di difficoltà più alto, basta un singolo errore per mandare all’aria una gara snervante condotta fino a quel momento alla perfezione tra viuzze di montagna e curve a gomito che sembrano disegnate da uno folle esibizionista con irrecuperabili manie omicide (provare per credere).

Il motore fisico implementato, inoltre, mortifica qualsiasi tipo di accortezza grafica posta sulla caratterizzazione sia dei pochi tracciati chiusi (in cui vince sempre chi trova le scorciatoie “alla Diddy Kong Racing“), sia naturalmente nelle sfide aperte, con roccie dal misterioso effetto-molla, casette di lamiera che rimangono illese se colpite da monster-truck alti dieci metri e steccati diabolici che sembrano fatti di adamantio dipinto con una vernice alla kryptonite.

In ultima analisi, non ce la sentiamo di raccomandare Fuel indistintamente a tutti gli amanti di giochi di corse arcade su Xbox 360, PlayStation 3 e PC: il lavoro svolto da Asobo Studio è profondo ed è lontano anni-luce dall’essere definito un fallimento, ma in tutta onestà non possiamo che rammaricarci dell’occasione sprecata dai ragazzi della casa di sviluppo francese e da Codemasters, che avrebbero potuto rendere Fuel un vero e proprio capolavoro nel suo genere se solo avessero fatto quel debito esercizio di autocritica che rende immortale un’esperienza videoludica che altrimenti rimane “solo” godibile. Il che non è poco, ma comunque non abbastanza.

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