David Cage: "nessuna scena forte in Heavy Rain è gratuita" - commenti a margine


L’annosa questione si ripropone con costante ciclicità. Data l’imminente uscita, tocca a David Cage dire la sua riguardo Heavy Rain. Probabilmente, potrebbe obbiettare qualcuno, Cage si è bagnato prima di piovere stavolta, ma se anche fosse vero è interessante sentire cosa abbia da dire.

Quando scrivi qualcosa o sviluppi qualcosa come Heavy Rain non lo fai per i giornali. Non stai lì a pensare cosa i censori penseranno di ciò che hai scritto, perché altrimenti non faresti mai nulla.

Questa è la prima frecciatina lanciata a chi di dovere, ma è chiaro che il discorso non possa esaurirsi qui. Sì perché, a nostro modo di vedere, ce n’è pure implicitamente per l’altra frangia, quella di coloro che difendono a spada tratta la “non-censura” senza se e senza ma.

Il gioco non è scioccante per il semplice gusto di essere scioccante. Ci sono alcune scene forti più avanti nel gioco, ma non c’è mai del sesso per il puro gusto di proporlo, e stessa cosa vale per il sangue e la violenza. […] Niente è gratuito e penso che tutto ciò contribuisca alla narrazione nonché al coinvolgimento emotivo del giocatore.

Insomma, affermazioni che dovrebbero essere scontate ed invece non lo sono. Ma a questo punto mi sento in dovere di proporre anch’io il mio modestissimo punto di vista sull’intera questione, fornendo a me e a voi lettori alcuni brevi spunti su cui riflettere. Ma tutto questo dopo la pausa.

Se è facile essere d’accordo con Cage su quanto da lui espresso, meno agevole risulta comprendere le reali motivazioni alla base di questo consenso. Un esempio che mi viene in mente così su due piedi è quello relativo alla demo di Dante’s Inferno.

Mettiamo da parte ogni mera valutazione di carattere tecnico, la mia non è una recensione. Ma chi ha giocato la demo rilasciata qualche tempo fa, avrà avuto modo di scorgere la figura di Beatrice. E se anche non si fosse accorto di lei, di sicuro non sarà rimasto indifferente alla sua bella terza tendente alla quarta messa in mostra dagli sviluppatori.

Ebbene, questo è un esempio di scena “condannabile”. Sento già i latrati di molti, tolti i più giovani riguardo i quali tale reazione non fa testo – non è passato molto tempo da quando io stesso soffrivo di sbalzi ormonali sopra le righe e acne giovanile a go-go. Ma non è la vista di due seni nudi a dover far storcere il naso, bensì la loro apparizione in maniera del tutto decontestualizzata.

Alcuni mi diranno che si tratta solo di una demo e che è presto per approntare simili argomentazioni. Ma io rispondo: “Come integrare con l’incipit narrativo un simile episodio, che risulta palesemente gettato lì per attrare in modo del tutto fine a sé stesso, di grazia?”

Ma non intendo puntare il dito su un gioco che ancora non è nemmeno uscito, perciò torniamo un attimino in carreggiata e soffermiamoci sul tema principale. Al momento non ho idea di che rating abbia ricevuto o riceverà in Europa Heavy Rain, ma in USA l’ESRB sembra essere stato un po’ più clemente ed aver riservato un ‘Mature‘ al gioco.

Anche qui sorgono delle incongruenze. In Fahrenheit – l’ultimo titolo di Quantic Dream uscito nel 2005 – era presente un mini-gioco accessibilissimo a chiunque e molto simile, per non dire identico, al tanto denigrato Hot Coffe di GTA: San Andreas. Solo che nel caso del titolo Quantic Dream non serviva smanettare come in quello Rockstar per fare “su e giù” col proprio alter-ego virtuale. Si trattava di una vera e propria sequenza sbloccabile.

Morale della favola? San Andreas si becca un +18 perché famoso e rinomato da fare invidia, mentre Fahrenheit un semplice +16 perché emerito sconosciuto, sviluppato da un team che all’attivo aveva “solo” un certo Omikron: The Nomad Soul (no, non si mangia!).

Probabilmente chi dovette affibiare la valutazione dei contenuti si accontentò di sapere che Lucas Kane (protagonista di Fahrenheit) era un pover’uomo che doveva semplicemente salvare il mondo, per l’ennesima volta, da una non meglio precisata “minaccia”. Si fermarono alla scorza, e quello bastò.

Ma sapete cosa mi dispiace di più? Che stessa cosa fecero i videogiocatori, che persero un’altra occasione per crescere e poter dire la loro. Di poter smentire tutti questi organi pseudo-regolamentati che partono da presupposti condivisibilissimi, quasi nobili, per poi perdersi nel più classico dei bicchieri d’acqua.

Ma se non siamo noi i primi a lamentarci di certe cose “gratuite”, sciatte e volgari, con quale diritto e quale credito abbiamo poi il coraggio di lamentarci della “censura”? Ci rendiamo conto ad essere noi i primi ad auto-censurarci quando gridiamo “a lupo a lupo” con chi quantomeno ha l’attuenuate di non essere per nulla interessato a questo settore?

via | CVG

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