Red Dead Redemption: la recensione

Tremolante come un fantasma che s’aggira tra le tombe d’un cimitero indiano sconsacrato da poco per fare posto alla bottega di un maniscalco, il fuoco acceso da un pistolero solitario sul dirupo che domina un’immensa prateria gli ricorda quanto labile possa essere il confine tra la vita e la morte, qui nel vecchio e selvaggio west.

Dopo un’esistenza passata a rapinare inermi viandanti e a rubare giovani stalloni non marchiati, anche il dolce canto spensierato di una mansueta lavandaia sembra avere la stessa melodia intonata da un avvoltoio mentre spolpa avidamente la carogna d’un coyote: accecato dalla rabbia, assordato dalle urla strozzate delle sue vittime e amareggiato da un destino infame, John Marston é il prototipo dell’antieroe costretto contro la propria volontà a rimediare alle colpe di un passato tanto tremendo quanto ingiusto.

Ma alzandosi nuovamente in piedi dopo essersi scrollato di dosso un serpente, una veloce rinfrescata mattutina con l’acqua melmosa di una pozzanghera ed un goccio di Tequila bastano ed avanzano per ritrovare le forze: un’altra giornata all’interno dello spietato mondo di Red Dead Redemption sta per cominciare, e con essa la nostra recensione.

VECCHIE CARTOLINE DAL SELVAGGIO WEST

Il primo, grande regalo che i ragazzi di Rockstar San Diego ci fanno con Red Dead Redemption è quello di slegarlo completamente dalla trama e dal periodo storico del precedente capitolo della saga: se in Revolver abbiamo potuto vestire i panni di un cacciatore di taglie della seconda metà dell’800, con Redemption riusciamo a visitare la leggendaria Frontiera Americana nei primi anni del ventesimo secolo assieme ad un ex bandito.

Quella di John Marston, infatti, è una travagliata esistenza iniziata con la perdita dei suoi genitori e proseguita in età adolescenziale con l’incontro con Dutch, un carismatico capobanda che intravede negli occhi iniettati di sangue di John un perfetto assassino da utilizzare per il proprio tornaconto personale, raggirandolo con sagacia per fargli credere che le sue azioni violente debbano servire a riequilibrare a suon di pallottole la distanza abissale tra i ricchi ed i poveri: quando però il livello di brutalità dei suoi compagni raggiunge apici di inusitata barbarie, gli ultimi barlumi di coscienza del giovane Marston lo portano a ribellarsi ai suoi compagni che, per punirlo, lo lasciano in fin di vita in mezzo al deserto.

Passati diversi anni da quel tragico evento, il destino torna a sorridere al nostro John regalandogli l’amore di una famiglia e la tranquillità di un ranch gestito in proprio, almeno fino a quando due agenti federali non bussano alla sua porta per obbligarlo a collaborare con il governo degli Stati Uniti al fine di consegnare alla legge, vivi o morti, i suoi antichi compagni di scorribande.

Costretto dall’FBI a fare nuovamente i conti con un passato che avrebbe voluto dimenticare, John Marston si ritrova così su di un treno diretto verso la frontiera con l’imperativo categorico di scovare i suoi ex amici raccogliendo informazioni dagli abitanti di un’area di confine, il New Austin, che sta per essere trasformata dall’avvento di una nuova era fatta di carri di latta che si muovono senza cavalli e di lunghe lingue di acciaio e di assi di legno che si accingono a collegare per la prima volta la costa atlantica a quella pacifica di un continente abitato fino a pochi decenni prima solo dagli indiani e dai bisonti.

Ha così inizio la nostra avventura nei panni di un uomo reso ancora più forte (e disperato) dalla determinazione nel difendere ad ogni costo i propri cari.


IL CUORE FERITO DI UN BANDITO REDENTO

A differenza del suo omologo newyorkese, l’ormai celeberrimo Nico Bellic di GTA IV, John Marston sarà condizionato nelle sue azioni dalla scure che incombe minacciosa sulla testa dei suoi cari: il suo viaggio negli sconfinati territori di confine, pur snodandosi su di un canovaccio narrativo che può scegliere in libertà, è però strettamente veicolato alla ricerca univoca delle tracce dei suoi vecchi compagni della banda.

Proprio per questo, i ragazzi di Rockstar San Diego hanno escogitato una struttura incredibilmente complessa su cui far muovere il protagonista: cercando allora di sviscerare ogni singolo aspetto della campagna in singolo di Red Dead Redemption, partiamo dal principio e cominciamo a descrivere la natura delle diverse missioni proposteci.

Il filone principale della trama di Redemption, un po’ come tutti gli altri titoli “sandbox”, si articola in missioni circoscritte e ben identificabili nella mappa di gioco attraverso l’uso di icone formate da lettere dell’alfabeto: naturalmente, nella stragrande maggioranza dei casi si avranno a disposizione diverse missioni in contemporanea, anche se la trama non verrà influenzata in alcun modo dalle scelte che compiremo. Dal punto di vista squisitamente narrativo, quindi, possiamo candidamente affermare che il copione di Redemption, per lo meno nella sua parte principale (quella legata alla ricerca degli ex compagni di John), è di una linearità disarmante e non può essere modificata in nessun modo, nonostante i frequenti colpi di scena, l’estrema caratterizzazione dei personaggi incontrabili (uno più folle dell’altro), la diversità dei compiti da portare a termine e, ultimo ma non per ordine di importanza, la longevità della storia (minimo 20 ore effettive di gioco, e solo per le missioni principali).

Come ben avrete capito dalle tante sequenze filmate offerteci in questi mesi dai ragazzi della sussidiaria californiana di Rockstar, però, il fulcro della giocabilità in singolo di Red Dead Redemption è certamente costituito dalla mole spropositata di missioni e di compiti secondari che possiamo portare a termine. Senza entrare eccessivamente nel dettaglio per non rovinarvi in alcun modo la sorpresa, la componente “freeroaming” di Redemption è facilmente suddivisibile in categorie ben precise, come le missioni secondarie fisse, i compiti scaturiti da eventi occasionali, le missioni “ambientali” e, tanto per non farci mancare nulla, i minigiochi.

Nel caso delle missioni secondarie fisse, ci riferiamo naturalmente a tutti quei compiti che, proseguendo nell’avventura o esplorando aree specifiche, compaiono sulla mappa fino a quando non ce ne occupiamo (di solito sono richieste di aiuto estemporanee di personaggi non giocanti) o vi rimangono per un periodo di tempo limitato (come le ronde notturne cittadine e gli assalti a villaggi occupati dai banditi); ben diverso è invece il discorso sui compiti scaturiti da eventi occasionali. All’interno di un saloon mentre sorseggia beatamente il proprio cicchetto o lanciato al galoppo in un deserto dimenticato da Dio e dagli uomini, John Marston può infatti essere distratto da eventi assolutamente imprevisti come ubriaconi decisi a sfidarlo a duello, come gentili donzelle usate come esche da una banda di criminali, come semplici viandanti che implorano il suo aiuto per recuperare un carretto o persino come delle mansuete suore che gli offrono una caritatevole benedizione per i servigi resi alla loro comunità.

Completamente slegati dalla trama principale e persino dalla logica che regola rigidamente le missioni secondarie, i compiti “ambientali” sono ognuno dei “mini-obiettivi a tappe” da portare a termine come e quando si vuole, ma che però garantiscono ricchi premi in denaro o in bonus sulla giocabilità (di cui ci occuperemo nel capitolo seguente): se ad esempio con il compito “Tiratore Scelto” saremo chiamati a far valere le nostre capacità di pistolero, con “Cacciatore di Tesori” dovremo interpretare una mappa logora per cercare i luoghi dove sono stati abilmente sepolti dieci preziosi scrigni, e via discorrendo con compiti come “Predatore” o “Conoscitore d’Erbe”.

Chi ama vivere un’esistenza sul filo del rasoio, esattamente come quella che si può sperimentare nel far west, non può fare a meno del gioco d’azzardo, giusto? Ecco quindi spiegata la presenza, in Red Dead Redemption, di una serie piuttosto corposa di mini-giochi legati a discipline come il Poker, il Blackjack o i Dadi Bugiardi e di sport meno “pericolosi” come il lancio del ferro di cavallo o il caro, vecchio braccio di ferro.

Sommando le trama principale all’intricatissimo dedalo di missioni secondarie, la longevità della campagna in singolo di Redemption oscilla dalle 20 alle 50-60 ore di gioco complessive, a cui vanno aggiunti i compiti generati casualmente ed il gigantesco multiplayer, di cui ovviamente ci occuperemo più tardi.


FAMA E ONORE AI TEMPI DI BUFFALO BILL

Nel far west di Red Dead Redemption vige una sola legge: quella del più forte. Nonostante i ragazzi di Rockstar abbiano giustamente realizzato un’impalcatura di gioco basata sull’allineamento morale, con le sue azioni (buone o cattive che siano) John Marston potrà fare davvero ben poco per cambiare un mondo in cui il confine tra la legge e l’ingiustizia è tracciato da uomini che tengono più al loro cinturone che alla vita di una giovane ragazza strappata alla sua famiglia da un branco di vagabondi.

Muovendoci in un contesto così tremendamente ostile e inumano, quindi, alle azioni che compiremo nei panni di John corrisponderà un valore di Fama, di Onore ed eventualmente di Taglia direttamente proporzionale all’atteggiamento che terremo con le persone che abitano il New Austin: mentre nel primo caso basterà proseguire nella trama o nelle missioni secondarie per “farsi un nome” ed essere riconosciuto dalle popolazioni locali, queste ultime reagiranno in modo completamente diverso se, nel corso della nostra avventura, decideremo di aiutarli o di servirci brutalmente di loro per raggiungere i nostri scopi. Va da sè, naturalmente, che in Redemption (così come nella vita reale) ad ogni azione corrisponde una reazione: se ci dimostriamo collaborativi e partecipiamo attivamente al benessere dei locali, questi ultimi ci offriranno forti sconti nei negozi e ci daranno nuovi compiti da portare a termine… viceversa, se utilizziamo contro di loro la forza delle armi ed abbracciamo la causa dei tanti gruppi malviventi del posto, sia gli sceriffi che i cacciatori di taglie si metteranno immediatamente sulle nostre tracce per impiccarci all’albero più alto della contea.

Una simile, enorme libertà di scelta si manifesta anche nella giocabilità spicciola di Red Dead Redemption: il sistema di mira, ad esempio, è assolutamente scalare e può essere impostato su tre differenti livelli di “difficoltà”, basati principalmente sul modo in cui il puntamento aggancia in automatico il nemico di turno. Particolarmente azzeccata è anche l’implementazione del meccanismo del “Dead Eye”, ossia il classico “bullet time” che rallenta per brevi istanti l’ambiente circostante per permetterci di mirare con maggiore precisione al corpo degli avversari (siano essi dei soldati, dei banditi o delle bestie feroci), senza citare naturalmente i combattimenti corpo a corpo che, nonostante ricoprano un ruolo marginale nell’impianto di gioco, rappresentano comunque un grazioso diversivo.

Il sistema deputato alla cavalcatura, poi, merita un discorso a parte: pur essendo possibile impostare con una semplicità disarmante la velocità (con un colpetto dell’analogico si va al passo, con la pressione prolungata di un tasto del joypad si va al trotto, che diventa una vera e propria corsa al galoppo se si preme ripetutamente quello stesso tasto), direzionare il proprio ronzino non è sempre facile e ci obbliga a giocare sia con le telecamere che con gli analogici per trovare il giusto assetto delle manovre delicate, come possono essere le galoppate su sentieri a strapiombo o, peggio ancora, le corse con i grandi carri.

Nonostante qualche lieve imprecisione nel movimento a cavallo (e persino a piedi), comunque, nel complesso l’impalcatura di gioco di Redemption è assolutamente granitica e permette alla componente online di spiccare quel salto tanto atteso dagli amanti del genere.


MULTIPLAYER

In multigiocatore, Red Dead Redemption prosegue idealmente la strada tracciata dagli studi californiani di Rockstar con GTA IV e la arricchisce con una serie pressochè infinita di migliorie sia stilistiche che squisitamente videoludiche: in Rete, Redemption rappresenta di fatto un gioco nel gioco e mette a disposizione della comunità la mappa nella sua interezza, strutturandola per giunta in scontri ed eventi (come lo snidamento dei covi di banditi) da portare a termine insieme o contro gli altri utenti.

La caratteristica più eccitante del multiplayer di Redemption è senza dubbio la possibilità di formare una propria banda, composta al massimo da otto membri, per intraprendere attraverso di essa tutte le missioni disponibili sulla mappa e gli eventuali scontri in cui viene richiesta la nostra presenza. Con il beneplacito del leader della banda, inoltre, si può customizzare sia l’aspetto che l’armamentario di ogni singolo appartenente al gruppo per trasformarlo in una sanguinaria e galoppante macchina di morte.

Ogni gara proposta in modalità competitiva, a cui possono partecipare al massimo 16 giocatori (due bande da 8 ), ha inizio con uno spettacolare “stallo alla messicana”, in cui ogni membro della sfida si tiene reciprocamente sotto tiro fino a quando qualcuno non preme il grilletto: il fortunato che riesce a sopravvivere a questa spettacolare carneficina che sembra uscita da un film spaghetti western degli anni ’70, guadagna del preziosissimo tempo che può utilizzare studiando la mappa o posizionandosi in aree strategiche da cui tenere sotto tiro gli avversari.


GRAFICA E SONORO

Il comparto grafico di Red Dead Redemption, pur risultando meno curato rispetto a quello di prodotti coetanei, è quanto di meglio ci si possa attendere da un titolo che, a conti fatti, offre un ambiente di gioco mostruosamente ampio e splendidamente caratterizzato sia da un punto di vista artistico che prettamente videoludico. Nonostante il New Austin sia composto in larga parte da territori selvaggi che si estendono a perdita d’occhio oltre l’orizzonte, infatti, ogni angolo visitabile, dalle lussureggianti foreste del West Elizabeth ai titanici canyon di Nuevo Paraiso, è animato da una vita frenetica ed offre migliaia di scorci panoramici mozzafiato.

Davvero pochi sono gli aspetti di cui i ragazzi di Rockstar San Diego non si sono occupati approfonditamente: le squisite texture ambientali, il sistema che regola il giorno e la notte e disegna in cielo delle nuvole che sembrano uscire fuori da un dipinto impressionista, le animazioni impeccabili degli animali e degli umani, le condizioni atmosferiche profondamente dinamiche e il sontuoso effetto volumetrico dei raggi del Sole sono solo alcune delle tante meraviglie visive che Redemption regala ai suoi estimatori.

In Red Dead Redemption, anche il comparto sonoro gioca un ruolo determinante nella creazione di un universo realistico: oltre agli azzeccatissimi brani musicali ascoltabili dinamicamente in base al luogo dove ci si trova e all’evento che accade in quel preciso momento, non possiamo non rimanere abbagliati dal monumentale lavoro svolto da Rockstar in fase di doppiaggio. Pur sforzandoci di passare al setaccio tutti i capolavori videoludici pubblicati in questi ultimi anni, non troviamo alcun titolo che riesca in qualche modo ad avere personaggi non giocanti così profondamente caratterizzati e singolari come quelli incontrabili in Redemption: pur senza avvicinarsi minimamente all’atmosfera dei film spaghetti western più blasonati, le buffe e folli anime che animano il New Austin contribuiscono a dare al tutto i connotati di un vero e proprio capolavoro.


COMMENTO FINALE

Red Dead Redemption fonde brillantemente la brutalità anarchica del selvaggio west all’ingiustizia oppressiva della prima industrializzazione. La nuova creatura di Rockstar San Diego eleva al cubo la giocabilità di GTA IV, la componente esplorativa di Oblivion e la progressione narrativa di Mass Effect 2 calando il tutto in un contesto in perenne mutamento, pulsante di vita e grondante di storie da raccontare.

Pur servendosi della stessa impalcatura di gioco apprezzata negli ultimi capitoli di Grand Theft Auto, Redemption se ne distanzia in un modo cosí squisitamente “scorretto” da risultare persino originale, utilizzando un linguaggio artistico ed interattivo assolutamente unico nell’intero panorama videoludico.

Le promesse fatteci dagli sviluppatori in questi lunghissimi mesi di attesa sono state mantenute tutte, dalla prima all’ultima: dedizione, serietà e voglia spasmodica di voler regalare ai propri clienti un prodotto longevo e divertente come nessun altro. Di motivazioni più forti per consigliarvi l’acquisto categorico di Red Dead Redemption, francamente, non ne troviamo.


Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Multiplayer titanico
  • Campagna in singolo incredibilmente varia
  • Longevo, divertente e mai ripetitivo
  • Movimenti a cavallo e a piedi migliorabili
  • Sporadiche imperfezioni grafiche
  • Trama non modificabile

Red Dead Redemption: galleria immagini











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