Final Fantasy XIII: la recensione

Terminata da circa due settimane l’estenuante attesa per il tredicesimo capitolo della serie Final Fantasy, in molti hanno già avuto modo di farsi un’idea su questa ennesima iterazione della fantasia finale. Difficilmente un videogioco ha in passato diviso la critica in maniera così netta, anche alla luce di un retaggio piuttosto lungo e articolato – quale è quello della saga in questione. Protrarsi in uno scritto volto ad analizzare i contenuti di questo titolo appare impresa assai ardua, quindi, ancorché non totalmente esaustiva.

Ciò perché, come spesso accade per titoli di questo genere, condensare, seppur in molte righe, un’esperienza così diluita nell’arco di parecchie ore, potrebbe quasi risultare pretenzioso. Vivere un gioco il cui fulcro centrale è la trama appare quanto mai la strada più consona. Inoltrarsi in quel mondo e lasciarsi trasportare dagli eventi, guidati da personaggi improbabili poiché, per l’appunto, fantastici. Questo sarebbe l’approccio adatto.

Ma a noi tocca il compito di dare ai nostri affezionati lettori un’opinione, fortemente ancorata ad un grado di giudizio tanto più obiettivo quanto più veritiero, al fine di instillare quantomeno il dubbio. Sì, lungo l’arco della nostra analisi è questo il proposito che ci fissiamo preventivamente: tentare di far comprendere perché, nonostante alcuni incerti limiti, Final Fantasy XIII vada comunque vissuto di persona. Noi siamo pronti, e voi?

IL DESTINO E’ PER I DEBOLI

Leit motiv dell’intera opera targata Square Enix è indubbiamente il Destino. Sì, quello con la D maiuscola; l’ineluttabile fato cui alludevano gli antichi greci; la sorte incontrastabile alla quale arrendersi poiché tanto astratta quanto potente. Quella tremenda forza invisibile contro la quale nulla può l’Uomo, e alla quale piegarsi a cagione di un’atavica impotenza. Questa è la prospettiva da cui parte il gioco.

Lightning è una giovane ragazza di appena ventuno anni, sguardo severo e tante responsabilità che pesano come macigni sulle sue spalle. E’ un soldato, e come tale conosce la disciplina e la osserva con fare quasi disincantato, come colei che fugge da qualcosa nel tentativo di sembrare forte quanto basta – o quanto la sua posizione impone. Insomma, è lei la protagonista del gioco, ma non è sola.

Cocoon rappresenta l’emblema della stabilità, un mondo di pace e prosperità in cui ognuno può trovare il proprio posto, con tanto di sorriso sulla bocca. A garante di tale stabilità c’è il Sanctum, organo supremo dotatosi di ogni sorta di potere al fine di provvedere affinché questo stato di grazia non sia passeggero. La sua infallibilità non può essere messa in discussione, poiché questo significherebbe dubitare del fal’Cie, essere soprannaturale e semi-divino al quale il Sanctum si affida ciecamente.

E’ grazie ai fal’Cie, infatti, che la vita scorre così serena e carica di gioia. Sono loro che vegliano su tutto e su tutti, dando un decisivo contributo a qualsiasi bisogno primario della gente di Cocoon. Come non fidarsi di loro?!

Il problema è che non sono i soli! Oltre al fal’Cie che regge la capitale di Cocoon, Eden, e ad altri preposti a svariati compiti, ne esistono degli ulteriori, esponenzialmente più pericolosi, il cui unico scopo è sconvolgere l’esistenza stessa di Cocoon. Sono i fal’Cie di Pulse, una sorta di inferno sottostante (ma non ditelo a Fang!), la cui perenne minaccia angoscia e terrorizza ogni singolo abitante della ridente e quasi paradisiaca Cocoon. A lungo andare emerge che è proprio questo elemento a fungere da collante: il comune avvertire Pulse, e tutto ciò che da esso deriva, come una perenne minaccia. La principale missione del Sanctum, sentita in pratica come una vocazione, è proprio quella di evitare che Cocoon venga messa a repentaglio da quel mondo.

Se ciò dovesse comportare un sacrificio umano poco importa: il bene di tutti vale molto più di quello di pochi! Ed è in questo quadro che si colloca l’inizio delle vicende narrate in Final Fantasy XIII. Nei pressi di Bodhum, soleggiata località costiera, viene rinvenuta la presenza di un fal’Cie originario di Pulse. Essendo prerogativa dei fal’Cie quello di servirsi degli esseri umani per raggiungere il proprio scopo, il Sanctum non può permettere che dei nuovi l’Cie vengano arruolati. Chi sono gli l’Cie? Semplice! Sono degli esseri umani venuti a contatto col fal’Cie ed in seguito marchiati con un particolare stemma. Da quel momento in avanti gli l’Cie hanno un compito, il cui esito decreterà il loro destino. Assolvendolo si tramutano in cristalli e viene dato loro in dono la vita eterna. Qualora non ci riuscissero, li aspetta l’amara sorte dei Cie’th, creature abominevoli che non sono stati in grado di portare degnamente a termine la propria missione.

In virtù di quanto appena esposto si comprende perché il Sanctum, spietatamente, opta per l’epurazione di tutti i cittadini di Bodhum. Gli l’Cie sono una piaga per Cocoon, i nemici pubblici numero uno. E questo terrore nei loro confronti viene costantemente alimentato dal Sanctum, il quale ordina e dispone a proprio piacimento, ammantando il proprio insindacabile giudizio di infallibilità poiché, in buona sostanza, espressione del volere del fal’Cie.

Come accade in una sconfinata sequela di opere, è il terrore instaurato da un organo supremo in vista essenzialmente di un presunto bene superiore a fungere da catalizzatore dell’intera struttura narrativa. Difficile ipotizzare così su due piedi le eventuali diramazioni di una trama che sin dalle prime battute appare complessa e carica di fascino per i temi trattati.

Anche perché, questo, altro non è che lo scenario entro il quale si svolge la vera vicenda, quella che accomuna sei amici e le loro storie. L’intero dipanarsi della trama orbita attorno al progredire di ogni singolo personaggio, ognuno con una propria indole ed un proprio passato con cui confrontarsi. Non mancano alcuni classici e quasi insormontabili luoghi comuni, questo è pur vero, ma nonostante ciò lo sviluppo e l’intrecciarsi di ogni cosa risulta assolutamente efficace.

Dalla ragazza scontrosa ed in cerca di sé stessa (Lightning), al ragazzino insicuro e assetato di vendetta (Hope). Dalla sognante e a tratti eccessivamente ottimista Vanille, all’eroe – autoproclamatosi tale – Snow. Gli altri due, Sazh e Fang, sono forse gli unici la cui figura esula lievemente da quella di non meglio precisati “personaggi-tipo”. Il primo è un padre che intraprende il suo viaggio per amore del proprio figlio – anche se detta così sarebbe lecito supporre che si tratti dell’ennesima “fotocopia”. La seconda, beh… riguardo Fang preferiamo non dire nulla o rischieremmo di svelare troppo anche solo approntando un vago accenno.

Sta di fatto che tutti avranno modo di crescere, cambiare ed evolversi col proseguire degli eventi. Come lo stesso sfondo narrativo, anche loro partono da una prospettiva per poi giungere gradualmente ad un’altra. Le indomabili indoli di alcuni di loro si adageranno fino a mutare del tutto. Il loro legame, la consapevolezza di condividere un destino comune, li farà crescere ed imparare ad aprirsi, cosa che ognuno dei sei personaggi – ognuno in diversa misura – stenta a fare in un primo momento.

Lighting, Hope, Vanille, Snow, Sazh e Fang riescono, non senza fatica ed intoppi di vario genere, a tramutare un terribile fardello in un’occasione stupenda, probabilmente l’Occasione per eccellenza della propria intera esistenza. Apprenderanno a proprie spese, provandolo sulla loro stessa pelle, quanto l’amicizia e il sentirsi uniti nella propria personale tragedia sia il crocevia migliore e al tempo stesso più impervio per giungere alla meta. E che per dare forma e senso a tale meta l’unico modo è intraprendere il viaggio, senza porsi limiti e senza sentirsi in balia di un qualcosa contro il quale è inutile combattere, perché forse nemmeno esiste.

Come avremo modo di realizzare noi stessi, la strada sarà lunga e i colpi di scena non mancheranno di certo. L’insicurezza, in certi frangenti, assolverà la funzione di motore di spinta in relazione agli eventi che seguono, fortemente influenzati dalle risolute scelte operate dai nostri compagni d’avventura. E sarà bello assistere a come l’Io di ogni personaggio farà man mano sempre più spazio alle esigenze del gruppo, il cui esito non potrà che incidere in maniera marcata sul singolo. Tutto questo, senza mai intaccare la specificità e l’importanza di ogni protagonista, il cui apporto risulta parimenti fondamentale per approdare laddove è giusto approdare.

Ci perdoneranno i nostri lettori se ci dilunghiamo in considerazioni dal tono vagamente aulico, ma questa sorta di “messaggi in codice” sono dettati dal pressante desiderio di spingervi a sbirciare voi stessi questo mondo, senza privarvi del piacere della scoperta che contrassegnerà le sessioni di coloro che intenderanno accostarsi a Final Fantasy XIII.

D’altra parte oggigiorno appare quasi anacronistico trattare temi un po’ più alti come Fede, Speranza e Fratellanza in chiave sfumatamente spirituale. Il che è un paradosso, data l’evidenza (anche storica) del fatto che simili tematiche risultino attuali sin da quando l’Uomo fece la propria comparsa in questa valle di lacrime.

In tal senso ci pare indicativo menzionare un articolo apparso su Siliconera poco tempo fa, in cui veniva proposto un sorta di indice di gradimento circa la trama di Final Fantasy XIII. A confronto c’era l’utenza giapponese contro quella americana (sintesi di quella occidentale tutta, se vogliamo). Ebbene, è emerso in maniera piuttosto nitida come certi temi risultino decisamente più nelle corde del pubblico nipponico anziché di quello “nostro”. Il redattore poneva una certa enfasi sul fatto che la cosiddetta Mitologia del Cristallo proposta in Final Fantasy XIII abbia molto a che vedere con i miti giapponesi.

Seppur questo risulta vero almeno in parte – dato una certa affinità anche con un’altra mitologia, ossia quella norrena – a nostro modesto avviso le ragioni di questo stentatissimo gradimento andrebbero ricercate più in profondità.

La nostra errata percezione di questo mezzo (il videogioco), infatti, ci impedisce di guardare un po’ più in là del nostro naso, inducendoci a credere che certe questioni qui non possano trovare residenza. Eppure ci sembra un assunto piuttosto mortificante circa le enormi ed innegabili potenzialità di cui il videoludo dispone. Ma come accennavamo poc’anzi, il “problema” è un po’ più radicato e necessita una ricerca leggermente meno superficiale.

In una società in cui bandire il sacro, o tutt’al più mescolarlo col profano, appare prassi comune, tollerare che si discuta di certe cose sembra quasi utopia. Per questo in Oriente fa maggior breccia un simile contesto, vale a dire quello che appare in Final Fantasy XIII. Perché mentalmente più aperti, loro, a recepire simili messaggi. E questo nonostante le nuove generazioni, anche in Giappone, appaiano più insensibili rispetto a quelle precedenti dinanzi a certe “investigazioni”.

Insomma, fossi Howard Beale in Quinto Potere potrei pure gridare alle masse: “In questa società senza Dio… etc. etc.”, ma poiché non è questo il mio compito, mi limito a sottolineare come in molti si sia fatto a meno di evidenziare una certa apatia nei riguardi di siffatte argomentazioni da parte del nostro pensiero dominante.

Anche questo, forse, è ciò che ha indotto i più a soffermarsi sulla “linearità” del gioco, per niente scossi da un incipit narrativo ben più profondo e meritevole d’attenzione. In mezzo a tanto rumore, nessuno che sia riuscito ad udire ciò che qualcun’altro intendeva raccontarci. Ci si è limitati alla forma – indubbiamente discutibile – senza badare in alcun modo alla sostanza. E questo è un peccato, perché Final Fantasy XIII, in mezzo a tanto frastuono emesso dalla stragrande maggioranza dei titoli presenti sul mercato oggigiorno, riesce a lasciare qualcosa, anche fosse una piccola scintilla tesa a farci ragionare su qualcosa di ben più nobile e profondo di un mero videogioco. E questo, proprio per un videogioco, ci pare un grande risultato, quasi insperato in mezzo a tanta aridità.


C’ERANO UNA VOLTA I TURNI… E CI SONO ANCORA!

Eccoci giunti ad una delle fasi indubbiamente più delicate di questa nostra lunga disamina. Il sistema di combattimento è stata una delle questioni cui quasi tutti hanno riposto estrema attenzione in fase di sviluppo del gioco. Dopo un Final Fantasy XII il cui battle system lasciò sgomenti molti dei fan di vecchia data, col suo Gambit e la sua inedita dinamicità, a gran voce venne richiesto un ritorno alle origini. Beh, come molti sapranno già, ciò non è avvenuto.

Questo però non significa che, per forza di cose, ci si debba lasciare andare a picchi assurdi e immotivati di nostalgia acuta. Il sistema presente in Final Fantasy XIII funziona, diverte ed appaga. Non si tratta di nulla di definitivo, poiché per sua stessa natura innovativo. Non mancano i turni, ma stavolta in una veste del tutto nuova.

Durante le battaglie appare infatti il classico menù a tendina mediante il quale impartire gli svariati ordini al nostro party. Attenzione però: ecco emergere la prima sostanziale differenza rispetto al passato. L’unico personaggio su cui poter esercitare il diretto controllo è il Leader; tutti gli altri agiscono di propria iniziativa.

Ma c’è di più. I nostri compagni sembrano dotati di uno spiccato senso d’iniziativa, tanto da poter essere talvolta definiti eccessivamente intelligenti. A nostro parere davvero di rado, se non quasi mai, il loro apporto risulta invasivo, ma spesso e volentieri appare determinante. Non si pensi però che tale scelta, ossia quella di manovrare un solo personaggio, sia dettata dal caso.

Il sistema di combattimento di Final Fantasy XIII è fresco, veloce ed estremamente dinamico. E’ un diverso modo di approcciarsi alla strategia nei giochi di ruolo, dove l’impartire direttive al gruppo diviene la regola, anziché rivolgersi al singolo personaggio. Qui ricorre il sistema degli Optimum.

Ma andiamo con ordine. Nel gioco sono presenti sei classi, ognuna dotata di specifiche peculiarità chiaramente. L’Attaccante dovrà dedicarsi a causare danni di natura fisica, l’Occultista di natura magica. Il Terapeuta assolve la funzione di guaritore in senso lato, mentre il Sinergista provvede a potenziare in vario modo il nostro gruppo. Infine, la Sentinella attrae su di sé l’attenzione di tutti i nemici al fine di coprire i compagni, mentre il Sabotatore si occupa di infliggere utilissimi status alterati ai nemici.

Ed è qui che entrano in gioco gli Optimum. Un Optimum altro non è che uno schieramento-tipo composto da due o tre personaggi. Ogni Optimum dispone di un proprio nome, a secondo i ruoli presenti. Qualora volessimo servirci di uno schieramento comprendente un Attaccante, un Occultista ed un Terapeuta, Peana Trionfale sarà il nostro Optimum. Se al posto di un Terapeuta avessimo bisogno di una Sentinella, allora è Attacco Delta quello che fa al caso nostro. Se invece optassimo per un strategia difensiva, l’Optimum Protezione Perenne (Sentinella, Sinergista, Terapeuta) rappresenterebbe la migliore soluzione.

In tutto esistono 21 combinazioni per le squadre composte da due membri e 56 per quelle composte da tre. Tali combinazioni, per l’appunto, prendono il nome di Optimum. Ed è impossibile anche solo provare a descrivere quali siano le più efficaci, perché ognuna di queste si adatta ad un particolare momento di ogni sfida.

Chiarito cosa sia un Optimum, torniamo al menù a tendina cui abbiamo fugacemente accennato in precedenza. Le azioni disponibili sono semplici ed intuitive. Andiamo ad elencarle in ordine: Azione Automatica (Assalto, Irruenza, Supporto etc.), Azione Manuale (Abilità), Tecniche e Oggetti.

Il primo comando è quello cui probabilmente in molti, con l’andare del tempo, faranno ricorso. Si tratta di un’azione automatica che prevede l’utilizzo delle varie abilità di classe, e a discrezione della IA di gioco. Qualora volessimo impartire l’ordine manualmente, basta andare sull’opzione Abilità ed impartire noi stessi i comandi. Le azioni da compiere possono essere tante quante sono le barre ATB (Active Time Battle) a nostra disposizione. Ogni azione comporta l’impiego di un certo numero di barre ATB, e spesso la prima opzione (ossia il comando automatico) accelera di non poco i tempi ai danni del nostro senso di libertà in ambito di direttive.

Pur pre-impostando in via automatica i comandi, ciò non significa che il nostro Leader debba necessariamente fare tutto da solo. Sì perché nella quasi totalità dei combattimenti, specie in quelli più difficili, il tempismo giocherà un ruolo fondamentale. Dopo aver premuto il tasto deputato alla scelta del comando (X o A, a secondo che si tratti di PS3 o Xbox 360), sarà possibile interrompere la sequenza di azioni entro un certo numero di barre ATB mediante la pressione di un altro tasto ancora (triangolo o Y), fino a che quest’ultime non si riempiano. Ciò risulterà determinante ai fini del buono o cattivo esito di molti scontri, perché ci permette, per esempio, di inibire un diretto nemico dal compiere una determinata azione, oppure ancora, di allontanarsi dalle zone calde del terreno di scontro, evitando così di subire danni in seguito ad azioni ad ampio raggio.

Credeteci, è molto più semplice giocarci piuttosto che provare ad illustrarlo! Basta poco per prendere familiarità con questo sistema, salvo forse sconoscere totalmente la struttura stessa di una qualsiasi gioco di ruolo. Le ultime due opzioni riguardano le Tecniche e gli Oggetti.

La prima ci è utile qualora, ad esempio, avessimo necessità di invocare un Esper o di studiare i punti deboli dei nostri nemici attraverso il ricorso alla tecnica Scan. Ne esistono delle altre ovviamente, e sono le uniche a consumare la piccola barra gialla posta sotto quella indicante i punti vita (PV) dei nostri personaggi. A differenza che in passato, infatti, per servirci della magia non avremo più bisogno dei cari, vecchi punti mana (solitamente PM). L’unico modo, quindi, per consumare questa barra – che solo vagamente ricorda quella cui abbiamo alluso poco sopra – è ricorrere a tutto quanto è contenuto nella voce Tecniche.

Per quanto concerne gli oggetti, beh, c’è poco da dire. Pozioni, Code di Fenice, Antidoti e quant’altro si trovano all’interno di questa sezione. Se cerchiamo qualcosa di simile, è lì che dobbiamo andare.

Alla fine di ogni battaglia ci viene assegnato un punteggio, sia sottoforma di stelle (da 0 a 5) che di numeri. Questo incide essenzialmente sul bottino ricevuto, o, talvolta, sui Punti Cristallo ottenuti (di cui ci accingiamo a discutere a breve). I criteri di valutazione sono in buona parte regolati dalla velocità con cui abbiamo portato a termine lo scontro, componente su cui, a sua volta, incide il ricorso alle Coltri prima di affrontare qualsiasi battaglia. Queste Coltri ci permettono di godere di alcuni piccoli vantaggi.

Con la Coltre Celante, ad esempio, possiamo cogliere di sorpresa i nostri nemici grazie ad un’Azione Preventiva, il che ci consente di riempire immediatamente la loro barra di Crisi. Altre Coltri ci premiano con degli status alterati che rendono i nostri personaggi meno esposti ad attacchi o magie di vario tipo.

Abbiamo fatto cenno alla barra di Crisi, la cui funzione è oltremodo importante. Posta in altro sulla destra, la barra di Crisi regola il livello di esposizione del nemico ai nostri attacchi. Riempirla è essenziale al fine di poter fronteggiare e sconfiggere i nostri diretti avversari, in particolar modo quelli più potenti. Per far ciò bisogna compiere degli attacchi a catena, il cui numero è volto ad incrementare tale barra fino alla sua totale saturazione. Un volta giunto in fase critica, il nemico è a tutti gli effetti in balia dei nostri colpi, la cui mole di danni inferti registra un picco davvero rilevante.

Tocca ora ai Punti Cristallo (PC). Altra introduzione di questo capitolo della serie, i PC sopperisco in tutto e per tutto alla mancanza dei punti esperienza, anzi, sono essi stessi dei punti esperienza – un po’ come successo in Final Fantasy X con la Sferografia. Chiaramente l’unico modo per guadagnare questi importantissimi punti è combattere, combattere e combattere. Una volta ottenuti, bisogna saggiamente investirli nel Cristallium. Il Cristallium regola lo sviluppo dei nostri personaggi, e lo fa a tutto tondo. Punti Vita, Punti Magia, Punti Forza, Abilità, numero di Accessori indossabili e via discorrendo, rientrano tutti nel raggio di competenza del Cristallium. Si comprende bene, allora, quanto giovi ottenere in gran numero i punti ad esso riconducibili e saperli spendere in maniera intelligente. Non all’inizio magari, forse addirittura non per i primi dieci capitoli di gioco (su 13), ma dall’undicesimo capitolo in avanti non si potrà fare a meno di lanciarsi nella pratica del “livellamento molesto”. Questo perché per allora il gioco si aprirà, saranno disponibili le prime missioni secondarie (su tutte, quelle di Caccia), e i nemici che dovremo affrontare saranno davvero degli ossi duri, spesso e volentieri anche troppo!

Ecco allora che a partire dal Capitolo 11 l’approccio al gioco deve necessariamente subire un drastico ridimensionamento. Non essendo più “vincolati” da alcun binario, il rischio di affrontare sfide ben lungi dalla nostra portata è davvero alto. Giunti a questo punto è come se la struttura di gioco si aprisse, dandoci modo di mettere in pratica tutto quanto appreso durante l’arco delle lunghe ore precedenti. In questo scenario, quindi, la linearità che ha contraddistinto l’intero ritmo del gioco fino a quel punto, fa spazio ad una maggiore libertà in termini di esplorazione.

Ogni piccola mossa adesso va ponderata, e non si può più trascurare la componente “potenziamento”, sia in relazione ai personaggi che in relazione alle armi e agli accessori. Già l’approdo al decimo capitolo segnerà un cambiamento non da poco, come la possibilità di gestire in piena libertà il proprio party e decidere chi deve assumere il ruolo di Leader. Ciò nonostante sono gli ultimi tre capitoli a fornire al giocatore quel pizzico di svago in più che, oggettivamente, manca per tutti i primi dieci capitoli.


GRAFICA E SONORO

Rilevare come si tratti del Final Fantasy più performante in termini grafici ci pare quasi banale. Anziché soffermarci allora sull’indiscutibile resa visiva in termini di mera forza bruta, ci preme un po’ di più rivolgerci all’aspetto puramente stilistico del gioco. Tanto per cominciare, ci pare che con questo capitolo la serie si sia riappropriata di una paletta di colori più sgargiante. A nostro parere Final Fantasy XII appariva lievemente più “cupo”, pur trattandosi di una produzione giapponese e quindi tendente quasi per natura a far ricorso ad una miriade di tonalità.

Vuoi per le ambientazioni, vuoi per il contesto nel suo insieme, non passa istante in cui si possa fare a meno di notare una vistosa leggiadria di colori, tutti vivaci e ricchi di un certo fascino. D’altra parte, come ravvisavamo poc’anzi, una delle prerogative dei giochi di ruolo di stampo orientale è proprio questa.

Ad alcuni potrebbe far storcere il naso lo sfondo spiccatamente cyber-punk al quale ci si è rivolti, scelta che proprio dal punto di vista stilistico ha comportato numerose conseguenze. Anzitutto – e più che in tanti altri aspetti, con ogni probabilità – sulle ambientazioni, vero elogio a questa particolare ondata che mescola elementi futuristici ad altri di fantasia. Salvo prendere un po’ di respiro non appena raggiunto il Capitolo 11, oltre a qualche vago accenno nei capitoli intermedi, questo è ciò che troviamo sostanzialmente. Si tratta di scelte, c’è chi potrebbe gradirle e chi meno. Tra le altre cose, proprio laddove disponiamo di una maggiore libertà in termini esplorativi, lo scenario muta tendendo più ad ambientazioni naturalistiche, e, ahinoi, quasi tutte uguali – a mo’ di esempio, citiamo solo la Pianura di Archylte, accessibile solo nelle fasi più avanzate del gioco.

Sul fronte sonoro, qualche riserva l’abbiamo mantenuta. Risultano infatti non pervenuti tutti quei brani orchestrali, tanto evocativi quanto azzeccati, delle passate edizioni. Sicuramente per adattare anche quest’aspetto al contesto entro cui ci muoviamo, le musiche si rifanno più a sonorità j-techno, soluzione a quanto pare apprezzata da Square Enix tutta, anche alla luce di quanto visto in titoli come The World Ends With You.

PS3 vs. XBOX 360

Qualche tempo fa abbiamo avuto modo di riportare il confronto delle due versioni del gioco, fatto ad opera di Digital Foundry. Dinanzi a tanto lavoro a noi non è rimasto altro che confrontare dal vivo le due versioni, fidandoci solo dei nostri occhi, senza l’ausilio di alcun specifico macchinario. Ad occhio nudo, le due versioni – quella su PS3 e quella su Xbox 360 – appaiono pressoché identiche, salvo qualche piccola incertezza ai danni della console Microsoft nelle scene d’intermezzo.

Nel complesso non riteniamo si possa gridare allo scandalo confrontando le due versioni, né in un senso né nell’altro. Seppur uno dei punti forti di questo titolo risieda proprio nella sua resa visiva, crediamo che i veri punti di forza siano da ricercarsi altrove. Dovessimo quindi dare un consiglio diremmo questo: se disponete di entrambi i sistemi optate per la console Sony. Diversamente, poco male: l’esperienza è ampiamente godibile anche su Xbox 360 – salvo che davvero non rechi fastidio la presenza di più dischi anziché di uno solo.


COMMENTO FINALE

Final Fantasy XIII è un titolo di transizione, o meglio, è figlio di un periodo di transizione che la serie attraversa a partire – per lo meno – da Final Fantasy X. Si capisce dunque perché molti dei fan di vecchia data potrebbero rimanere delusi da quanto proposto in questo tredicesimo capitolo.

Scendere a patti con l’idea che si ha avuto modo di maturare riguardo la Fantasia Finale rappresenterà il primo scalino da macinare per potersi approcciare serenamente a questo gioco. In un secondo momento bisognerà realizzare che una serie così longeva deve cambiare per forza di cose, e che difficilmente ritornerà sui propri passi, nonostante i continui strepiti di molti.

I meno navigati troveranno invece di che gioire dinanzi ad un gioco di ruolo decisamente alla loro portata. Anzi, oseremmo pure dire che la palese semplificazione strutturale delle meccaniche di gioco tende ad avvicinare anche i più digiuni, spingendoli, una volta portata a termine quest’avventura, a rivolgersi anche ad altri titoli appartenenti a questo genere e senza dubbio più complessi. D’altra parte anche questo era un obbiettivo che Square Enix intendeva raggiungere, ossia coinvolgere anche i più avulsi a questa tipologia di giochi.

Final Fantasy XIII tenta coraggiosamente di scardinare certi schemi ampiamente consolidati e duri a morire, per una miriade di giocatori, addetti ai lavori o addirittura sviluppatori. Lascia un po’ perplessi notare come ci si lamenti di una certa stagnazione di questo genere, salvo poi rendersi del tutto refrattari a ogni sorta di innovazione. Fatta eccezione per una struttura essenzialmente lineare per gran parte del gioco (quasi tutto), scelta dettata dal fatto di voler porre al centro di ogni cosa la trama ed i suoi protagonisti, il risultato ci sembra tutt’altro che mediocre.

Il sistema di combattimento costituisce davvero l’introduzione più felice, nonché la più riuscita. Fresco, dinamico e coinvolgente, questo nuovo modo di intendere gli j-RPG a turni ci piace eccome! Scrollatosi di dosso l’approccio più strategico e ragionato dei classici giochi di ruolo a turni, Square Enix ci fornisce una variante efficace ed innovativa. Un sistema che gode di una certa profondità e che difficilmente viene a noia. Non bastasse questa encomiabile componente, come fare a meno di entusiasmarsi per una trama così appassionante?

Lasciateci concludere così come hanno concluso dei nostri colleghi dall’anglosassone idioma, i quali hanno fatto fondo al cospicuo bagaglio di saggezza di Confucio, con questo piccolo aforisma che ben si adatta a descrivere in poche parole Final Fantasy XIII: “Meglio un diamante con qualche imperfezione, che un sasso senza alcun difetto”.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Trama davvero coinvolgente
  • Interessante introspezione sui personaggi protagonisti
  • Sistema di combattimento fresco, dinamico e innovativo
  • Struttura pressoché interamente “lineare”
  • Nonostante tutto, ci mancano le vecchie musiche

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