Borderlands: la recensione

L’universo, a volte, può essere un luogo tremendamente pericoloso. Per essere davvero pronti a raggiungere le stelle, non basta avere le conoscenze tecnologiche adatte: se non si ha la consapevolezza, l’umiltà e il rispetto necessari per rapportarsi pacificamente con i propri simili, come si può ambire ad un contatto con civiltà, popoli e pianeti alieni?

La nuova avventura di Gearbox Software, sbattendoci su una lontana colonia dimenticata da Dio, dalla Dea Bendata e dalla Giustizia, prova quindi a gettare un pò di luce sulle profondità più oscure dell’animo umano partendo dalla cruda prospettiva di un faretto montato su di un fucile a canne mozze caricato a pallettoni esplosivi.

Dal punto di vista puramente ludico, inoltre, Borderlands nasce con il dichiarato scopo di stravolgere gli stilemi classici (e super-inflazionati) degli sparatutto in prima persona, aggiungendo al concept di gioco una fortissima componente ruolistica ed una sana dose di humor nero, perfetta per rappresentare artisticamente una landa abitata da bestie immonde ed efferati assassini: saranno riusciti i ragazzi Gearbox nell’intento? Proviamo a scoprirlo assieme.

PANDORA, L’INFERNO DI SABBIA

Esattamente come la visione dell’Aldilà dataci dal Sommo Poeta fiorentino con la Divina Commedia,infatti, il pianeta che saremo chiamati a visitare è un vero e proprio inferno suddiviso in “gironi”, ogniuno con un caratteristico corollario di nemici, avventure e luoghi misteriosi da visitare.

La nostra folle avventura nello sconfinato deserto che ricopre per intero la lontana colonia di Pandora parte da un vestusto bus guidato da un pazzo suicida, che di lì a poco scopriamo essere nientemeno che il capo di una combriccola di razziatori di tesori galattici pronti a tutto pur di scoprire quali meraviglie tecnologiche celi il suolo sconnesso di questa anonima palla di fango e sabbia ai confini dell’universo conosciuto.

Attratti dalle ingenti risorse minerarie e dalle rovine di un’antichissima civiltà aliena, gli illetterati sciacalli colonizzatori del remoto pianeta disegnato dai ragazzi di Gearbox cominciano a captare un misterioso segnale radio proveniente da un luogo non precisato di Pandora e, così facendo, partono immediatamente alla ricerca di questa fantomatica “Cripta”.

Consci di dover affrettare la preparazione per non vederci soffiare il bottino da altre organizzazioni criminali, da questo preciso momento ci viene chiesto di prendere parte alla spedizione impersonando uno dei quattro scagnozzi all’interno del maleodorante bus: il nerboruto Brick, “l’invisibile” Lilith, Mordecai “occhio di lince” ed il soldato mercenario Roland.

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MAD MAX INCONTRA MORROWIND

Borderlands riadatta il classico concetto della crescita del personaggio mediante Punti Esperienza (PE) rimodulandolo in chiave squisitamente “sportiva”: differentemente dagli altri giochi di ruolo, il titolo sviluppato dai texani Gearbox premia l’audacia di chi affronta un nemico di livello superiore al proprio, con una quantità di PE proporzionata al “pericolo” corso.

In pratica, se si uccide un energumeno di livello 20 con un personaggio di livello 19 (o inferiore), si guadagna una quantità di PE infinitamente superiore a quella ottenibile uccidendo quello stesso bestione con un personaggio di livello 21 (e superiori): le sparatorie che ne conseguono, pur essendo “regolamentate” da questo imprescindibile sistema di punteggi, riescono comunque ad essere fluide ed immediate, adatte cioè per essere godute sia da un pubblico avvezzo ai GDR classici che, naturalmente, dagli utenti maggiormente inclini a non pensare ad altro se non al numero di cartuccie disponibili per il proprio fucile automatico.

Nella campagna in singolo, i nemici, siano essi umani o animali, rinascono sempre nello stesso punto e col medesimo livello: ad una prima analisi potrebbe sembrare una scelta programmatica poco felice, eppure così facendo chi ha intenzione di salire più velocemente di livello (condizione necessaria per utilizzare armi sofisticate o per affrontare missioni ostiche) deve obbligatoriamente viaggiare e andare alla ricerca di luoghi sempre più pericolosi. Un meccanismo, quest’ultimo, che riesce a sopperire magnificamente all’assenza di una trama principale e che rende avvincente ogni singolo minuto passato nelle Arid Badlands.

Altro aspetto fondamentale del titolo Gearbox è il numero spropositato (nell’ordine dei milioni di modelli unici) di armi e potenziamenti ottenibili sul campo di battaglia: un pianeta abitato esclusivamente da cannibali, analfabeti e bestie immonde, come è naturale che sia, non può che attrarre l’industria bellica della galassia, facendo di Pandora una sorta di gigantesca polveriera grondante di gingilli sputafuoco.

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MULTIPLAYER

Il particolarissimo sistema di gioco di Borderlands ci porta a vagabondare per Pandora con la recondita speranza di trovare avversari sempre più forti e, quindi, bottini (siano essi armi, soldi od esperienza) sempre più ricchi: capito questo, scegliere di affrontare il nemico di turno cooperando con un altro amico resta l’opzione più valida, se non l’unica in determinati casi.

L’atipica crescita del personaggio sviluppata da Gearbox Software, infatti, tenendo conto del livello del proprio avatar in rapporto a quello degli avversari, premia chi affronta le varie missioni in compagnia di amici in Rete, gestendo il tutto con una formuletta tanto semplice quanto geniale: più persone collaborano in co-op, più è alto il livello degli avversari gestiti dall’Intelligenza Artificiale (e, di conseguenza, più alta è la ricompensa ottenuta).

Oltretutto, le caratteristiche uniche dei quattro protagonisti principali, prese singolarmente hanno un peso specifico quasi insignificante, ma insieme hanno un effetto complementare a dir poco devastante sulle forze nemiche: ad esempio, il Bloodwing (una sorta di “falco ammaestrato”) di Mordecai può avvicinare l’avversario di turno a Brick, che coi suoi pugni d’acciaio può terminarlo senza patemi d’animo, mentre Roland può curare una Lilith stremata dopo un’infiltrazione invisibile tra le linee nemiche. Gli unici limiti, in tal senso, sono l’immaginazione e lo spirito di squadra (oltre naturalmente alle bizze della propria linea adsl).

I fortissimi rimandi alle caratteristiche dei giochi di ruolo online (alla World of Warcraft, per intenderci) diventano plateali osservando la componente competitiva del multiplayer di Borderlands: chi calpesta il suolo sabbioso di Pandora, infatti, pur non dovendo sottostare ad alcuna regola può essere sfidato da qualsiasi altro giocatore e in qualsiasi momento dell’avventura, e spetterà solo a lui scegliere se accettare o meno l’affronto. Ogni macro-zona del pianeta ha una sua Arena dove potersi scontrare in Duelli uno contro uno o, più semplicemente, in Tornei di carne e sangue dove vince chi riesce a tornare a casa con tutti e quattro gli arti al loro posto.

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GRAFICA E SONORO

Il comparto tecnico di Borderlands rappresenta la nota dolente dell’intera produzione: nonostante il sontuoso lavoro svolto per ricreare in cel-shading un mondo desolato e brutale, l’immedesimazione in un siffatto contesto di gioco cozza inesorabilmente contro una trama appena abbozzata, contro personaggi non giocanti espressivi come mozzarelle in carrozza e, soprattutto, contro nemici dalla stupidità artificiale molto poco raffinata, il cui sport principale sembra essere quello di mostrarci a tutti i costi il loro punto debole da colpire.

Aggiungete a tutto questo il martellante effetto pop-up delle texture, la gestione scandalosa delle collisioni e del sistema di illuminazione (con ombre che appaiono e scompaiono come poltergeist birichini) e l’interattività degli ambienti ridotta all’osso, ed eccovi il motivo per il quale siamo costretti a bocciare tutta una serie di scelte programmatiche a dir poco avventate.

Ben diverso è invece il discorso sul comparto audio, grazie soprattutto ad un numero spropositato di campionamenti sonori ricreanti il rumore delle pallottole che fischiano, i ruggiti degli animali e le imprecazioni dei mutanti seminudi mentre vengono crivellati di colpi. Decisamente sopra la media è anche il doppiaggio, completamente in italiano e senza plateali sbavature degne di rimproveri.

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COMMENTO FINALE

Tutta la desolazione, la decadenza e l’amoralità respirabili su Pandora, pur sembrando la naturale conseguenza di un’immane catastrofe (naturale e non), sono invece il triste quadro di un satellite abitato da reietti, mercenari senza scrupoli e avventurieri dalla fedina penale più sporca della tana di uno SkagZilla.

L’esperimento videoludico tentato dalla casa di sviluppo statunitense Gearbox Software, coniugando l’immediatezza degli sparatutto in prima persona alla ricerca stilistica degli elementi architettonici e al profondo meccanismo di evoluzione e personalizzazione del proprio alter ego in puro stile GDR, può dirsi certamente riuscito, ma solo a metà: ad una componente cooperativa più che ottima ed unica nel suo genere, fa purtroppo da contraltare una narrazione emotivamente sterile e senza mordente.

Proprio per questo, e per le ragioni spiegatevi in questa recensione, consigliamo l’acquisto di Borderlands esclusivamente a coloro i quali hanno intenzione di battere le sabbiose strade di Pandora in compagnia di uno o più amici in carne ed ossa.

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Cosa ci piace

Cosa non ci piace

  • La storia principale: sontuosa in cooperativa…
  • Il comparto audio e i dialoghi
  • Grande libertà d’esplorazione
  • …ma deprimente in singolo
  • Il comparto grafico: lacunoso e non interattivo
  • La trama principale: semplicemente inesistente

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