BioShock 2: la recensione

La brezza marina che scuote i muscoli tremolanti e intorpiditi da una lunga notte passata al gelo, le labbra screpolate, gli occhi arrossati dalla salsedine e imperlati di lacrime, gli scogli a precipizio schiaffeggiati dalle onde, e in lontananza i ruderi di un faro che, quasi miracolosamente, ricomincia ad emettere dei deboli bagliori con una costanza simile a quella di un neonato che, intonando i suoi primi vagiti, reclama con sempre maggiore potenza emozionale il suo posto nel mondo: signore e signori, Rapture è tornata.

La città utopica costruita dal visionario Andrew Ryan per sfuggire al conformismo e alle spietate regole della vita in superficie, a due anni di distanza dalla sua ultima apparizione è perciò pronta a raccontarci una nuova, straordinaria storia attraverso lo scafandro arrigginito e maleodorante di un possente Big Daddy che, esattamente come ogni “grande padre” della terraferma, è disposto a tutto pur di riabbracciare la sua amata bambina.

E allora controllate che la vostra tuta da palombaro non abbia alcuna perdita, scrostate gli ugelli che regolano la pressione del trapano, riempite d’ossigeno le bombole e cambiate il vetro protettivo del casco, ma vi prego, fatelo in fretta: nel dedalo di acciaio e sangue che saremo chiamati a percorrere in BioShock 2, la parola “pietà” è stata schiacciata dal peso di milioni di metri cubi di acqua per essere sostituita da una serie interminabile di urla strazianti e di grida di dolore strozzate.

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA RAPTURE

Come un grande teatro che riesce ad ospitare sia le commedie più leggere che i grandi capolavori drammaturgici, Rapture ha la capacità unica di mostrare al videogiocatore una serie praticamente infinita di facce artisticamente e stilisticamente distanti le une dalle altre: nonostante l’ambientazione scelta dai ragazzi di 2K Marin per sviluppare BioShock 2 sia la stessa ammirata due anni fa nel primo episodio della serie, quella che andremo a visitare questa volta è una città che offre attrattive, pericoli e peculiarità inedite.

Dal punto di vista squisitamente narrativo, infatti, ciò che abbiamo compiuto in passato nelle vesti dell’eroe sopravvissuto all’incidente aereo del primo capitolo andrà ad influenzare solo marginalmente le vicende dell’energumeno scafandrato di questo seguito, nonostante la trama cucitagli attorno come un caldo maglione abbia comunque il suo orlo più esterno nel finale “buono” di BioShock.

Perchè una città fondata da un omicida paranoico e abitata da folli persone che, liberatesi dalle “costrizioni” religiose e morali della superficie, non trovano altro modo di “elevarsi spiritualmente” se non quello di ricombinare forzatamente il loro patrimonio genetico tanto da trasformarsi in abominevoli sacche di organi decerebrate, qualsiasi sforzo profuso nel sistemare nobilmente le cose finisce inevitabilmente col fallire, esattamente come quando si cerca di tappare una ad una le falle di una nave crivellata di colpi d’artiglieria pesante.

Chi ha avuto la fortuna di giocare il primo episodio lo sa bene: anche salvando tutti gli innocenti possibili (che in questo caso sono le “sorelline”, ossia le bambine utilizzate dai “cattivi” per prelevare il materiale genetico dai Ricombinanti in decomposizione) il destino di Rapture è segnato. Liberandoci perciò di questo enorme fardello, i ragazzi di 2K Marin ci spediscono di nuovo in quell’infernale loculo grondante di odio per salvare la nostra piccola “sorellina” nei panni di un Big Daddy, prima che quest’ultima vada incontro al tragico destino di essere schiavizzata da una nuova minacciosa entità disposta a tutto pur di rimpiazzare l’ormai deceduto Ryan.

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ANNEGHIAMO I DISPIACERI NELL’ADAM

Conclusosi il prologo, il primissimo impatto con la giocabilità di BioShock 2 non è dei più simpatici: non potendo più rivivere le spettacolari emozioni che ci hanno accompagnati in passato alla scoperta di Rapture e delle malsane leggi che governano la vita di chi vi abita, tutto adesso sembra ridursi alla sola esplorazione acerba di un luogo già visitato. Probabilmente è la natura stessa del titolo 2K Marin a creare questa forte spaccatura emotiva tra chi reputa la saga di BioShock solo un discreto passatempo e chi invece lo considera uno dei progetti videoludici più sensazionali che siano mai stati realizzati, ed è proprio per questo che cerchiamo alla svelta di dimenticare la prima impressione dando così al nostro bestione di metallo la possibilità di rifarsi. Ci sarà riuscito? Scopriamo insieme.

Analizziamo la giocabilità dei due episodi cercando di individuarne sinteticamente i punti di contatto e le differenze. Sia il Big Daddy di ora che il Jack del passato, ad esempio, sono in grado di accrescere le capacità offensive (e difensive) modificando il proprio patrimonio genetico attraverso i Plasmidi (o acquistando potenziamenti sia fisici che meccanici): potendo però contare su una stazza, su un’esperienza e su una predisposizione naturale al combattimento infinitamente più accentuata del suo amico “umano”, il Big Daddy che andremo a controllare adesso è in grado di utilizzare contemporaneamente sia i Plasmidi (mano sinistra) che le armi vere e proprie (mano destra), riuscendo altresì a piegare al proprio volere il nemico di turno grazie anche ai suoi incredibili attacchi corpo a corpo.

Completamente diverso è invece il rapporto che il gigante scafandrato di BioShock 2 avrà con le sorelline che incrocierà nel corso della sua avventura tra i flutti, di natura quasi “simbiotica” prima ancora che paterna: se con Jack potevamo solamente uccidere il protettore di turno delle sorelline per avere da loro il materiale genetico necessario al potenziamento delle proprie capacità, adesso saremo in grado di stabilire una connessione profonda con le piccole cercatrici di Rapture aiutandole a carpire, per noi, l’Adam dai cadaveri dei Ricombinanti.

Nel corso di questa delicatissima operazione, le sorelline avranno bisogno della nostra protezione contro gli altri esseri deformi che, attirati dal prezioso fluido mutageno, accorreranno in massa contro di lei, ed è proprio alla fine di queste ondate che, in determinate occasioni, sentiremo riecheggiare nell’aria il grido lamentoso del nuovo, pericolosissimo personaggio che quei demoniacci di 2K Marin ci obbligheranno a contrastare, ossia la famigerata Big Sister: potente come un orso, veloce come un ghepardo e scaltra come i centrocampisti del Barcellona, la “Sorellona” è in assoluto il soggetto più pericoloso dell’intera saga, contro la quale servirà una dose massiccia di munizioni, di kit di pronto soccorso, di siringhe di Eve (un fluido genetico minore con cui ricaricare i Plasmidi) e, soprattutto, di tanta fortuna.

Big Sister a parte, l’intelligenza artificiale dei nemici minori ha subito un piccolo ma determinante miglioramento: sfrutteranno l’ambiente per coprirsi, per lanciarci oggetti, per trovare vie di fuga o persino per andare a curarsi nelle stazioni di pronto soccorso quando la loro energia raggiunge livelli critici. Altra novità principale è il sistema di hacking delle torrette e delle telecamere di sicurezza, non più basato sui mini-giochi ma su un semplice pannello metrato sul quale scorre una freccia da cliccare non appena raggiunge una zona indicata con il colore verde o, ancora meglio, con il blu. Lo stesso, identico procedimento viene adottato per aggirare tutte le stazioni di vendita di armi, di oggetti e di Plasmidi, rendendo così meno noiosa un’operazione che, in passato, più che arricchire l’esperienza di gioco contribuiva semmai a spezzare inutilmente il pathos. Discorso a parte meritano invece le tanto vituperate Camere della Vita, presenti anche in questa seconda gita turistica tra le rovine e i cadaveri marcescenti di Rapture nonostante le feroci (ed aggiungiamo noi, giustissime) critiche degli appassionati.

Alla domanda che ci siamo posti all’inizio del capitolo, quindi, non possiamo che rispondere positivamente: malgrado la struttura di gioco non abbia compiuto salti evolutivi eclatanti, le poche migliorie apportate rendono il tutto più frenetico e immediato al tempo stesso, garantendo infine una sana e duratura dose di divertimento.

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MULTIPLAYER

Dopo un primo episodio esclusivamente orientato al gioco in singolo, la componente multigiocatore fa il suo glorioso ingresso nella saga di 2K Marin grazie a questo secondo capitolo, rappresentando al tempo stesso la più grande novità del titolo e l’anello di congiunzione con il famoso predecessore.

Riprendendo la tecnica del flashback utilizzata per il prologo della campagna in singolo, infatti, con l’esperienza in multiplayer i ragazzi della casa di sviluppo californiana ci permettono di vivere in prima persona i tumultuosi eventi che hanno portato Rapture alla rovina per colpa dell’uso scriteriato e immorale che i suoi abitanti hanno fatto fino a quel momento dei Plasmidi.

Svestito il pesante scafandro del Big Daddy e indossati i sudici abiti di un Ricombinante, saremo perciò in grado di sfidare i nostri “simili” attraverso una serie abbastanza nutrita di prove su di una impalcatura mutuata direttamente da Modern Warfare (sale d’attesa simili e sistema di crescita/potenziamento del personaggio praticamente identica).

Tante (anche se non eccessivamente varie) sono le modalità multigiocatore proposteci dalla sussidiara statunitense di 2K Games: si va dal classico “Cattura la Bandiera” (che in questo specifico caso è, guarda un pò, una sorellina) ai deathmatch propriamente detti, resi però infinitamente più divertenti dalla ricchezza di scelte attuabili sul proprio arsenale e sui Plasmidi d’attacco da equipaggiare.

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GRAFICA E SONORO

La componente grafica di BioShock 2, seppure con qualche distinguo che faremo in seguito, è sostanzialmente identica a quella del precedente episodio della serie. Se da un lato possiamo riscontrare una maggiore vastità e ricchezza poligonale degli ambienti di gioco, dall’altro è doveroso ammettere che l’Unreal Engine 2,5 non riesce più a tenere il passo dei motori grafici sfornati in questi ultimi anni. Certo è che, dal punto di vista squisitamente artistico, Rapture era e continua ad essere uno dei luoghi più stupefacenti che siano mai stati realizzati in una produzione videoludica moderna, anche se le idee che hanno ispirato il capitolo precedente sembrano essere leggermente offuscate (soprattutto per quanto riguarda lo spessore narrativo o l’anima gotica e noir della produzione nel suo complesso).

Per quanto riguarda invece il reparto sonoro, l’esperienza maturata in passato da 2K Marin consente a BioShock 2 di mantenere in tutto il suo cristallino splendore il carattere ed il pathos della saga. Più di una volta vi capiterà di fermare bruscamente le vostre attività per ascoltare uno dei tanti brani anni ’30 proposti, ipnotizzati dalla estraniante bellezza di un quadro Art-Decò spruzzato di sangue o, magari, da una coppia di Ricombinanti che accenna due passi di danza davanti ad un giradischi acceso. Pregevole è anche la realizzazione del doppiaggio in italiano, nonostante non lasci filtrare il ventaglio di accenti (e di battute dall’umorismo nero) che caratterizza i dialoghi in lingua madre.

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COMMENTO FINALE

Il più grande pregio di BioShock 2 è, paradossalmente, anche uno dei suoi più evidenti difetti: la giocabilità, seppure sensibilmente migliorata sotto ogni aspetto, sembra rispecchiare più le differenze fisiche tra Jack e un Big Daddy che il risultato di un processo evolutivo sviluppatosi in questi due anni di programmazione.

Ciò che ci viene proposto adesso dai ragazzi di 2K Marin, infatti, più che il prosieguo logico di un discorso intrapreso nel 2007 è in realtà un’espansione che percorre strade narrative parallele a quelle battute da Jack due anni fa, prova ne sia il crollo qualitativo della trama di BioShock 2 rispetto agli standard cui ci ha abituati l’episodio passato.

Ovviamente apprezziamo l’implementazione della ricca componente multigiocatore, ma dovendo giudicare a freddo l’opera nel suo complesso non possiamo esimerci dall’affermare che una spinta innovatrice di più ampio respiro avrebbe permesso al titolo di raggiungere senza patemi d’animo la vetta artistica del suo genere di riferimento, senza rimanere impantanato nell’autocelebrazione di una saga che, a conti fatti, poteva definirsi più che conclusa già con il precedente episodio.

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Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Artisticamente eccelso
  • Multiplayer divertente
  • Giocabilità complessa ma immediata
  • Meno gotico e oscuro che in passato
  • Trama blanda
  • Tecnicamente datato

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