Borderlands: The Pre-Sequel - la recensione

Riparte la sfida dei Cacciatori della Cripta! Blogo recensisce per voi l'ultimo sparatutto a mondo aperto di Gearbox Software e 2K Australia
Borderlands: The Pre-Sequel - la recensione
Riparte la sfida dei Cacciatori della Cripta! Blogo recensisce per voi l'ultimo sparatutto a mondo aperto di Gearbox Software e 2K Australia

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Proposto ai milioni di appassionati che non vogliono aspettare gli anni che ci separano dal lancio del terzo capitolo della saga dei Cacciatori della Cripta, Borderlands: The Pre-Sequel è un “episodio ponte” che getta le basi per il futuro della serie scavando a ritroso nel tempo per ripercorrere gli eventi che hanno portato all’ascesa al vertice della Hyperion di quello psicopatico mascherato che risponde (a suon di pallottole e di imprecazioni) al nome di Jack il Bello.

Sulle spalle di questo titolo sviluppato dai ragazzi di 2K Australia con la collaborazione esterna dei Gearbox Software, creatori della serie, grava però il peso delle speranze dei fan e della consapevolezza di essere uno degli ultimi videogiochi su console a vedere la luce esclusivamente sulla vecchia (ma ancora popolarissima) generazione di piattaforme Xbox e PlayStation.

Le oltre 30 ore di gioco (metà in singolo su PC, l’altra metà tra cooperativa online e locale su Xbox 360) che abbiamo passato in compagnia degli eroi di Borderlands: The Pre-Sequel ci hanno restituito l’immagine di un progetto solido e divertente ma molto, molto debole sul fronte dell’originalità e dell’innovazione delle meccaniche di gioco, così come proveremo a spiegarvi in maniera esaustiva nel corso della recensione che vi proporremo quest’oggi non prima, però, di riassumere gli argomenti principali che tratteremo nella nostra analisi attraverso questa comoda scheda voto:

COSA CI PIACE

Bello da soli, splendido in co-op

In maniera del tutto analoga ai precedenti capitoli della saga, Borderlands: The Pre-Sequel poggia saldamente le sue fondamenta sulla cooperativa e sulla capacità, da parte degli utenti, di inserirsi nella partita di un proprio amico in qualsiasi momento dell’avventura e a prescindere dai differenti livelli raggiunti dai rispettivi personaggi. L’ultima fatica di 2K Australia, infatti, ha nella condivisione dell’esperienza di gioco la sua vera ragion d’essere: il sistema di respawn e di recupero dell’energia nei frangenti di “Lotta per la Sopravvivenza”, ad esempio, premia il gioco di squadra ed evita agli utenti un game over prematuro causato, il più delle volte, dal numero di nemici da affrontare e dalla loro distribuzione sulla mappa di gioco più che dal loro effettivo livello di bravura. L’omogenea distribuzione delle abilità di classe capaci di garantire bonus multipli per l’eroe impersonato e per i suoi compagni, inoltre, non fa che accentuare la vocazione “collaborativa” di un titolo che, come in passato, continua ad obbligare i Cacciatori della Cripta a scendere a compromessi per spartirsi il bottino in maniera equa, quasi fossero i membri di un’affiatata banda di rapinatori di diligenze.

L’assenza di una modalità multiplayer competitiva trova così una valida giustificazione nella natura stessa di una campagna principale profondamente ancorata alla cooperativa, sia essa in rete o in locale tramite schermo condiviso (funzionalità, quest’ultima, presente solo nelle versioni da destinare all’utenza di PlayStation 3 e Xbox 360).

Nello spietato universo sci-fi di Borderlands: The Pre-Sequel, infatti, il proverbio “meglio soli che male accompagnati” viene completamente rovesciato per lasciar spazio alla cruda consapevolezza che tutto, all’interno della dimensione di gioco, rema contro gli utenti che decidono di affrontare l’avventura senza ricevere alcun “aiuto esterno”. All’ombra del gigantesco satellite geostazionario che orbita attorno ad Elpis, chi sceglie di intraprendere il cammino in completa solitudine perde gran parte del divertimento e si ritrova obbligato a seguire percorsi decisamente meno “liberi” di chi, stando in gruppo, può adottare strategie diverse contando sul prezioso appoggio dato dai suoi compagni.

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Gameplay ricco e divertente

Scegliendo di ambientare l’intera avventura sulla luna di Pandora, Elpis, gli autori di 2K Australia e Gearbox Software riescono ad evolvere in maniera evidente alcuni degli aspetti principali delle meccaniche di gioco che hanno contraddistinto i precedenti capitoli della saga: la ridotta gravità degli scenari lunari, infatti, dà a ciascun personaggio del Pre-Sequel la possibilità di compiere degli enormi balzi grazie ad un jetpack con retrorazzi alimentati a ossigeno, lo stesso ossigeno con cui dovremo rifornirci costantemente e al quale dovremo attingere nelle escursioni esterne per respirare tra un avamposto e l’altro, tranne ovviamente per Claptrap che, bontà sua, non dovrà piegarsi a questa insulsa necessità biologica (!!!).

Sempre alla decisione di allontanarsi da Pandora per ambientare la storia su Elpis – e successivamente all’interno del gigantesco satellite geostazionario della Hyperion – vanno poi ricondotte le altre felici innovazioni al sistema di movimento e combattimento rappresentate dalla rimodulazione delle armi incendiarie (in virtù del fatto che il fuoco non può propagarsi in ambienti senza ossigeno), dall’aggiunta dei fucili laser (l’arma standard in dotazione ai criminali e agli sciacalli che si nascondono su Elpis) e, ultimo ma decisamente non per ordine di importanza, dall’introduzione degli effetti elementali di tipo “glaciale”, con fucili mitragliatori e pistole in grado di congelare all’istante il nemico di turno.

Per essere uno spin-off realizzato con una frazione del budget a disposizione dei Gearbox Software nello sviluppo dei due episodi maggiori di Borderlands, quindi, questo Pre-Sequel dimostra di essere un titolo valido, con un combat system divertente e un processo di evoluzione delle armi e dei poteri davvero ben strutturato (merito, in questo caso, del modulo a generazione randomica che si occupa di plasmare armi ed elementi di equipaggiamento con milioni di combinazioni possibili tra perk di classe, capacità elementali, skin aliene, caricatori bizzarri e bonus vari alle statistiche).

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Longevo e impegnativo

La particolare progressione dei livelli, delle missioni principali e delle attività secondarie di Borderlands: The Pre-Sequel estende a dismisura la longevità di un titolo che, senza contare le sessioni puramente esplorative e la ripetizione della storia con la modalità New Game Plus, può offrire dalle 25 alle 40 ore di gioco effettive prima di giungere ai titoli di coda.

Marchio di fabbrica dell’intera serie, l’evoluzione asimmetrica dell’avventura del Pre-Sequel fa leva sulla curiosità degli utenti e sulla necessità di acquisire punti esperienza e armi di livello superiore per proseguire nella linea narrativa principale ed avere qualche speranza di sopravvivenza contro gli avversari più ostici: per questo, e per la specifica “modularità” dei livelli e delle relative missioni da affrontare, il livello di difficoltà del titolo oscilla in misura direttamente proporzionale al tempo che si è disposti a spendere per superare tutte le attività secondarie delle zone in cui è suddiviso il mondo di gioco.

La netta suddivisione delle classi dei quattro Cacciatori della Cripta impersonabili e dei bonus offerti da ciascuna tipologia di arma, oltretutto, contribuisce ad innalzare e ad abbassare ciclicamente il livello di difficoltà in base alla tipologia e al numero di nemici da affrontare, ma anche alla grandezza della squadra e all’affiatamento tra i vari membri del gruppo. In linea di massima, quindi, chi cerca una sfida davvero impegnativa non ha altra scelta se non quella di affrontare il gioco rigorosamente in singleplayer, dedicandosi solo ed esclusivamente alle missioni della campagna principale.

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COSA NON CI PIACE

Trama appena abbozzata

La trama non è mai stato uno dei punti di forza della serie di Borderlands, e il Pre-Sequel non costituisce di certo un’eccezione: sconclusionata, diluita in un mare di ovvietà e di missioni-riempitivo che non aggiungono nulla al pathos scenico e all’immedesimazione, la narrazione di quest’ultima fatica sci-fi targata 2K Australia spezza l’azione di gioco con dialoghi inutilmente lunghi tra personaggi senza carisma, ivi compreso l’onnipresente Jack.

Sin dai primi istanti dell’avventura si avverte netta la sensazione che la storia, per come è stata scritta e per come ci viene proposta nel corso della campagna principale, serva solo ed esclusivamente a rendere ancora più imprevedibile e “precaria” la situazione vissuta dai quattro Cacciatori della Cripta impersonabili e dall’utente che, dall’altra parte dello schermo, si ritrova costretto a fare fronte a un campionario di follia che spazia dai mici impertinenti ai robot smemorati, dalle intelligenze artificiali dislessiche agli hot dog razzisti (esatto, hot dog razzisti!).

Ciò che manca davvero in questo Pre-Sequel, però, è un eroe dalla potenza espressiva analoga a quella del primissimo Claptrap e del crudele Jack il Bello affrontato nel secondo episodio della serie, ossia un protagonista – o un semplice gregario, come nel caso del robot-maggiordomo più insolente e famoso della serie CL4P-TP della Hyperion – capace di entrare nell’immaginario videoludico collettivo con battute ad effetto e scene indimenticabili.

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La scarsa varietà dei livelli

Delle esotiche ambientazioni con mostri alieni, grotte luminescenti e architetture insolite promesseci dagli sviluppatori all’annuncio della scelta della luna di Pandora, Elpis, come scenario digitale in cui ambientare i livelli del nuovo Borderlands, nella versione finale del Pre-Sequel non vi è rimasta praticamente alcuna traccia. La maggior parte del tempo di gioco, purtroppo, la si passa in claustrofobici corridoi di complessi industriali che offrono una limitata scelta di aree da esplorare e un numero ancora più esiguo di luoghi nascosti con tesori segreti da depredare.

I biomi “naturali” di Elpis, ossia le aree open-world di collegamento tra una stazione spaziale e l’altra, si contano sulle dita di una mano e si distinguono unicamente per il diverso colore predominante delle rocce e per la grandezza della stazione orbitante della Hyperion visualizzabile sullo sfondo. Tutto il resto, dalla tipologia di nemici e di creature da affrontare alla conformazione delle strutture architettoniche e geologiche, si ripete per tutta la durata della storia ad eccezione di un paio di aree che, come l’hub cittadino di Concordia e i settori della Helios ancora in costruzione, propongono una blanda ma efficace variazione sul tema dei complessi industriali sci-fi che segue sottotraccia tutto il titolo. Le differenze rispetto alle ambientazioni di Borderlands 2, da questo punto di vista, sono evidenti e rendono ancora più amara la decisione assunta dai designer di 2K Australia di non approfittare della libertà creativa offerta da Elpis per mandare a briglie sciolte l’immaginazione.

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Troppo poco innovativo

L’introduzione dell’ossigeno per i respiratori automatici e i jetpack, dei livelli a gravità ridotta, degli effetti elementali di congelamento, delle armi laser e delle abilità di classe con bonus “condivisi” tra i diversi membri della squadra di Cacciatori della Cripta non è sufficiente a garantire quella freschezza e quell’originalità richiesta a uno spin-off di Borderlands che, come il Pre-Sequel, avrebbe dovuto osare maggiormente sganciandosi dalla formula originaria per sperimentare formule inedite (come quella che stanno percorrendo i Telltale Games con Tales from the Borderlands).

L’omogeneità dei livelli ambientati sulla luna di Elpis e gli strumenti impiegati dagli sviluppatori per strutturare l’evoluzione del personaggio e delle missioni a immagine e somiglianza degli episodi passati, piuttosto, danno al Pre-Sequel l’immagine di un’espansione “mancata” che sarebbe potuta comodamente rimanere nell’alveo dei DLC post-lancio di Borderlands 2, magari in una versione più “concentrata” con attività secondarie meno ripetitive, scenari più dettagliati, una narrazione meno contorta e personaggi maggiormente caratterizzati.

Se Gearbox Software, 2K Australia e i produttori di 2K Games non volevano sganciarsi dall’esperienza di Borderlands 2, allora tanto valeva rimanere in quell’ambito, proporre il Pre-Sequel come una semplice espansione e risparmiare le energie creative per le innovazioni da apportare con il terzo capitolo della saga.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Come ogni spin-off che si rispetti, anche il Pre-Sequel di Borderlands ha la capacità di amplificare i pregi e i difetti principali della serie maggiore, ed è esattamente questo il motivo che ci spinge ad analizzare il progetto osservandolo attraverso una duplice lente: la prima si focalizza sul passato glorioso di questa serie e loda gli sforzi profusi da 2K Australia per dare forma a un episodio ponte capace di incontrare i gusti e le esigenze degli appassionati di lunga data servendosi del patrimonio di esperienza maturato in questi anni dai Gearbox Software. La seconda, invece guarda al progetto come ad un mero riempitivo che non aggiunge nulla all’epopea dei Cacciatori della Cripta e che, anzi, ne svilisce gli elementi fondanti delle meccaniche di gioco piegandoli alle logiche di mercato e ad una ripetitività sterile e fine a se stessa.

Ben lontano dall’essere quel capolavoro di gameplay che ci saremmo aspettati di giocare ripensando a quanto di buono ci è stato offerto da Randy Pitchford con i capitoli ambientati tra le dune dell’infuocato deserto di Pandora, Borderlands: The Pre-Sequel rimane pur sempre un valido passatempo che sa regalare attimi di puro divertimento, specie se affrontato in compagnia di uno o più amici. Un titolo leggero e pesante al tempo stesso, che richiede una certa familiarità con le formule della serie per poter essere apprezzato appieno: a chi si affaccia per la prima volta a questa saga, quindi, consigliamo di ritornare su questo controverso Pre-Sequel solo dopo aver lanciato il guanto di sfida a Jack il Bello nell’avventura principale del secondo capitolo e, prima ancora, agli spietati profanatori di cripte eridiane dell’episodio originario.

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