Yakuza 3: la recensione

Yakuza 3: la recensione

In Yakuza lottò per sé stesso. Nel secondo capitolo lottò per il Clan Tojo. Per chi dovrà lottare questa volta il leggendario Dragone di Dojima? Sì, stiamo parlando proprio di lui, il quarto presidente del Clan più potente di Tokyo, Kazuma Kiryu. Porsi la domanda che ci siamo appena posti rientra più nell’ambito delle esigenze che dei desideri. Dobbiamo assolutamente capire per cosa passi questa volta il destino del nostro vecchio protagonista.

Ci spostiamo ad Okinawa, patria storica del karate, nonché una delle zone più ricche al mondo di coralli. Una sorta di paradiso tropicale, immerso nella natura ed ancora quasi incontaminato. E’ lì che tutto ha inizio, o meglio, è in questo luogo che si prende coscienza della nostra nuova missione, intesa nell’accezione più nobile del termine.

Perché chi ha già avuto modo di approcciarsi ai due precedenti episodi dovrebbe saperlo: Kazuma è un vero uomo d’onore, come pochi ne sono rimasti, se non nessuno. Yakuza 3 varca la soglia del Vecchio Continente con un ritardo non da poco: un anno. Eppure giunge a questa meta carico di belle speranze – da parte nostra, s’intende. La prima è quella di poter capire cosa sia successo dopo l’ascesa di Daigo quale sesto presidente del Clan Tojo. Strettamente collegato è l’interesse circa le scelte operate successivamente da Kazuma; comprendere, insomma, in che condizioni versi la sua “riabilitazione”. Questo ed altro ancora troviamo in Yakuza 3.

ALLA VOLTA DI OKINAWA

Dopo averci fatto scorazzare per il bellissimo quartiere di Sontenbori, in quel di Osaka, la serie ci porta direttamente in un altro dei luoghi più suggestivi dell’intero Giappone, vale a dire Okinawa. Stiamo parlando di una cittadina decisamente più modesta di Tokyo e della stessa Osaka, dove il turismo è uno dei maggiori motori di spinta per la crescita locale.

Non a caso risulta netto lo stacco con la Kamurocho dei passati episodi, che viene qui riproposta anch’essa in tutto il suo splendore. Ma a Tokyo, a dire la verità, non abbiamo modo di passare molto tempo, almeno all’inizio. Sì perché dopo avere sgominato la pericolosa mafia coreana, Kazuma decide di intraprendere un nuovo viaggio, ossia quello che lo porterà a metter su un orfanotrofio proprio nella soleggiata Okinawa.

Lontano dalle luci delle più avanzate e tecnologiche città che già lo avevano visto protagonista, Kiryu-san opta per la tranquillità di un posto dove poter badare a bambini che, come lui, condividono lo stesso dramma del non avere i genitori. E non si pensi che questo aspetto sia solo un espediente narrativo, dato che i rapporti con ognuno dei piccoli residenti del Sunshine Orphanage vengono puntualmente approfonditi e manifestati con una certa dedizione.

Questo perché tale orfanotrofio si trova al centro di una scabrosa contesa che coinvolge addirittura interessi internazionali, con il coinvolgimento diretto dello stesso governo giapponese. Da qui la necessità di far comprendere al videogiocatore quanto Kazuma tenga a questo suo nuovo nido, e perché sia disposto a tutto pur di preservarlo.

Come abbiamo appena accennato, a farla da padrone è un intrigo a livello internazionale, che viene consolidandosi e palesandosi man mano con il progredire delle vicende. Gli interessi in gioco sono tanti e ben mascherati per buona parte del gioco. Ci limitiamo a dire che, in un primo momento, l’oggetto della contesa è un appezzamento di terreno in cui rientra anche l’orfanotrofio di Kazuma. L’intenzione è quella di costruirci sopra un Resort, oppure una nuova base USA. La questione è animosamente discussa all’interno del Parlamento giapponese, con il ministro Tamiya, da un lato, che patteggia per la base, mentre il suo diretto rivale Suzuki simpatizza per la nuova e gigantesca struttura alberghiera.

Questo è lo spunto narrativo, ed è da tale premessa che si snoda l’intera trama di Yakuza 3. Come di consueto, non mancano i colpi di scena, per di più condensati nell’ultimo quarto del gioco, in cui gli eventi cominciano ad assumere un ritmo via via sempre più frenetico. Tra rivelazioni ed altro ancora, alla fine giungiamo a disporre di un quadro completo, denso di storie, personaggi, intrecci e sorprese che non possono far altro che lasciarci piacevolmente sgomenti e al tempo stesso appagati.


IL DRAGONE DI DOJIMA E’ TORNATO!

Volutamente ci siamo giusto soffermati su alcuni aspetti fino ad ora, senza entrare più di tanto nel merito della questione. Questo perché, seppur la storia e le ambientazioni di questo Yakuza 3 rivestano un ruolo oseremmo dire primario, le vere novità di cui ci pare opportuno parlarvi – senza paura di incidere sull’esperienza di chi vorrà approcciarsi al gioco – sono proprio quelle che rientrano nella struttura a livello di gameplay.

La serie di Ryu Ga Gotoku (titolo del gioco in Giappone) è tutta lì, con i suoi capisaldi tanto amati quanto inamovibili. Ma a quanto già c’era di “vecchio”, SEGA ha pensato bene di integrare dell’altro, rendendo lo spessore del gioco ancora più consistente. Davvero difficile condensare in poche righe le tante possibilità che ci offre questo titolo, vuoi per esigenze di spazio, vuoi per comprensibili dimenticanze dovute ad un’esperienza che poco si presta ad essere descritta così fugacemente.

Intendiamo mettere le mani avanti approntando alcune doverose premesse che speriamo vi aiuteranno ad inquadrare meglio ciò di cui stiamo parlando. Chi vi scrive fa molta fatica a trovare un gioco d’azione uscito negli ultimi 5/6 anni, per il cui completamento sono servite ben 31 e passa ore – considerato, inoltre, che c’è rimasta un bel po’ di roba da fare quanto a missioni secondarie. Qualcuno potrà farmi notare che personalmente non abbia avuto modo giocare tutto il “giocabile”, e nonostante questo sia vero, a mio avviso il motivo è un altro.

Semplicemente, Yakuza 3 non appartiene al genere action, o meglio, non solo! Voglio dire, non che questo costituisca una novità per tutti coloro che hanno già giocato i due precedenti capitoli, ma in questo terzo episodio tale affermazione assume una valenza ancora più netta. Yakuza 3 è una fusione, saggiamente condotta, essenzialmente di quattro generi: action, picchiaduro, RPG e sandbox. E’ un action nell’anima, poiché dell’azione fa indubbiamente uno dei suoi punti forti. E’ un picchiaduro poiché senza le buon vecchie legnate è impensabile proseguire nella trama e, in generale, portare a termine buona parte delle missioni – anche secondarie, specie in relazione ai tornei che si svolgono nell’Arena del vecchio Purgatorio. E’ un gioco di ruolo poiché, nonostante non richieda la stessa attenzione di un RPG “duro e puro” in merito allo sviluppo del personaggio (anzi!), dispone comunque di alcuni elementi che lo fanno rientrare a pieno titolo in questo genere – non fosse altro per la continua acquisizione di punti esperienza che vanno investiti nelle quattro abilità di Kazuma (Soul, Technique, Body, Essence). E’ un sandbox alla luce di una discreta libertà fornitaci nel procedere. Salvo alcuni casi, possiamo tranquillamente decidere se dedicarci alle missioni secondarie oppure portarci avanti con la storia.

E qui emerge uno dei punti salienti di questa fase della nostra analisi. Nonostante l’Hostess Bar sia stato tagliato dalle versioni occidentali del gioco, Yakuza 3 dispone di una gamma di “intrattenimenti” altrettanto belli, se non di più. Il numero delle missioni secondarie, come abbiamo avuto modo di segnalare qualche tempo fa, è di 101 – anziché le 123 della versione giapponese. Oltre alle classiche sub-quest, accessibili lungo l’arco delle nostre passeggiate per Kamurocho o Downtown Ryukyu per mezzo di un dialogo con dei personaggi non giocanti dal triangolo verde capovolto sopra la testa, una delle trovate più interessanti consiste sicuramente nelle missioni Hitmen.

In realtà non dovremo assassinare nessuno in questo caso, quanto semmai acciuffare degli assassini. Circa la storia di questo tipo di missioni, preferiamo lasciare a voi lettori il piacere di scoprirlo, anche per evitare di correre il rischio di svelare più del dovuto. Fatto sta che il fine è quello di sgominare un’organizzazione che prende il nome di Avengers, formata sostanzialmente da ex-membri della yakuza.

Altra simpatica introduzione è rappresentata dal personaggio di Mack, simpatico giramondo in cerca dello “scatto perfetto”. E’ lui infatti ad illustrarci come acquisire nuove mosse mediante rivelazioni scaturite da scatti fotografici fatti in certi punti ed in determinate condizioni. Contattato con degli sms, Kazuma deve quindi scovare il luogo indicato dal buon Mack, dando vita sistematicamente a situazioni tragicomiche e al limite del surreale.

Emerge qui un’ulteriore aspetto di Yakuza 3, ossia il suo alternare la seriosa gravità della trama con situazioni che definire grottesche è dire poco. Quest’ultima componente viene esplicitata sostanzialmente svolgendo le missioni secondarie. Può infatti capitare di dover inseguire un tizio la cui unica occupazione è quella di trangugiare pasti costosi in svariati ristoranti, per poi scappare poco prima di pagare il conto. O essere a nostra volta inseguiti da un travestito dalle intenzioni poco rassicuranti. Oppure ancora doversi fare largo tra una folla di attempate vecchiette, poiché una di queste brama ardentemente l’autografo dell’idolo del momento.

Ed in mezzo a tanta simpatica follia, abbiamo pure modo di vivere i posti in cui ci troviamo. Possiamo fermarci, per esempio, in uno dei chioschetti di ramen che si trovano nel mercato di di Ryukyu, oppure optare per il più blasonato Kanrai di Kamurocho. Tutti luoghi che trasudano “nipponicità” da tutti i pori, tanto più appaiono “poveri” tanto più sono caratteristici.

Qualora volessimo semplicemente dilettarci in attività tese alla semplice distrazione, beh, anche in questo caso Yakuza 3 è piuttosto coperto. Che si tratti di sport o giochi un po’ più sedentari, l’offerta risulta abbastanza ricca e variegata: dal majhong al baseball, dal biliardo al golf.

Non mancano neppure le piacevoli sorprese sul fronte “allenamento”. La possibilità di apprendere nuove tecniche sottoponendoci ad improbabili lezioni di altrettanto improbabili tizi è una delle godibili componenti di cui la serie ha goduto pure in passato. In tal senso ci pare giusto menzionare il ritorno di una nostra vecchia conoscenza, oltre ad una new entry che fa comunque la sua figura.

Sappiamo già di non aver riportato tutte le varie attività ricreative nei minimi dettagli, ma prendete ciò come una sorta di implicito invito a spulciare il gioco di vostro pugno. Senza contare che se quanto detto non esaurisce il discorso, basta questo per prendere coscienza della mole di cose da fare in un action mascherato da tutt’altro – e che forse, come dicevamo, action non lo è neppure.


GRAFICA E SONORO

Yakuza 3 appare visivamente meno performante di altre odierne produzioni di un certo rilievo. Questo, come molti arguiscono agevolmente, è soprattutto dovuto al periodo al quale lo sviluppo del titolo è legato, vale a dire circa due annetti fa. Nonostante in SEGA si ebbe modo di familiarizzare con l’ammiraglia Sony grazie al Kenzan (nell’ambito della serie Ryu Ga Gotoku, ovviamente), il gioco è uscito in Giappone un anno fa. E molti sanno quanto un anno sul groppone oggigiorno possa fare la differenza, salvo rarissimi casi.

Resta il fatto che, nel suo insieme, Yakuza 3 ci pare un titolo di ottima fattura, seppure non rappresenti affatto il non plus ultra disponibile su PS3. D’altra parte è doveroso sottolineare come sia principalmente la cura nei dettagli a meritare un particolare elogio, specie in relazione alle ambientazioni, decisamente curate e piuttosto fedeli – nonostante il grado d’interazione con l’ambiente circostante sia pressoché inesistente, elemento che la serie si trascina sin dai suoi albori.

Ma poiché non solo l’occhio ma anche l’orecchio vuole la sua parte, spendiamo qualche parola pure sull’aspetto sonoro. Noi ci siamo trovati perfettamente a nostro agio con la lingua giapponese parlata durante l’intero dipanarsi del gioco, nonostante le nostre conoscenze si limitino a dei quasi banali kampai e arigatò. Gli effetti lasciano talvolta un po’ a desiderare, come un certo ritardo, giusto per fare un esempio, in situazioni in cui si passa da una superficie all’altra – come dalla spiaggia alla strada. Più che di ritardo dovremmo parlare di mancata sincronia tra l’azione compiuta ed il suono generato.

Chiaramente, però, trattasi di piccolezze alle quali i più potrebbero pure non fare caso. Di certo non annoveriamo certe cose tra i contro di un titolo che per atmosfera, anche a livello uditivo, ci porta lì dentro come pochi altri riescono a fare.


COMMENTO FINALE

I nippofili d’annata, più o meno esigenti, non possono assolutamente farsi sfuggire un titolo come Yakuza 3. Più che un gioco, talvolta pare quasi di trovarsi dinanzi ad uno spaccato di ciò che realmente il Giappone è, non per merito di una trama fittizia magari, ma indubbiamente per l’aria decisamente orientaleggiante che si respira. E questo nonostante una traduzione americana che tradisce inevitabilmente il tenore dell’originale giapponese.

Non possono farselo scappare tutti coloro i quali cercano un gioco che sappia saggiamente mescolare più generi dando vita ad un contesto che convince e coinvolge al tempo stesso. Sono talmente tanti gli elementi riconducibili a quello o quell’altro genere ancora, anche se alcuni appena abbozzati, che quasi ogni palato può trovare un piacevole riscontro nella pietanza preparata da Toshihiro Nagoshi & Co.

Ma soprattutto, non deve assolutamente perdere questo Yakuza 3 chi ha sognato, si è agitato, oppure emozionato vivendo le passate vicende di Kazuma e dei suoi compagni d’avventura. Questo terzo capitolo restituisce vigore, che pure non è mai andato smarrito, ad una serie che merita di essere seguita, ma ancora di più di essere capita. Sì perché lo sforzo nel giocarlo non sarà sufficiente, visto che per apprezzare un contesto come quello proposto in Yakuza 3 bisogna essere disposti a donarsi ad esso. Allora sì che le soddisfazioni vi aspetteranno copiose dietro l’angolo!

Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • Kazuma non si batte
  • Trama intensa e ricca di colpi di scena
  • Tante cose da fare
  • Dannatamente divertente
  • Spesso e volentieri pare di trovarsi difronte ad una cartolina
  • Per alcuni potrebbe risultare graficamente un po’ “datato”
  • E’ davvero un peccato che non tutti possano goderselo a causa di barriere linguistiche
  • Ci piacerebbe sapere come mai mancano alcune missioni secondarie nella nostra versione

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