Yakuza 4: la recensione

Yakuza 4: la recensione

Arrivati a questo punto ci si domanda: cosa ha da dire ancora una serie che in circa sei anni ha sfornato quattro capitoli e due spin-off? In Giappone, però, per quanto strano sembri, pare che certe domande così argute lascino il tempo che trovano. Altri fenomeni, ben più consolidati (Monster Hunter su tutti), stanno lì a dimostrare che uno schema riuscito funziona a prescindere.

La saga di Ryu Ga Gotoku (titolo originale di Yakuza) non ha mai sofferto particolari crisi d’identità in tal senso. Pur attraversando proprio a metà del suo attuale cammino un cambio di generazione, il nocciolo è rimasto sempre lo stesso. Ed anche la scorza, a dire il vero, non si è rivestita di chissà quale membrana. Alla platea che ci legge è il caso di ricordare quanto poco è riuscito a racimolare Yakuza qui da noi, in termini meramente commerciali. I primi due su PlayStation 2, nonostante un prezzo “di favore”, rimasero confinati a quei pochi nippofili di professione.

Quanto al terzo, uscito su PlayStation 3, beh… alcuni si domandano ancora se sia uscito o meno. Certo che con simili premesse non è facile spianare la strada ad un quarto capitolo che, nonostante tutto, non rinnega davvero nulla del proprio retaggio. Scopriamo insieme come e perché, allora, varrebbe o meno la pena fare un giro su questo Yakuza 4.

QUATTRO EROI PER KAMUROCHO

Parlare di Yakuza omettendo l’obbligata menzione di Kazuma Kiryu rappresenta senza dubbio uno di quelli errori che nemmeno i più distratti possono concedersi. Protagonista indiscusso ed indiscutibile dei primi tre episodi, in questa quarta iterazione deve condividere il palcoscenico con altri tre personaggi. Shun Akiyama (un tizio che concede prestiti a condizioni davvero particolari), Taiga Saejima (ex-yakuza che non va per il sottile) e Masayoshi Tanimura (un giovane poliziotto dall’atipico profilo).

Sono loro quattro che ci guidano per mano lungo il dipanarsi della trama di Yakuza 4. E sì, avete capito bene: starà a voi, qualora lo desideraste, scoprire come, cosa e perché questi personaggi possono in qualche modo dirsi legati. Da sfondo abbiamo il solito, fascinosissimo e mai svilente quartiere di Kamurocho, zona che i più avvezzi a questo contesto conosceranno certamente a menadito.

Ma il quartiere che troviamo in questo nuovo capitolo ha ancora di più da offrire. Nessuno stravolgimento di sorta, sia chiaro, quanto piuttosto un ampliamento che arricchisce le nostre passeggiate nonché le nostre sessioni. I nostri amati punti di riferimento non mancano: abbiamo ancora il banco dei pegni Ebisu per racimolare grana, così come il miglior ristorante di ramen Kyushu No.1 Star. Abbiamo il centro SEGA a Theater Square; e non mancano anfratti più caratteristici come Pink Alley. Tuttavia c’è di più! Zone sotterranee e, soprattuto, sopraelevate, grazie all’aggiunta di alcune porzioni di mappa spalmate su tetti e garage del ridente quartiere.

L’appeal della stupenda area entro cui ci dobbiamo muovere emana la stessa energia che non mancava di offrire nei passati capitoli. Kamurocho, questo sì, è ancora viva! Le sue strade pulsano come il cuore di un giovane in forze, ed i suoi misteri restano avvolti da quel velo di pudore che solo un vero corteggiatore innamorato può riuscire a svelare. Sia che siamo degli avidi curiosi con l’intento di sviscerare la qualsiasi, sia che invece ci limitiamo a girovagare come ignari turisti, Kamurocho resta un posto magico.

Il patto implicito è sempre quello, però, ossia un amore spropositato per certi scorci urbani profondamente nipponici. Non si può davvero amare Yakuza, a nostro avviso, se non si viene realmente catturati dalla cornice. Questa serie senza la sua ambientazione viene meno quasi in tutto, ed è qualcosa che in tanti sembrano non aver capito o non voler capire. Yakuza 4 è l’esempio di come si possa tutto sommato relegare un dritto come Kazuma al ruolo di comprimario… purché il suolo che calpesta rimanga saldamente al proprio posto però!

CE N’E’ DAVVERO PER TUTTI I GUSTI

Le sottomissioni… aaaahhh, che bellezza! Andando a ritroso, ogni capitolo nuovo di Ryu Ga Gotoku ha manifestato un interesse sempre maggiore, da parte degli sviluppatori, relativamente a questo specifico aspetto. E, diciamocelo pure, il livello di grottesco raggiunto di volta in volta è stato proporzionale a tale interesse. In Yakuza 3 il sottoscritto ricorda ancora con un pizzico di nostalgia la missione in cui Kazuma si ritrovò a dover seguire i consigli di un’attempata signora al fine di reperire degli sconosciuti ingredienti tipici di Okinawa. A pensarci bene, ci sarebbe di meglio (o peggio, a secondo), ma non è questo il punto.

La trama rimane pur sempre un ottimo incentivo per progredire in Yakuza 4; questo è rimasto. Ma l’impressione, adesso, è che la mole di roba da fare abbia davvero raggiunto i massimi storici. Il bello è che ogni personaggio introdurrà una specifica serie di subquest, tutte (chi più, chi meno) impegnative, non tanto a livello di difficoltà quanto a livello di tempo richiestoci per il loro completamento.

Nel capitolo precedente trovammo apprezzabilissima l’introduzione, per esempio, dei contratti attraverso cui “ingaggiare” malviventi (ovviamente pestandoli). Qui, invece, una singola menzione rischierebbe di mettervi fuori strada, facendovi pensare che il tutto si riduca a poche cose. Ed invece no! Intanto, componente sottratta a Yakuza 3, il club delle hostess c’è, e l’impegno richiesto è pari ad un gioco di ruolo. Molto basilare, certamente ripetitivo… ma vi sfidiamo a portare tutte le vostre bellissime donzelle al massimo livello! No, sul serio! Non tanto perché richieda chissà quale abilità (avremo o no un minimo di buon gusto in fatto di vestiario, trucco e amenità simili in una donna?); il problema è che si tratterebbe di dedicare davvero troppo tempo a questo singolo aspetto, a nostro parere alienante.

Ma, in fondo, è così in relazione a buona parte delle possibilità che Yakuza 4 ci offre sul fronte missioni secondarie. Se non sono le protagoniste, è fuori discussione che la loro presenza stavolta rappresenti qualcosina in più del semplice optional. Un tempo ci si dedicava a certe cose giusto per incrementare la propria esperienza al fine di sbloccare quella determinata combo tanto figa quanto fine a sé stessa. Ora non sarebbe affatto strano trovarsi nella situazione di dover svolgere una mansione importate ai fini della storia ed accantonarla per… che so? Cercare ancora una volta lo scatto perfetto da mandare a Mack.

L’incentivo, anche qui, non è il solo e legittimo divertimento. Da semplice passatempo, certe missioni si trasformano in veri e propri mezzi di accrescimento fisico-spirituali (che paroloni!), nel senso che ampliamo il ventaglio di abilità del nostro personaggio. Cose non del tutto estranee in passato, certo, ma probabilmente in misura limitata. Alcuni, però, potrebbero obiettare che il basso livello di sfida offerto talvolta renda il tutto un po’ vano. Al che avremmo poco da ribattere, se non… continuate a divertirvi, nonostante tutto!

OSSERVA CHE SCAZZOTATA!

Inutile girarci intorno. Se non intende nascondervelo Toshihiro Nagoshi, perché mai dovremmo farlo noi?! In Yakuza 4 ci si devasta di legnate. Il succo del gameplay si risolve sempre in questo passaggio base. Sì, magari è possibile ritrovarsi a dover reperire informazioni, a fare gli splendidi in giro e via discorrendo… Ma se non meniamo come fabbri i malcapitati di turno possiamo dimenticarci di sapere cosa succede “dopo”.

Lo accennavamo poco sopra: uno dei più grandi pregi di questa saga è probabilmente uno dei suoi più grandi difetti. Ogni capitolo reca impresso un marchio indelebile, che rende tutti se non identici, senza dubbio molto simili. E’ così, prendere o lasciare. In SEGA non fanno sconti da queste parti. Un picchiaduro a scorrimento con elementi da RPG consumato, d’altronde, esercita un fascino difficile da scalfire per il pubblico verso cui è diretto tale prodotto.

L’unico biasimo (che per noi, in tutta sincerità, non ha inciso così tanto) è da rintracciare nell’eccessiva facilità della maggior parte degli scontri. I combattimenti “ostici” si contano sul palmo di una mano, nonostante il livello da noi scelto non fosse affatto il più basso. Tuttavia certe considerazioni le esterniamo prendendo in considerazione i predecessori, attraverso il cui esame si evince questo marcato abbassamento del livello di difficoltà.

Mosse, combo et similia non mancano, ma in linea di massima il sistema è rimasto pressoché invariato. Molti lamenteranno, in parte a ragione, proprio questo eccesso di fedeltà a Yakuza 3, sia in termini tecnici che in termini grafici. Seppur non si potrebbe dare torto a certe prese di posizione, una valutazione così negativamente netta ci sembra ingenerosa. Sapevamo già alla vigilia che sarebbero sorti due partiti: i delusi (perché per loro è sempre la stessa solfa) e gli entusiasti (perché squadra che vince, ogni tanto, davvero non si tocca). Noi apparteniamo alla seconda categoria, e lo diciamo apertamente.

Specie sul comparto grafico, i lavori appaiono ridotti all’osso. Per quanto abbiamo avuto modo di appurare, non si avvertono nemmeno quelle semplici limature che sarebbe lecito attendersi, senza però pretenderli. D’altro canto il salto ci fu già col terzo episodio, e alla luce dello sviluppo ravvicinato di questo suo successore, aspettarsi davvero una nuova veste grafica ci sembra un attimino pretenzioso. Si tratta di accettare un compromesso, come ce ne sono sempre stati. E poi, fosse questa la stella che fa brillare la costellazione di Ryu Ga Gotoku… ma così non è.

COMMENTO FINALE

Yakuza 4 non scava alcun solco inesplorato. Forte del proprio passato, conferma buona parte dei capisaldi che hanno reso questa serie ciò che è. Se da un lato ci sentiamo di incoraggiare ogni buon possessore della console Sony a procedere con l’acquisto, dall’altro dobbiamo per forza di cose scontrarci con una realtà dei fatti leggermente più “severa”. In altre parole, chi non ha gradito fino ad ora nessuna iterazione di Ryu Ga Gotoku, non cambierà certamente opinione adesso. Chi non vi si fosse mai accostato, invece, potrebbe essere attraversato da sensazioni contrastanti.

Non ci sembra opportuno consigliare a cuor leggero di cominciare il proprio viaggio in questo mondo proprio a partire dal quarto capitolo. E i motivi sono sostanzialmente da ricercare nel fatto che tutto ciò che lo ha preceduto ha, a suo modo, costruito un contesto, che passo dopo passo si è impreziosito di piccole chicche, talvolta impercettibili. Senza contare che, qualora non si fosse capito, Yakuza 4 non può certo dirsi un titolo carico d’innovazione. Graficamente, per quanto gradevole, non brilla per prestazioni. Quanto alla componente relativa al gameplay… anche qui gran parte dei neofiti potrebbero storcere il naso per via di un sistema senza dubbio divertente, ma che potrebbe risultare a tratti ripetitivo. In più, è bene sottolinearlo, si tratta di un gioco interamente in inglese con doppiaggio in giapponese. E’ evidente che per molti questo elemento potrebbe rappresentare una discriminante non da poco ai fini dell’acquisto.

A tutti gli altri, che dire? Cari amici, Yakuza 4 è la naturale prosecuzione della serie. Non è un’evoluzione in senso stretto, certo. Tuttavia di carne al fuoco ce n’è parecchia, e se avete amato i precedenti capitoli, questo è indiscutibilmente il gioco che fa per voi. Nel suo piluccare da più parti alcune delle proprie componenti chiave, Ryu Ga Gotoku ha il non indifferente merito di aver creato un proprio stile, unico e al tempo stesso riuscito. Qualora rientraste in quest’ultima categoria, dunque, farselo scappare non renderebbe giustizia nemmeno alla vostra decisione di acquistare un PlayStation 3.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Fedeltà alla serie rimasta pressoché intatta
  • Cospicua mole di roba da completare
  • Kamurocho è come il vino: migliora “invecchiando”
  • Un po’ stantio in alcune meccaniche
  • La barriera linguistica rimane un grosso limite per tanti

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