Fable III: la recensione

Il terzo episodio della più recente fantasia di Peter Molyneux è ormai uscito da qualche tempo, ma non abbiamo certo dimenticato di dedicargli il giusto spazio sulle nostre pagine virtuali. Quella di cui stiamo parlando è una saga che ha messo a dura prova la pazienza e la fiducia dei giocatori, principalmente a causa delle mirabolanti promesse fatte dal suo creatore senza essere effettivamente in grado di mantenerle.

Molyneux è sempre stato un visionario gravido di idee, capace di immaginare tante di quelle meraviglie da fa sognare milioni di giocatori dopo ogni intervista da lui rilasciata. Il primo Fable si rivelò un gioco piacevole, divertente, ma anche dannatamente limitato, soprattutto se confrontato con ciò che “sarebbe dovuto essere”.

Fable II, dal canto suò, cercò di espandere la formula di gioco originale grazie anche alle capacità tecniche delle console dell’attuale generazione. L’esperienza del primo episodio era stata ampliata sotto ogni punto di vista, ma nonostante questo le aspettative iniziali vennero ancora una volta disattese. Anche rispetto ad altri titoli attualmente in circolazione, Fable II era eccessivamente circoscritto, semplice e privo dello spessore che ogni giocatore avrebbe desiderato. Come saranno andate le cose, con Fable III? Continuate a leggere per scoprirlo.

Una nuova era

Come da tradizione per la serie, il terzo capitolo di Fable porta il giocatore in una nuova epoca, completamente diversa rispetto a quella dei due episodi precedenti. I colori tenui e gli splendidi tramonti che avvolgevano la Albion fantastica e surreale di Fable e Fable II sono scomparsi per sempre, per lasciare spazio a una grigia e fumosa età industriale, fatta di fabbriche, macchine infernali, moschetti e complotti politici.

La nuova caratterizzazione è qualcosa di incredibile, e trasuda passione da ogni singolo poligono. Gli abiti, il modo di parlare degli abitanti, le strutture architettoniche…ogni più piccolo dettaglio è stato studiato con un’attenzione che difficilmente può essere trovata negli altri gdr “in costume” attualmente in circolazione. la meraviglia che a ogni passo abbraccia il giocatore, inoltre, è ulteriormente favorita dal tappeto di ricordi costruito da Molyneux e dai ragazzi di Lionhead con i due capitoli precedenti.

Percorrendo le strade di Albion, infatti, capita spesso di imbattersi in scorci di paesaggi piacevolmente familiari, trasformati dall’industrializzazione selvaggia, ma che comunque conservano ancora l’ombra del proprio splendido passato. Per chi ha affrontato le avventure di Fable e Fable II, questo dettaglio è una sorta di tesoro nascosto, la migliore delle ricompense che il team di sviluppo ha voluto offrire a coloro che hanno seguito con costanza l’evoluzione di Albion.

Le immagini di Fable III

Addio interfaccia

Fin dalle prime battute di Fable III ci si rende conto di quanto Molyneux abbia lavorato per snellire l’esperienza di gioco, privandola di tutti i menu che rallentavano inevitabilmente lo scorrere dell’avventura. Ogni singolo elemento ora si evolve e cambia sotto gli occhi del giocatore, che pur non dovendosi più preoccupare di navigare attraverso decine di menu a tendina, è in grado di tenere perfettamente sotto controllo ogni dettaglio di Fable III.

Questa svolta interessante, però, sfortunatamente va a toccare uno degli elementi storici della serie: la possibilità di esprimere liberamente le proprie emozioni di fronte ai bizzarri abitanti di Albion. Mentre in passato si poteva scegliere senza alcun tipo di limitazione quale espressione usare di fronte alla folla (a patto di averla precedentemente sbloccata), ora è il gioco stesso a suggerire un numero limitato di alternative, andando di fatto a mettere un paletto sgradevole alla libertà di azione tipica di Fable.

Libertà condizionata

Il fatto che Fable III si prenda la responsabilità di selezionare per noi le possibili opzioni de usare durante i rapporti con il prossimo, comunque, non riduce più di tanto il senso di libertà che il gioco è ancora in grado di offrire. Una volta avviata la partita e affrontate le prime quest obbligatorie, l’esperienza si apre, offrendo al giocatore la possibilità di scegliere come affrontare ogni singolo istante dell’avventura.

Anche questa volta si può scegliere se percorrere il cammino dell’eroe puro e tutto d’un pezzo, oppure quello del folle maniaco omicida. Si possono stringere matrimoni (tradizionali oppure omosessuali), avere figli, adottare bambini, commettere brutali omicidi senza alcun motivo, acquistare negozi, comprare intere case per poi affittarle, oppure mettersi alla prova con uno dei tanti lavori disponibili.

Sotto questo punto di vista, come potete vedere, Fable non è cambiato di una virgola, e mantiene ancora intatto tutto il fascino che in passato ha permesso ai giocatori di divertirsi e scatenarsi attraverso le lande di Albion. La formula storica, però, è ora arricchita dalla possibilità di esplorare luoghi mai visti prima d’ora nell’universo di Albion (con tanto di abitanti ben caratterizzati), e di veder crescere assieme al proprio personaggio anche le armi, che si evolvono a seconda dello stile di gioco del giocatore.


Re per un giorno

La novità più interessante introdotta dai ragazzi di Lionhead in Fable III, comunque, è quella legata alle scelte morali messe completamente nelle mani del giocatore. Fin dai primi istanti dell’avventura, infatti, ci si trova a dover decidere del destino di una o più persone, legato a una banale risposta selezionabile con la pressione dei tasti del pad. Non stiamo parlando di scelte innocue o poco incisive, ma di veri e propri dubbi amletici su cui si potrebbero passare ore e ore prima di dare la risposta del caso.

Sotto questo punto di vista, probabilmente Fable III è il titolo più riuscito fra quelli che propongono lo stesso tipo di esperienza. Anche in Fallout 3 (e in New Vegas), o in Bioshock, alcune scelte morali potevano risultare piuttosto drastiche, ma non sono nulla in confronto a ciò che passerà fra le mani di giudice del giocatore, nel titolo Lionhead.

L’apice di questa dinamica arriva ben oltre la metà del gioco, quando in seguito agli eventi della trama ci si ritrova a vestire i panni del re di Albion. Dopo aver affrontato mille insidie e pericoli, magari elargendo a destra e a manca promesse incoraggianti, ci si ritrova all’improvviso a dover effettivamente mantenere quanto raccontato a parole, scoprendo quanto possa essere difficile, in realtà, governare un regno. Questa fase di gioco è riuscita davvero bene, e costringe il giocatore a pensare attentamente a cosa scegliere. Le situazioni portate all’attenzione del nuovo re non sono mai così nette e facili da risolvere, ed è più frequente imbattersi in casi situati in una vasta zona grigia, piuttosto che nei classici dilemmi neri o bianchi.

Bello ma trascurato

Sul fronte tecnico il gioco appare decisamente più curato di Fable II, ma ancora una volta ci si rende conto di avere fra le mani un titolo che sfrutta solo in parte il proprio incredibile potenziale visivo. Stilisticamente è tutto perfetto, come già detto qualche riga più su, ma graficamente le cose appaiono ancora eccessivamente grezze.

Alcune delle animazioni, per esempio, sono ancora mal collegate tra loro, e la telecamera crea qualche difficoltà più frequentemente di quanto necessario. Esattamente come in Fable II, inoltre, non capita di rado di imbattersi in qualche fastidioso bug (nessuno dei quali, fortunatamente, impedisce di proseguire con la narrazione, a differenza di quanto accadeva in passato).


Calore umano

E la tanto decantata capacità di toccare il prossimo, che fine ha fatto? In effetti è stata inserita nel gioco, ma il risultato non è certo così rivoluzionario come ci voleva far intendere il buon Peter. Ok, è possibile prendere per mano praticamente ogni personaggio di Albion, ma le sensazioni offerte non sono esattamente quelle sperate.

Quando Molyneux descriveva questa nuova caratteristica di gioco, come al solito, lo faceva con una luce incredibile negli occhi, immaginando chissà quale evoluzione a livello di gameplay. Secondo il game designer, infatti, l’introduzione del contatto fisico tra i personaggi avrebbe dovuto aprire chissà quali porte nel mondo dei videogiochi, cambiando radicalmente l’esperienza finale.

La verità è che, al di là di un paio di occasioni in cui viene richiesto proprio dal gioco di sfruttare la nuova caratteristica, è quasi possibile simenticarsi della sua esistenza, tanto è scarsa la sua utilità (sia in termini di gameplay che a livello puramente emotivo).

Commento finale

Fable III è un gioco ricco di poesia e di passione, capace di accompagnare il giocatore in un mondo al tempo stesso crudele e spensierato. Nonostante sia afflitto da qualche problema tecnico di troppo, e nonostante non sia poi riuscito a mantenere (come da tradizione) tutte le promesse, si tratta comunque di un’esperienza memorabile. Lo amerete o lo odierete, senza mezzi termini. Se avete apprezzato i capitoli precedenti compratelo senza riserve, ma in caso contrario…beh! Investite i vostri soldi in qualcosa di diverso.

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Meravigliosa caratterizzazione di Albion
  • Sistema di combattimento migliorato
  • Trama più coinvolgente che in passato
  • La novità del “tatto” non aggiunge nulla
  • Qualche rallentamento di troppo
  • Davvero troppo facile

Le immagini di Fable III

Le immagini di Fable III
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Le immagini di Fable III
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