Duke Nukem Forever: la recensione

Duke Nukem Forever: la recensione di Gamesblog.it
Duke Nukem Forever: la recensione
Duke Nukem Forever: la recensione di Gamesblog.it

Più che un videogioco, Duke Nukem Forever è un feticcio tecnologico che, come un’ampolla riempita dell’acqua proveniente da un fiume sacro, qualunque sia il suo reale valore qualitativo spingerà comunque al suo acquisto centinaia di migliaia (se non milioni) di appassionati mossi dall’incrollabile convinzione di prodursi, in questo modo, in un vero e proprio atto di fede nei confronti del loro eroe dai muscoli d’acciaio.

Riuscito finalmente a raggiungere i negozi grazie all’intervento miracoloso di Gearbox Software che ha strappato in extremis il progetto di Forever dalle mani moribonde di 3D Realms, il Duca si gode il suo momento di gloria e, circondato da splendide e disinibite spogliarelliste, si prepara a combattere i cinghiali intergalattici da un lato e la critica del settore dall’altro.

Chi dei due sarà più crudele nei suoi confronti, lo scoprirete subito dopo la pausa con la nostra apposita recensione che, inutile aggiungerlo, terrà conto del lungo e travagliato periodo di sviluppo così come della “condizione speciale” del titolo nella speranza di potervi offrire, così facendo, un punto di vista il più obiettivo e completo possibile.

E VENNE IL GIORNO DEL DUCA

Il processo di sviluppo di Duke Nukem Forever meriterebbe una recensione a se stante e, magari, persino un trattato di psicologia applicata allo sviluppo di un prodotto d’intrattenimento: annunciato nel ’97 a un anno di distanza dall’ottimo Duke Nukem 3D, il creatore della saga George Broussard si è sentito moralmente obbligato a rinnovare, con complusiva e nevrotica ossessione, il comparto grafico di Forever tanto da rendere impossibile il lavoro dei suoi più stretti collaboratori (molti dei quali, oberati dalle richieste, hanno chiesto e ottenuto il licenziamento per questo motivo).

Il balletto suicida di 3D Realms è durato fin quando la tragica condizione delle casse della compagnia, depauperate del denaro degli investitori, non ha obbligato le alte sfere della casa di sviluppo texana a chiudere definitivamente il team (o meglio, quel poco che ne è rimasto dopo l’esodo di programmatori in rotta con Broussard) impegnato nella realizzazione di Forever. Accortisi però che il videogioco era ormai in gran parte completo, gli uomini di 2K Games decidono con coraggio di sobbarcarsi i costi finali di sviluppo e nel settembre del 2010, annunciando al mondo intero la loro scelta, riaccendono le speranze degli appassionati affidando il progetto nelle mani coscenziose dei Gearbox Software, esperti sia nella pubblicazione (da Halo: Combat Evolved su PC al primo, glorioso capitolo di Half-Life) che nella realizzazione materiale di titoli propri (su tutti, Borderlands e gli episodi della saga di Brothers in Arms).

Nel periodo di tempo intercorso tra il passaggio del progetto ai suoi nuovi affidatari all’uscita nei negozi, i Gearbox hanno cercato di mantenere intatto lo spirito “piratesco” della serie andando a smussare le spigolosità del gameplay e ampliando l’esperienza con una campagna principale molto variegata e, soprattutto, con una complessa e pazza modalità multiplayer (di cui ci occuperemo tra non molto). Quattordici anni, in questo settore, sono però un’enormità di tempo che fa sembrare Duke Nukem Forever un vecchietto che, per quanto arzillo, nulla può contro la concorrenza diretta e spietata degli sparatutto concorrenti.

Se potessimo giudicare Forever dimenticando ciò che ha rappresentato per milioni di appassionati nel suo interminabile periodo di sviluppo e negli anni immediatamente precedenti con i suoi episodi passati, ci troveremmo di fronte un titolo anacronistico, palesemente incompleto (oltreché sconclusionato) e quindi inadatto alla vendita: chi ci seguirà nei prossimi capitoli di questa recensione dedicati interamente alla giocabilità, al comparto tecnico e alla trama, dovrà perciò tenere bene a mente la “condizione speciale” di un titolo che per sua stessa natura è stato concepito per soddisfare le esigenze dell’utenza videoludica di fine anni ’90 (immensamente distanti dalle nostre sia dal punto di vista cronologico che contenutistico).

Duke Nukem Forever: galleria immagini

HAIL TO THE KING, BABY!

Il più grande pregio di Duke Nukem Forever è anche il suo più grave difetto: le meccaniche di gioco, infatti, sono quelle della generazione di sparatutto in prima persona precedente alla rivoluzione di Halo e Half-Life 2, ed è perciò chiaro che se dal punto di vista dei fans storici del Duca questa condizione porta Forever ad essere ormai l’ultima occasione per tornare a vivere le splendide emozioni provate nella “preistoria” dei videogiochi tridimensionali, dal punto di vista degli appassionati di FPS moderni l’ultima avventura del “guerriero atomico” di 3D Realms potrebbe essere inutile, deludente e persino fastidiosa.

La rappresentazione massima di tutto ciò o costituita dalla struttura della trama: diversamente da tutti gli sparatutto dei giorni nostri, infatti, in Forever il canovaccio narrativo è un semplice orpello scenico che non arricchisce in alcun modo la campagna principale ma si limita, al contrario, a seguire le azioni del protagonista unico con una linearità irreale e pretestuosa simile a quella che avrebbe un filmato amatoriale girato allo zoo da una scimmia dotata di telecamera.

C’è solo un sottile filo che lega le folli missioni che saremo chiamati a compiere nei panni del Duca ed è rappresentato dal ritorno dell’odiata razza aliena di cinghiali spaziali che i cultori di lungo corso della serie avranno ormai imparato a conoscere: a dieci anni di distanza dalle vicende conclusive di Duke Nukem 3D, il nostro eroe biondo è ormai diventato una leggenda vivente e nel mondo non c’è un singolo luogo in cui non si possa avvertire la sua presenza simil-mitologica. In questo contesto, zio Duke può così fronteggiare per l’ultima volta i suoi odiati nemici suinidi utilizzando un ricco arsenale di armi e un numero altrettanto ampio di veicoli, compresa una simpatica macchinina radiocomandata che si dimostrerà particolarmente utile per raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili e risolvere enigmi di varia natura (dalla ricerca di chiavi magnetiche alla pressione di pulsanti).

La mancanza assoluta di elementi narrativi solidi o anche solo minimamente realistici ha però come gustoso effetto collaterale quello di proporci una campagna singleplayer piena zeppa di colpi di scena, con cambi di ritmo repentini e un numero davvero molto elevato di ambienti esplorabili e “diversamente interattivi”: come in Duke Nukem 3D, all’interno dell’universo di gioco di Forever si potranno compiere azioni senza alcuna finalità videoludica (se non per l’aumento della barra di EGO/salute) ideate quasi esclusivamente per sorprendere e divertire lo spettatore (fare la pipì, firmare autografi, vantarsi davanti allo specchio, far roteare all’infinito una sedia girevole e via discorrendo).

Anche il gameplay spicciolo tradisce il decennio e mezzo di processo di sviluppo, restituendoci sparatorie estremamente semplificate e scarni combattimenti corpo a corpo, in entrambi i casi con un numero di animazioni pericolosamente basso che mal si sposa con la grande varietà di armi a nostra disposizione e di categorie di nemici da dover abbattere (stilisticamente simili a quelli di Duke Nukem 3D e, quindi, esageratamente stereotipati)

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MULTIPLAYER

Pur rappresentando la parte di codice più “fresca” dell’intero progetto, il multiplayer di Duke Nukem Forever rimane saldamente ancorato alla tradizione e non compie alcuno slancio di innovazione (tanto, a ben pensarci, a che sarebbe servito?).

Nel dizionario di Gearbox, la formula del divertimento è semplice come le quattro modalità multigiocatore di Forever: abbiamo quindi le sfide “Dukematch” e “Team Dukematch” per gli scontri tutti contro tutti o in due squadre da quattro utenti ciascuna, le competizioni “Hail to the King” (varianti delle classiche competizioni “Re della Collina”) e le battaglie “Capture the Babe” in cui, con il maschilismo tipico del Duca, dovremo letteralmente “sequestrare” la ragazza della squadra avversaria cercando di portarla nel bunker del nostro team.

La varietà delle 10 mappe online proposte dai Gearbox, l’umorismo caustico di Duke, l’implementazione del jetpack e il lavoro compiuto sul netcode consentono ai fans di lungo corso di variare in Rete l’esperienza di gioco sperimentata nella campagna in singolo: ai non appassionati, invece, il limite degli 8 giocatori per lobby potrebbe stare parecchio stretto, senza contare la mancanza di innovazioni anche solo minime nelle modalità proposte e, come vedremo nel prossimo capitolo della recensione, l’incosistenza del comparto grafico.

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GRAFICA E SONORO

Nonostante le “pezze grafiche” applicate dai programmatori di Gearbox Software al comparto grafico di Duke Nukem Forever nell’anno e mezzo in cui hanno potuto migliorare il lavoro lasciato in sospeso dai 3D Realms, tecnicamente parlando il progetto non regge il confronto con gli sparatutto concorrenti: pur regalando ambientazioni estremamente variegate, degli effetti d’illuminazione adeguati e uno stile artistico tanto folle quanto unico, i modelli poligonali e le texture sono al livello dei primissimi titoli di questa generazione di console. I lunghi e frequenti caricamenti, le animazioni mediocri di umani e nemici, i frequenti fenomeni di clipping delle texture e i fastidiosi bug fanno il resto e creano delle profonde crepe che minano la già precaria integrità strutturale del motore grafico di Forever.

Del tutto opposto è invece il giudizio sul comparto audio: dagli incalzanti brani hard rock della colonna sonora alle spettacolari e impronunciabili frasi di circostanza del Duca (nella sua versione italiana, doppiato in modo splendido da Marco Balzarotti), almeno da questo specifico punto di vista Forever dimostra di avere un forte carattere e di essere un prodotto estremamente curato.

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COMMENTO FINALE

Duke Nukem Forever è un dinosauro destinato a dominare un’altra era videoludica, un mostro di Loch Ness che i Gearbox hanno deciso di strappare dalla melma in cui è stato immerso nei travagliati anni di sviluppo di 3D Realms per consegnarcelo sottoforma di un progetto che, ai giorni nostri, risulta essere assolutamente sgangherato, con una narrazione pretestuosa e una struttura di gioco così Duca-centrica da dare alla testa: qualsiasi critica decidiamo di muovere al titolo è destinata però a cadere inesorabilmente nel vuoto.

Come abbiamo cercato di spiegarvi dall’inizio di questa recensione, infatti, Forever non è un videogioco ma un oggetto di culto, una reliquia venerata da un oceano di fondamentalisti del pixel che guardano ai bug, alle incongruenze del gameplay e all’illogicità della trama come a delle tappe, estenuanti ma sopportabili, di un pellegrinaggio durato 15 anni e giunto finalmente a compimento.

Il viaggio sofferto e infinito che ha portato alla commercializzazione di Duke Nukem Forever rimarrà per sempre impresso nella memoria dei videogiocatori e nella storia di questa forma d’arte moderna: a prescindere dal mediocre e anacronistico risultato finale, e nonostante le battaglie perse a ripetizione nel corso degli ultimi due decenni, il Duca è riuscito a vincere la sua guerra e noi, nel nostro piccolo, non possiamo che ringraziarlo per la perseveranza dimostrata. Magari offrendogli una birra ghiacciata, un posacenere al plutonio e il numero di cellulare delle ragazze del nostro strip club di fiducia…

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Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Finalmente è uscito!!!
  • Il Duca è in forma smagliante
  • La varietà, la longevità e la “follia” del singleplayer
  • Tecnicamente datato. MOLTO datato
  • Giocabilità vecchia di dieci anni
  • Multiplayer non ispirato e con poche modalità

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