Dragon Age: Inquisition - la recensione

Il kolossal ruolistico di BioWare ed Electronic Arts recensito per voi da Blogo
Dragon Age: Inquisition - la recensione
Il kolossal ruolistico di BioWare ed Electronic Arts recensito per voi da Blogo

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La pesante eredità lasciata dalla conclusione della trilogia di Mass Effect e dal secondo, contraddittorio capitolo della serie di Dragon Age ha giocato un ruolo determinante nel faticoso processo di sviluppo che ha condotto gli esperti studios canadesi di BioWare a dare forma al progetto di Inquisition.

Nel corso degli anni, il team di Edmonton si è ritagliato un posto speciale nel cuore dei cultori di giochi di ruolo “all’occidentale” grazie a una reputazione inattaccabile guadagnata nel tempo con capolavori come Baldur’s Gate, Neverwinter Nights e Star Wars: Knights of the Old Republic che, se visti nel loro insieme, danno l’idea del monumentale lavoro svolto dai vertici della sussidiaria di Electronic Arts per perfezionare il loro inconfondibile sistema di gioco basato sulla “duttilità morale” del proprio alter-ego e sulla plasticità di una trama dettata dalle conseguenze delle sue scelte.

Per questo, il lungo periodo di sviluppo che abbiamo trascorso divorando avidamente le anteprime e le dichiarazioni di BioWare è stato accompagnato da una curiosità che definire “mostruosa” sarebbe un eufemismo e da dubbi impossibili da sciogliere fino all’avvenuta commercializzazione di Dragon Age: Inquisition.

Con la recensione che vi proporremo quest’oggi dopo aver passato più di 40 ore nella dimensione fantasy del Thedas cercheremo così di dare risposta a queste domande attraverso i giudizi, le analisi e gli approfondimenti che v’attendono subito dopo l’immancabile scheda voto introduttiva.

COSA CI PIACE

Tantissime regioni da esplorare

Per l’eccessiva ripetitività delle ambientazioni di Dragon Age II e per l’insistenza con cui gli appassionati della serie hanno cercato in questi mesi di indirizzare lo sviluppo di Inquisition verso un percorso contiguo a quello dei GDR a mondo aperto (e quindi degli MMORPG “all’occidentale”), l’elemento più importante e rappresentativo dell’ultimo kolossal fantasy di BioWare va certamente individuato nella smisurata estensione della mappa di gioco.

Le diverse aree che concorrono a formare la tela digitale di Dragon Age: Inquisition offrono una galassia interattiva di proporzioni a dir poco ciclopiche, con una varietà di luoghi da esplorare, di dungeon da conquistare e di segreti da scoprire rapportabile alla mastodontica offerta digitale di Skyrim.

La suddivisione in regioni da caricare autonomamente, da sempre un elemento distintivo delle produzioni targate BioWare, non limita affatto la libertà dell’utente ma, al contrario, contribuisce ad accentuare la varietà degli scenari e il “carattere” dei singoli biomi naturali propostici: peccato solo per l’assenza di un sistema meteo dinamico e di un ciclo giorno-notte che, vista la bontà del sistema di illuminazione ambientale e la quantita smodata di missioni da svolgere all’aperto, avrebbero di certo contribuito ad elevare ulteriormente il già stratosferico livello qualitativo della componente artistica di Inquisition.

Grazie alla struttura dinamica della trama e alla necessità di sviluppare determinati rapporti con le diverse personalità che si avvicendano nel corso dell’avventura, inoltre, ambire alla scoperta di tutte le aree risulta essere un’impresa impossibile da compiere con un solo personaggio, e questo a prescindere dall’esperienza acquisita e dalle ore passate all’interno del mondo di gioco.

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Gameplay solido e appagante

Nelle sessioni di combattimento che dominano l’azione di gioco tra un dialogo a scelta multipla e una libera esplorazione a cavallo, le meccaniche di gameplay di Dragon Age: Inquisition dimostrano di possedere lo stesso fascino che ha ammaliato gli utenti dei precedenti capitoli della saga e contribuito a dare lustro a questa serie.

Immediato e frenetico come un action in terza persona ma profondo e tattico come uno strategico in tempo reale, Inquisition sfrutta al meglio l’esperienza maturata negli anni dai ragazzi di BioWare per proporci un combat system evoluto e ricco di sfaccettature, capace di soddisfare le esigenze degli utenti di lungo corso e di chi, tra le “nuove leve” e tra coloro che non hanno mai avuto a che fare con questa particolare tipologia di videogiochi, non ha saputo resistere alle sirene di quest’ultimo episodio dell’epopea fantasy di Dragon Age.

Se la disposizione semplificata dei tasti favorisce un accesso diretto e immediato ai singoli attacchi e permette di automatizzare i movimenti dell’eroe, infatti, padroneggiare ogni singola abilità del proprio personaggio e dei suoi compagni richiede uno sforzo non indifferente, specie ai livelli di difficoltà più elevati e nei frangenti più avanzati dell’avventura, dove la distribuzione oculata dei poteri da sbloccare e il giusto utilizzo delle armi da equipaggiare possono fare la differenza tra la vita e la morte.

È in questa doppia natura del sistema di gioco che vanno a inserirsi elementi “di contorno” quali il crafting (con tanti materiali suddivisi in poche categorie), il looting di erbe e oggetti collezionabili, la gestione dei buff di stato per le abilità passive e la necessità di trasportare le pozioni per il ripristino della salute data la totale assenza di incantesimi di rigenerazione, una scelta presa dagli stessi sviluppatori per rendere necessario l’allestimento degli accampamenti e, quindi, per dare ulteriore peso alle missioni secondarie e alle attività di esplorazione.

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Grafica splendida

Considerando l’estensione delle regioni in cui è suddivisa la mappa di gioco e la mole smisurata di dungeon e di aree collegate sia alla trama che alle attività sandbox spicciole, il comparto tecnico di Dragon Age: Inquisition ci restituisce l’immagine di uno dei GDR più curati degli ultimi anni.

La cristallina bellezza delle scenografie digitali che fanno da sfondo alle avventure vissute dall’Inquisitore e dai suoi seguaci viene enfatizzata dall’uso sapiente di effetti particellari, di luci amientali e di filtri grafici in grado di trasformare le immagini a schermo in un gigantesco dipinto interattivo a tinte pastello.

La versione current-gen da noi provata (Xbox One) non ha mostrato problematiche di sorta, ad eccezione di qualche sparuto bug (un aspetto che tratteremo in modo più approfondito nel corso dell’apposito paragrafo di questa recensione): anche considerando i bug e le naturali sbavature tecniche dovute all’estensione dell’area di gioco ricreata dai designer e dai programmatori di BioWare, l’ultimo capitolo della serie di Dragon Age dimostra di essere visivamente splendido e in grado di soddisfare anche il pubblico più esigente.

Di sicuro impatto sono poi i brani strumentali che compongono una colonna sonora capace di accompagnare nel migliore dei modi gli eventi più importanti che avvengono nel corso della trama, le “semplici” sessioni di esplorazione libera e le battaglie più cruente contro i banditi e le creature scaturite dai dungeon e dai varchi interdimensionali che puntellano il paesaggio. L’unica nota stonata del lavoro svolto da BioWare sul comparto audio è relativa all’assenza del doppiaggio italiano, una mancanza che però viene perfettamente controbilanciata dalla completa traduzione (con sottotitoli e brani testuali) dei dialoghi, delle lettere e dei tomi che è possibile raccogliere nel corso dell’avventura.

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Trama ben congegnata

Per essere un videogioco con una storia “fluida” e strutturata in modo tale da poter essere costruita nel tempo attraverso le azioni compiute dal giocatore in sede di dialogo e nella scelta delle missioni da intraprendere, Dragon Age: Inquisition offre una trama convincente e coinvolgente.

Il faticoso percorso intrapreso dall’eroe impersonabile per acquisire potere intessendo rapporti con companion, nobili e fazioni avverse produce decine e decine di ore di dialoghi e di discussioni in cui perdersi per dare un volto alla voce cupa che minaccia i reami liberi del Ferelden e di Orlais tuonando contro i suoi abitanti da dentro i cristalli luminescenti che s’alimentano dell’energia scaturita dai Varchi.

Ciò che ci colpisce maggiormente dell’intera opera, però, non è la trama in sé ma la disarmante facilità con cui gli studios canadesi sono riusciti a far confluire le missioni della campagna principale all’interno di una dimensione di gioco così estesa e varia: nonostante la ripetitività delle attività sandbox e la “semplicità” delle storie secondarie che corrono parallelamente all’avventura, la componente narrativa di Inquisition rimane preponderante sulla mera esplorazione fine a se stessa e offre all’utente un costante “appiglio morale” a cui aggrapparsi per progredire nella trama.

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COSA NON CI PIACE

Multiplayer poco attraente

Vuoi per la bontà dell’avventura in singolo, vuoi per il quantitativo mostruoso di ore da investire nella storia principale prima di riuscire a portarla a compimento, il modulo online di Dragon Age: Inquisition non offre delle valide motivazioni che spingano il giocatore a lasciare l’esperienza in singolo.

Pur riprendendo la formula vincente delle sfide multiplayer cooperative di Mass Effect 3, infatti, le modalità in rete di Inquisition risultano essere così poco attraenti da risultare “superficiali” agli occhi di chi, specie in questo periodo post-lancio, preferisce dedicare il proprio tempo all’eroe della campagna singleplayer.

C’è poi un altro aspetto che gioca a sfavore del modulo online ed è quello ascrivibile, paradossalmente, alla libertà concessa all’utente dal sistema di combattimento dell’avventura in singolo: nel terzo episodio della saga sci-fi del comandante Shepard l’unico modo per interpretare razze aliene era quello di immergersi nelle sfide in rete della Galassia in Guerra, ma nel singleplayer di Inquisition non solo si può decidere di decidere la razza del proprio alter-ego sin dal character editor iniziale della storia ma, soprattutto, si ha la possibilità di passare da un componente all’altro del proprio gruppo per utilizzarne i poteri e le abilità nel corso di un combattimento.

Per questo, lodiamo gli sforzi profusi da BioWare per ampliare l’offerta di gioco con l’introduzione di una modalità multiplayer cooperativa ma, a prescindere dalla bontà di questo modulo, sinceramente avremmo di certo preferito che tale dispendio di energie fosse rimasto nell’alveo della campagna singleplayer e degli innumerevoli elementi grafici, artistici, tecnici, ludici e narrativi che lo compongono.

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Qualche bug di troppo

L’opera ultima di BioWare è afflitta da piccoli bug e glitch che non inficiano in maniera negativa sulla qualità generale di un comparto grafico sontuoso ma che, se presi nel loro insieme, procurano più di un mal di pancia in coloro che hanno la sfortuna di imbattervisi nel corso della storia.

Di tanto in tanto, infatti, può capitare di cadere preda di problemi di programmazione piuttosto fastidiosi che comprendono la mancata visualizzazione dei dialoghi e dell’indicatore della “ruota morale” delle risposte, l’assenza di traduzione in taluni frangenti della storia (nelle “comunicazioni automatiche” tra i membri della propria squadra, ad esempio), l’impossibilità di utilizzare il tasto d’azione per aprire porte o raccogliere oggetti, l’attesa snervante di caricamenti infiniti che si concludono con crash improvvisi del gioco, abitanti di villaggi che appaiono come per incanto sotto i nostri occhi e nemici che schizzano da una parte all’altra dello schermo muovendosi alla velocità della luce.

A questi piccoli “difetti di gioventù” che andranno inevitabilmente diminuendo con le patch correttive che verranno pubblicate di qui a breve dagli studios canadesi bisogna poi aggiungere i “disservizi” causati dalla compenetrazione dei poligoni, dalle mura invisibili, dallo scarso realismo di talune animazioni (su tutte, quella del salto), dal calo del framerate avvertibile nelle scene più concitate e da un sistema di collisioni non sempre all’altezza della situazione.

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Combat system perfettibile

Il sistema di movimento e combattimento di Inquisition rappresenta la naturale evoluzione della giocabilità dei precedenti capitoli della serie, evidenziandone i pregi ed esaltandone i difetti con tutte le conseguenze che potete facilmente immaginare in termini di mancata originalità.

Le meccaniche di attacco e di selezione delle abilità da utilizzare nel corso di una battaglia o durante una sessione di caccia, comunque, hanno la precisione di un orologio svizzero e la duttilità di una sfera di plastilina: eppure, l’inutilità della visuale tattica e delle cavalcature, le imprecisioni nella coordinazione delle mosse compiute dai membri della squadra gestiti dal computer e le evidenti lacune dell’intelligenza artificiale dei nemici durante gli scontri più cruenti ci lasciano con l’amaro in bocca e contribuiscono ad alimentare il pensiero che molto, da questo punto di vista, poteva essere fatto dai ragazzi di BioWare per dare al loro progetto un respiro autenticamente next-gen.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Dragon Age: Inquisition è un videogioco sorprendente, sotto tutti i punti di vista: le critiche mosse da chi si è cimentato con il secondo capitolo e gli interventi compiuti dai ragazzi di BioWare per rispondere adeguatamente alle richieste pervenute in questi anni dagli appassionati della saga hanno prodotto un titolo moderno e classico al tempo stesso.

Se da un lato gli elementi che compongono il sistema di gioco non fanno che seguire il sentiero tracciato dagli episodi precedenti, infatti, dall’altro lato l’integrazione della trama a una dimensione free roaming di proporzioni mastodontiche dona al progetto una freschezza insperata, come dimostra l’armonioso passaggio tra le frenetiche fasi di combattimento e i frangenti più ponderati in cui immergersi per stringere alleanze, determinare i rapporti di forza tra le diverse fazioni che dominano il Thedas e rinsaldare il rapporto con i propri compagni d’avventura.

La struttura narrativa eretta dagli autori canadesi, seppur con qualche sbavatura riscontrabile nello scarso carisma dell’eroe impersonabile, regge magnificamente il peso della ripetitività delle missioni secondarie e della logica “dispersione emotiva” causata dalle infinite ramificazioni morali dei dialoghi, ed è questo il vero punto di forza di un’opera complessa, longeva e divertente anche nelle fasi più avanzate.

Alle domande che ci siamo posti all’inizio di questa recensione, quindi, non possiamo che rispondere in maniera affermativa: se avete amato l’epopea sci-fi del comandante Shepard e vi siete già scontrati con i demoni del Thedas, Dragon Age Inquisition è un titolo che non può assolutamente mancare nella vostra ludoteca.

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