Splinter Cell: Blacklist - la recensione

Gamesblog.it recensisce per voi l'ultima epopea action/stealth di Sam Fisher
Gamesblog.it recensisce per voi l'ultima epopea action/stealth di Sam Fisher


Sopravvissuto a un numero imprecisato di operazioni segrete, di agguati, di complotti, di sparatorie e di infiltrazioni silenziose finite in malo modo, il protagonista dell’epopea stealth di Splinter Cell è la rappresentazione plastica della moderna icona videoludica: forte e sicuro di sé ma al tempo stesso fragile ed emotivamente segnato dagli eventi che lo hanno visto coinvolto negli anni di servizio trascorsi sulle console fisse e portatili di questa e della passata generazione, Sam Fisher interpreta da anni il desiderio d’azione e di libertà di milioni di appassionati e, forse per questo, risulta essere uno dei personaggi più amati e conosciuti dell’intera industria dell’intrattenimento digitale.

Le granitiche certezze acquisite dalla serie nel corso dell’ultimo decennio hanno però rischiato, nella prima metà del 2010, di essere definitivamente sgretolate da Conviction, dalle contraddittorie scelte di gameplay compiute dagli Ubisoft Montreal e dal problematico sviluppo di un progetto modificato in corso d’opera per non finire nel calderone dei vaporware.

Grazie allo straordinario seguito di fans e al ritorno in auge dei videogiochi dall’impostazione stealth (basti citare in tal senso il successo di Dishonored e la riproposizione di Thief), i vertici della multinazionale francese hanno comunque saputo schivare il pericolo di una catastrofica chiusura della saga di Splinter Cell superando i punti di criticità di Conviction affidando a Jade Raymond e ai suoi studios canadesi di Ubisoft Toronto l’incarico di ritornare al concept originario con un titolo meno “rivoluzionario” e più aderente alle richieste e ai desideri dei propri utenti.

Con la recensione di Splinter Cell: Blacklist che vi proporremo quest’oggi, quindi, riaccenderemo i visori notturni e riempiremo di granate EMP e bombe fumogene le giberne della tuta di Sam Fisher per scoprire assieme a lui, e quindi a tutti voi, se l’operazione nostalgia portata avanti da Ubisoft possa dirsi o meno di successo.

Splinter Cell Blacklist: galleria immagini

AIR PALADIN ONE

La trama di Blacklist si riallaccia alla “cronologia ufficiale” dell’universo fantapolitico plasmato da Tom Clancy a supporto di questa saga. Collocandosi temporalmente a pochi mesi di distanza dagli eventi conclusivi di Conviction, il canovaccio narrativo steso dagli autori di Ubisoft Toronto per dare forma alla storia di questo episodio vede l’emergere di una nuova, pericolosa minaccia terroristica rappresentata, appunto, dalla Blacklist, una potente organizzazione sovranazionale con cellule attive in tutto il globo.

Richiamato “spintaneamente” in servizio dalla presidentessa degli Stati Uniti Patricia Caldwell per fronteggiare le cellule della Blacklist prima che i loro misteriosi luogotenenti (gli Ingegneri) spezzino i delicati equilibri geopolitici mondiali scatenando l’inferno con attacchi terroristici mirati contro le città e i maggiori centri economici e di potere americani, l’impavido Sam Fisher viene così posto al comando di un’unità paramilitare supersegreta, Fourth Echelon, per agire indisturbato e mettere la sua infinita esperienza a disposizione della sua nuova squadra.

Ancor prima di addentrarci nell’analisi delle scelte adottate da Ubi per erigere l’impalcatura di gioco di Splinter Cell: Blacklist, basta guardare alle soluzioni trovate a livello narrativo dagli sviluppatori canadesi per comprenderne le buone intenzioni: la base operativa dalla quale il protagonista e il suo staff possono pianificare le missioni da svolgere e al quale Sam Fisher deve fare ritorno dopo aver raggiunto gli obiettivi prefissati, infatti, non viene rappresentata da un classico quartier generale sotterraneo ma, al contrario, assume la forma decisamente più atipica e “aerodinamica” di un gigantesco bombardiere modificato per operare nell’alta atmosfera (lontano dall’occhio indiscreto dei radar nemici).

Grazie alla fortezza volante (il Paladin) concessagli gentilmente dalla presidentessa Caldwell, l’eroe della saga può spostarsi da un punto all’altro del globo per rispondere celermente alla perenne minaccia costituita dalle cellule terroristiche degli Ingegneri: in maniera non troppo dissimile dall’uso che il comandante Shepard (Mass Effect) fa della Normandy, nella dimensione di gioco di Blacklist il buon Fisher può servirsi della strumentazione ipertecnologica del Paladin per tenersi in contatto con i suoi agenti infiltrati (ma anche con la giovane figlia), per gestire l’equipaggiamento, per scambiare quattro chiacchiere con gli altri membri di Fourth Echelon e, soprattutto, per selezionare la missione da affrontare di volta in volta.

Per via della particolare impostazione data dagli sviluppatori alla campagna principale e della grande libertà concessa al giocatore nelle decisioni da assumere e nelle missioni a cui dedicarsi, però, la trama di Splinter Cell: Blacklist si mantiene a un livello volutamente superficiale, con dialoghi ridotti all’osso e situazioni scontate che non aggiungono nulla alla storia e al “pathos scenico”. Diversamente da Conviction e dai suoi intricati intrecci fantapolitici, infatti, in Blacklist la trama non è che un banale pretesto per catapultare il giocatore nei panni di Sam Fisher e lasciare a lui, e a lui soltanto, il compito di “costruire” la storia con le azioni che si ritroverà a svolgere.

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SAM, IL RISOLUTORE

Coadiuvato dalla fidata responsabile tecnica Anna “Grim” Grimsdottir, dall’ex agente della CIA Isaac Briggs, dall’hacker Charlie Cole e dal personale di bordo incaricato di pilotare il Paladin, Sam Fisher può, per la prima volta dall’inizio della saga, gestire in prima persona e in modo assolutamente autonomo le tattiche e le soluzioni da adottare per avere la meglio sul nemico di turno rappresentato, in questo caso specifico, dagli sgherri degli Ingegneri: dal punto di vista strettamente narrativo tutto ciò viene marginalmente affrontato con dei semplici ed estemporanei rimandi al turbolento passato del protagonista, ma per una buona ragione. Il semplicistico approccio adottato dagli autori di Ubisoft Toronto per gettare le basi della trama, infatti, garantisce all’utente la più ampia libertà di scelta delle soluzioni da escogitare, degli elementi di equipaggiamento da utilizzare e delle missioni da affrontare.

Non c’è da sorprendersi, quindi, se sin dalle primissime battute della campagna singleplayer è possibile “sganciarsi” dalla storia per portare a termine gli obiettivi secondari e i compiti affidatici di volta in volta dallo staff di Fourth Echelon: queste ultime, suddivise per grado di difficoltà e per livello di attenzione richiesto, seguono parallelamente le vicende degli Ingegneri per offrirci l’opportunità di sperimentare con i nuovi gadget presenti nell’armamentario e, soprattutto, di affinare le tecniche di combattimento e di infiltrazione silenziosa da applicare nelle operazioni dell’avventura principale.

A prescindere dalla strada intrapresa e dalla volontà o meno di cimentarsi con le missioni secondarie proposteci da Grim e da Briggs, i paletti fissati dagli sviluppatori per dare forma al gameplay di Blacklist disegnano un recinto virtuale estremamente ampio all’interno del quale l’appassionato di lungo corso di action in terza persona o il neofita del genere, volendo, può muoversi liberamente per esplorare le soluzioni di gioco a lui più congeniali. Riprendendo l’originario spirito stealth che ha dato lustro alla serie, infatti, gli uomini e le donne del gruppo di lavoro di Jade Raymond hanno sabbiamente deciso di ascoltare le richieste pervenutegli dai fan di mezzo mondo e di riproporre le care, vecchie soluzioni “silenziose” legate, ad esempio, all’impiego del visore notturno e alla possibilità di occultare il corpo di un nemico messo fuori combattimento. Diversamente da quanto ci si sarebbe potuti aspettare, però, la reintroduzione delle dinamiche stealth non deprime gli altri stili di gioco votati all’azione ma, paradossalmente, li rafforza attraverso l’adozione di una triplice “chiave di gameplay” rappresentata schematicamente dagli stili “Assalto” (per gli scontri a fuoco diretti e plateali), “Pantera” (per le uccisioni silenziose) e “Fantasma” (per le infiltrazioni “semplici” senza spargimento di sangue).

Splinter Cell Blacklist: galleria immagini

Quasi tutti gli elementi di gameplay riflettono la triplice natura delle operazioni da svolgere nei panni di zio Sam, dalle modifiche apportabili ai singoli capi di vestiario che compongono la “divisa d’ordinanza” del protagonista ai gadget acquistabili per potenziare e personalizzare i droni, le armi, le mine e le bombe. Anche il sistema correlato alla gestione delle statistiche e dei punteggi risente delle nuove “regole di gioco” introdotte dagli Ubi: gli sforzi compiuti dagli utenti per immedesimarsi nel ruolo di Sam Fisher adottando uno stile univoco vengono premiati con un corrispondente bonus in denaro da spendere in miglioramenti per l’equipaggiamento e per la strumentazione del Paladin, anch’essa necessaria per facilitare le operazioni con degli “aiuti dall’alto” rappresentati da un aumento della sensibilità dei sensori o dalla possibilità di sostituire i gadget e le armi a operazione iniziata. Per assicurarsi il maggiore quantitativo di punti e di fondi, però, bisogna necessariamente eseguire il più alto numero possibile di azioni “silenziose” nello stile Fantasma, dato che i restanti due approcci di gioco (Pantera e Assalto) vengono giustamente considerati come “stili di ripiego” poiché contemplano l’uso della forza bruta e manifestano, in maniera piuttosto schietta, l’incapacità dell’utente nel raggiungere un determinato obiettivo senza farsi notare dal nemico ed esporsi al fuoco delle sue armi (e alle mascelle delle mute di cani inferociti al loro seguito).

È essenzialmente questo il motivo per cui gli Ubisoft Toronto hanno scelto, anche in questo caso in maniera estremamente saggia, di limitare alcune funzionalità ai giocatori più coraggiosi che decidono di intraprendere le missioni al livello di difficoltà più elevato: una volta selezionato, infatti, il povero Sam Fisher non può servirsi dei preziosi “aiuti esterni” garantitigli dal Paladin (come i rifornimenti), non può utilizzare la capacità di Uccisione in Movimento (un sistema basato sull’abbattimento in sequenza di un massimo di tre nemici precedente “marchiati”) e si ritrova costretto ad affrontare soldati armati fino ai denti e dai sensi sviluppati quanto quelli di un pipistrello vampiro del Perù, specie se si ha la sfrontatezza di incrociarne il percorso senza la dovuta protezione garantita da una tuta stealth avanzata. Al netto dei malus legati alla difficoltà, il livello Perfezionista è però quello che più di ogni altro riesce a cogliere l’essenza e lo spirito più profondo di Splinter Cell: Blacklist, sia per la soddisfazione regalata dal superamento di queste prove ai limiti dell’impossibile (specie per chi non ha mai giocato a nessun capitolo pre-Conviction della serie) che per la raffinatezza dell’intelligenza artificiale dei soldati da affrontare.

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MULTIPLAYER

Tra i pochi elementi del gameplay di Splinter Cell: Conviction ad essere sopravvissuti alla tagliola della stampa di settore e ai giudizi degli appassionati, la modalità cooperativa del precedente capitolo della saga è stata ripresa e riadattata dagli Ubisoft Toronto per farla aderire in maniera più incisiva e “strutturata” alle dinamiche di gioco complessive della campagna principale. Ciascuna delle 14 missioni che compongono l’avventura in singolo di Blacklist, infatti, possiede un suo omologo cooperativo per permettere a due utenti, sia in rete che in locale (mediante schermo condiviso o system link), di indossare i panni di Sam Fisher e dell’ex agente della CIA Isaac Briggs: una soluzione, quest’ultima, talmente ben fatta da giustificare, da sola, il prezzo dell’intero titolo.

Parallele e complementari alle missioni cooperative con Fisher e Briggs si sviluppano poi le sfide Spie contro Mercenari, dei deathmatch a squadre con la variante “sistemica” rappresentata dalla duplice natura dei team contrapposti degli agenti di Fourth Echelon e dei mercenari al soldo degli Ingegneri: pur senza essere particolarmente profonda o appetibile al grande pubblico degli utenti di action multiplayer, le sfide del modulo competitivo di Blacklist garantiscono comunque diverse ore di sano divertimento grazie alla distinzione tra le due forze in campo. Le Spie, infatti, agiscono nell’ombra e fanno leva sull’agilità dei loro movimenti e sulle raffinate tecniche di infiltrazione silenziosa apprese in anni di addestramento per cogliere di sorpresa il nemico, mentre i Mercenari, dal canto loro, non hanno affatto bisogno di nascondersi poichè possono vantare dalla loro un equipaggiamento composto da armi automatiche, da corazze pesanti e da tutta una serie di gingilli tecnologici impiegabili per stanare le spie rintanate nell’ombra.

Gli obiettivi da perseguire nelle ambientazioni di questa modalità (differenti da quelle della campagna principale) spaziano dall’acquisizione (o dalla difesa) dei dati sensibili di un terminale governativo all’abbattimento (o alla protezione) di una porta blindata: come per la campagna in singolo, anche nel mondo delle sfide cooperative di Blacklist successo o il fallimento di un obiettivo o di una particolare azione comporta l’acquisizione di punti e di denaro spendibile in potenziamenti e in meri abbellimenti estetici.

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GRAFICA E SONORO

Spinto da una versione non particolarmente aggiornata dell’Unreal Engine 3, il motore grafico di Blacklist grida a gran voce l’avvento della prossima generazione di console: se su PC, infatti, il titolo dimostra di essere solido come la roccia e in grado di rivaleggiare ad armi pari con la stragrande maggioranza degli altri videogiochi pubblicati in questi ultimi mesi, su PS3 e X360 (e in parte su Wii U) il comparto tecnico viene macchiato da evidenti sbavature relative a dei veri e propri “downgrade estetici” inerenti la gestione dell’illuminazione dinamica, la risoluzione delle texture che mappano le superfici a schermo, il blando impiego degli effetti particellari e i frequenti sbalzi di framerate nelle sessioni di gioco più concitate. A tutto questo, e alle altrettanto evidenti sbavature degli spezzoni in cinematica, si può però tranquillamente soprassedere dato che il titolo, grazie al cielo e alla bravura degli Ubisoft Toronto, gode di un level design magistrale, di un’atmosfera unica e di una grande varietà di ambientazioni.

La duplice chiave di lettura della componente grafica la ritroviamo anche nei giudizi legati al lavoro svolto sul comparto audio dai tecnici del suono e dai compositori del gruppo di Jade Raymond: a una colonna sonora “di servizio” e praticamente inesistente, infatti, i ragazzi di Ubi contrappongono una splendida caratterizzazione dei personaggi e dei loro dialoghi, ed è proprio a quest’ultimo aspetto dell’opera che guardiamo per chiudere il paragrafo complimentandoci con gli artisti (Luca Ward su tutti) che si sono spesi per il doppiaggio in italiano.

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COMMENTO FINALE

Per il modo in cui l’esperto gruppo di lavoro di Jade Raymond è riuscito a non cadere vittima degli errori commessi a suo tempo dagli sviluppatori di Conviction e per essere riusciti a rinnovare la serie riportandola al suo splendore originario, possiamo candidamente ascrivere Splinter Cell: Blacklist tra le sorprese più gradite di questo 2013.

All’insoddisfazione provata dagli utenti che si sono cimentati con l’ultimo episodio della serie di Splinter Cell, gli uomini e le donne del team di Ubisoft Toronto hanno risposto con una serie incredibile di migliorie e di ottimizzazioni volte a dare un senso compiuto alle soluzioni vecchie e nuove escogitate per plasmare il gameplay di questo progetto, e poco conta se per raggiungere tale scopo hanno dovuto evidenziare le qualità dell’impalcatura di gioco erigendola attorno a una trama da cinepanettone. Lo scarso spessore narrativo della campagna principale di Blacklist è infatti ampiamente compensato, e in parte persino giustificato, dalla grande varietà di scelte che l’utente può compiere per portare a termine le missioni affidategli da Grim e dai collaboratori più stretti di Sam Fisher e dei suoi Fourth Echelon.

Splinter Cell: Blacklist, quindi, non è un capolavoro e non possiede la forza necessaria per diventare un classico, ma di certo è uno dei migliori capitoli della saga, nonché uno dei più completi e divertenti action/stealth di questa generazione. E scusate se è poco.

Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Splendido in singolo, irrinunciabile in cooperativa
  • Il ritorno degli elementi stealth
  • Grande libertà di scelta nelle missioni e negli stili di gioco
  • Level design straordinario
  • Trama fiacca
  • Tecnicamente datato
  • L’I.A. dei nemici ai livelli di difficoltà più bassi

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