Mirror's Edge: la recensione

Il nuovo corso di Electronic Arts è stato annunciato chiaramente: meno affidamento sulle serie trite e ritrite, investimenti su nuove proprietà intellettuali di qualità. Ed ecco che dopo l’ottimo Dead Space arriva Mirror’s Edge, seconda perla che suggella coi fatti questo rinnovamento tanto sbandierato a parole.

L’interesse suscitato da Mirror’s Edge è stato incredibilmente alto sin dai primi filmati rilasciati, sia per la curiosità di vedere la disciplina del parkour trasposta in un gioco in prima persona, sia grazie allo stile grafico fascinoso e prepotentemente caratteristico.

Gli svedesi DICE, sviluppatori del gioco, promettono un’esperienza unica e originale: purtroppo, però, anche ciò che luccica moltissimo potrebbe non essere oro. Andiamo a vedere perché.

STORIA DI UNA RUNNER

In Mirror’s Edge andremo ad impersonare Faith, una “runner” clandestina il cui lavoro è quello di consegnare importanti informazioni per una rete sotterranea che in nome della libertà lotta contro un governo totalitaristico. Grazie alle sue straordinarie doti atletiche e abilità nelle discipline del parkour e delle arti marziali, Faith svolge la sua attività senza alcun mezzo di locomozione e quasi sempre disarmata. Poco dopo l’inizio dell’avventura la ritroveremo costretta a scagionare sua sorella dall’ingiusta accusa di omicidio. Il gioco è ambientato in una non meglio definita città sul mare che ricorda molto da vicino New York.

Ed è qui che cominciano i problemi di Mirror’s Edge, la cui narrazione è in verità un po’ piatta e poco interessante, così come l’appena accennata caratterizzazione dei personaggi. Anche le scene di intermezzo realizzate in stile anime regalano ben poche emozioni, non contribuendo in alcun modo ad appassionare il giocatore e tenere alta la curva d’interesse.

Ma quel che veramente conta è se i DICE siano riusciti o meno a fare della loro creatura un gioco unico e originale. E in questo caso…


A SPASSO SUI TETTI

Correre, saltare e arrampicarsi: questo è ciò che il giocatore è chiamato a fare nella stragrande maggioranza delle situazioni. L’agilità felina di Faith permette salti eccezionali, capriole, cambi di direzione repentini, scivolate e quanto altro necessario per sopravvivere nella giungla d’asfalto. A tutto ciò sono alternati sporadici combattimenti corpo a corpo e scontri a fuoco, realizzati in maniera un po’ approssimativa.

Velocità, movimento, riflessi e senso di vertigine sono il fulcro dell’intera esperienza, e il più grande pregio di Mirror’s Edge è proprio l’incredibile modo in cui vengono restituite queste sensazioni al giocatore. Gli escamotage per rendere al meglio la sensazione di spostamenti rapidi e velocità sono realizzati allo stato dell’arte: oltre a motion blur ed effetti grafici è anche possibile vedere gambe e braccia di Faith accompagnare ogni singola movenza, restituendo una scena più realistica e sincopata. Semplicemente fantastiche le brusche aperture delle porte, dove ad un violento colpo dato con un pugno o un calcio segue un repentino salto della visuale a simulare lo spostamento della testa, che poi torna a guardare avanti.

Trovando il giusto tempismo e riuscendo a non far rallentare Faith, il parkour digitale offertoci da EA DICE diventa estremamente appagante, anche grazie a dei controlli estremamente precisi e reattivi. Superare in velocità numerosi ostacoli, magari abbattendo in corsa un poliziotto ficcanaso, è sicuramente un’esperienza videoludica fresca e divertente.

Purtroppo il gioco è troppo lineare e pilotato: i percorsi da scegliere per arrivare alla destinazione assegnata possono subire ben poche variazioni, e la trama non prevede bivi o scelte di nessun genere. Inoltre non è possibile in nessun modo e in nessuna modalità avere l’intera città aperta per una bella scorazzata in “free roaming”, che poi è la vera anima del parkour. Occasione mancata.

La longevità è da carcerazione immediata: la storia principale può essere terminata facilmente in meno di 7 ore da qualsiasi giocatore di media bravura. E non viene in aiuto la modalità time attack, che si potrà rivelare una piacevolissima appendice per chi si appassionerà visceralmente del gioco, ma che aggiungerà ben poco per tutti gli altri.


GRAFICA E SONORO

Mirror’s Edge ha uno stile grafico molto particolare e caratteristico, che fa riconoscere il gioco alla sola vista di una singola immagine o di pochi secondi di un qualsiasi filmato. E’ impossibile sbagliarsi: grafica pulita, colori brillanti, atmosfera “ariosa” e chiara ma anche un po’ fredda e sterile, come è giusto che sia in una città governata da un regime totalitaristico. I DICE sono riusciti a ricreare a regola d’arte la sensazione di una metropoli futuristica, e anche lo caratterizzazione tendente al cartoonesco contribuisce a fare di Mirror’s Edge uno spettacolo unico per gli occhi. A livello prettamente tecnico siamo su livelli piuttosto buoni, seppur non si definisca nessun nuovo standard qualitativo. Da segnalare una distanza visiva notevole e una fluidità ineccepibile in entrambe le versioni PS3 e X360. Gli unici due appunti da fare sono l’eccessivo aliasing e lo stesso fatto per la parte giocata: a lungo andare tutto comincia a sapere troppo di già visto e ridondante, senza una caratterizzazione dei diversi livelli.

La colonna sonora, principalmente in stile new-age, è di buona fattura. Il doppiaggio è generalmente buono ma la prestazione della nostra Asia Argento, che presta la voce all’eroina Faith, è un po’ altalenante e sicuramente di qualità inferiore rispetto all’originale in inglese. Paradossalmente la performance svogliata fa dell’attrice nostrana la doppiatrice peggiore dell’intero cast, e dimostra chiaramente il poco impegno dedicato a questo suo lavoro. Peccato.


COMMENTO FINALE

Mirror’s Edge non è quel capolavoro incredibile che tutti sognavamo, ma grazie alla sua indiscutibile originalità e a meccaniche inedite e appaganti riesce comunque a ritagliarsi un suo discreto spazio in questo autunno 2008 così smodatamente ricco di titoli “AAA”.

Le pecche principali sono la ridicola longevità e la ripetitività delle situazioni di gioco, che nonostante la breve durata dell’avventura rischiano seriamente di risultare ridondanti alla maggior parte degli utenti. Spezzando più spesso il ritmo della fasi di fuga con scontri a fuoco più numerosi e più solidi, nonché con un sistema di combattimento meglio congeniato, il risultato finale sarebbe stato certamente migliore. Ma per certe cose abbiamo la massima fiducia nel quasi certo seguito.

In definitiva, Mirror’s Edge è un’esperienza da provare, a patto di lasciarsi alle spalle le straordinarie aspettative avute nei mesi scorsi. Senza queste, è possibile godersi un titolo certamente originale, intrigante e divertente. E anche se non sarà il gioco dell’anno 2008, scusate se è poco.

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